Suicidio assistito, una milanese 74enne è morta in Svizzera. Domani è prevista l’autodenuncia del fratello, che l’ha accompagnata

Immagine della campagna Eutanasia Legale

Margherita Botto, professoressa universitaria e traduttrice letteraria, era affetta da adenocarcinoma al terzo stadio

Domani il fratello Paolo si autodenuncerà insieme a Cinzia Fornero, iscritta a “Soccorso Civile”, alle ore 11.15 a Milano, presso la stazione dei Carabinieri di Via Fosse Ardeatine, 4, per l’aiuto a Margherita ad accedere alla morte volontaria in Svizzera. Sarà presente anche Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni e Responsabile legale dell’associazione Soccorso Civile. La pena prevista per l’aiuto al suicidio è da 5 a 12 anni di carcere.

Una donna milanese di 74 anni, Margherita Botto, professoressa universitaria di lingua e letteratura francese e stimata traduttrice letteraria, è morta questa mattina in Svizzera, dopo aver avuto accesso al cosiddetto suicidio medicalmente assistito. La donna era affetta da adenocarcinoma al terzo stadio e aveva espresso consapevolmente la volontà di porre fine alla sua vita in modo dignitoso, senza ulteriori sofferenze fisiche e psicologiche. Scriveva così in una lettera alla organizzazione svizzera dove ha potuto ottenere l’aiuto alla morte volontaria:

L’oncologo mi ha chiaramente spiegato che il protocollo di cura ha lo scopo di ottenere un ‘contenimento del tumore’ (citazione testuale). Quindi non una guarigione. Le mie speranze di giungere alla guarigione e di poter ritornare ad una qualità della vita non dico soddisfacente, ma almeno accettabile sono molto ridotte o nulle.

Il proseguimento del protocollo di cura mi esporrebbe a ulteriori sofferenze per almeno un anno o più, senza molte probabilità di successo. In questa situazione intendo liberamente ed autonomamente porre fine al protocollo di cure, affrontandone consapevolmente le infauste conseguenze.

A seguito di questa decisione, mi rivolgo quindi alla vostra Organizzazione affinché mi aiuti a porre fine alla mia vita in modo dignitoso e senza ulteriori sofferenze fisiche e psicologiche.

A occuparsi dei rapporti con la clinica svizzera, dell’organizzazione del viaggio e dell’accompagnamento sono stati il fratello, Paolo Botto, insieme a Cinzia Fornero, 52 anni, guardaparco in Provincia di Torino, iscritta all’associazione Soccorso Civile, che fornisce l’assistenza diretta alle persone che hanno deciso di porre fine alle proprie sofferenze all’estero, della quale è Presidente e responsabile legale Marco Cappato.

Tutti e tre assistiti dall’avvocata Filomena Gallo – e dal Collegio legale di studio e difesa, composto anche dagli avvocati Maria Elisa D’Amico, Tullio Padovani, Francesca Re, Francesco Di Paola, Rocco Berardo, Massimo Rossi, Massimo Clara, Benedetta Liberali, Irene Pellizzone, Iole Benetello, Guido Stampanoni Bassi, Alessia Cicatelli, Giulia Perrone e Maria Elena D’Amico – Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni si autodenunceranno domani alle ore 11.15 a Milano, presso gli Uffici della Stazione Carabinieri Compagnia Milano “Duomo Principale”, Via Fosse Ardeatine, 4.

È la seconda volta che un familiare della persona che decide di andare in Svizzera per porre fine alla propria vita decide di autodenunciarsi assumendosi il rischio di conseguenze penali. L’altro recente caso è stato quello del figlio della donna romana Sibilla Barbieri, paziente oncologica, morta in Svizzera a inizio novembre.


Approfondimenti

➡ L’accesso alla morte assistita volontaria in Italia

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è regolamentata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone.

La Consulta ha disposto che per accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) occorre essere in possesso di determinati requisiti: essere capaci di autodeterminarsi, affetti da patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute dalla persona intollerabili ed essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale.

Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente.

➡ Le disobbedienze civili in Svizzera a favore dei discriminati della Sentenza 242/2019 della Consulta

Sono ancora molte le persone gravemente malate costrette a raggiungere la Svizzera per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, perché potenzialmente discriminate dalla sentenza della Corte Costituzionale. Tra le persone che sono state aiutate da Marco Cappato e dai “disobbedienti civili” iscritti all’Associazione Soccorso Civile, si ricordano Elena (Veneto), Romano (Lombardia), Massimiliano (Toscana) e Paola (Emilia Romagna), Sibilla (Lazio). Al momento tutte le Procure coinvolte nei casi di disobbedienza civile (Milano, Bologna, Firenze) hanno chiesto l’archiviazione per gli indagati e si è in attesa delle decisioni dei giudici.

L’Associazione Soccorso Civile ha registrato negli ultimi mesi un ampliamento delle adesioni da parte di chi decide di assumersi la responsabilità di nuove azioni di disobbedienza civile. A oggi sono oltre 35 le persone iscritte, pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze e tra queste ci sono anche dei parlamentari (Riccardo Magi, Ivan Scalfarotto e l’ex senatore Luigi Manconi).

➡ Chi ha ottenuto il via libera in Italia

Sono cinque gli italiani che hanno ricevuto il via libera per la morte volontaria assistita in Italia con il supporto dell’Associazione Luca Coscioni: Federico Carboni (nelle Marche) e la signora Gloria (in Veneto), che in seguito hanno confermato la propria volontà ricorrendo alla tecnica. Mentre Stefano Gheller (in Veneto) e “Antonio” (sempre nelle Marche) e la signora “Anna” (in Friuli Venezia Giulia) dopo il “semaforo verde” da parte del Comitato etico sono ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente attendere o modificare le proprie intenzioni iniziali.

Oltre ai già citati casi di italiani discriminati costretti a espatriare in Svizzera altri poi vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute. Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Gianpaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco della nutrizione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.

➡ La Proposta di legge “Liberi Subito” (QUI lo scenario nazionale completo)

Nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio Sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Così le persone che intendono interrompere la propria vita rimangono in attesa di ASL e Comitati Etici territoriali che, per svolgere le loro funzioni di verifica delle condizioni, possono impiegare mesi.

Un tempo che molte persone che hanno bisogno di essere aiutate a morire non hanno. Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna “Liberi Subito” con raccolta firme per proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti.

In altre regioni l’iter è ben avviato in Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia dopo la raccolta delle firme necessarie hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle proprie competenze e siano rispettose della Costituzione italiana. Oltre a queste anche Sardegna, PugliaMarche hanno depositato la Proposta di legge, ma tramite l’iniziativa di alcuni consiglieri regionali, così da rendere non necessaria la raccolta firme. Analoga proposta è stata depositata in Basilicata grazie all’azione dei Comuni e raccolte firme sono in corso in Lombardia e Toscana.