Di seguito, una lista delle disobbedienze civili che hanno avuto luogo dopo l’emanazione della sentenza 242/2019 da parte della Corte costituzionale, sul caso Cappato/Antoniani.
Elena Altamira
Chi è Elena
Elena Altamira (prima nota come “Adelina” nome di fantasia, utilizzato a tutela della privacy) era affetta da microcitoma polmonare, una patologia oncologica molto grave, per la quale, sin dalla sua scoperta, i medici avevano prospettato rare possibilità di sopravvivenza.
Nonostante ciò, Elena si è sottoposta a tutte le cure necessarie per tentare di, almeno, rallentare il decorso della malattia. Tuttavia, una volta ricevuta la notizia di avere davanti a sé pochi mesi di sopravvivenza, caratterizzati da un drastico peggioramento delle sue condizioni e dei sintomi della malattia, aveva deciso di recarsi in Svizzera per accedere al suicidio medicalmente assistito.
Perché la Svizzera?
Diversamente da Federico Carboni, Elena non soddisfava uno dei quattro requisiti individuati dalla Corte costituzionale con la sentenza 242/2019, e cioè non era tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale; per tale motivo non le era possibile fare richiesta di accesso a tale pratica in Italia.
Dopo aver contattato il numero bianco dell’Associazione Luca Coscioni per ricevere le dovute informazioni, ha assolto tutti gli adempimenti burocratici richiesti dalla Svizzera, dove si è recata, accompagnata da Marco Cappato, il 1 agosto 2022.
Dopo aver effettuato gli ultimi controlli presso la clinica svizzera, in osservanza della legge elevetica, Elena ha confermato la sua volontà per poi accedere al suicidio medicalmente assistito il 2 agosto.
L’autodenuncia
Marco Cappato si è autodenunciato presso la Stazione dei Carabinieri – in Via Fosse Ardeatine – di Milano il 4 agosto, esponendo i fatti relativi all’assistenza fornita a Elena. Ancora una volta, il Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni rischia di essere condannato per il reato di istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), punito con la reclusione fino a 12 anni, per aver materialmente accompagnato Elena in Svizzera.
È importante evidenziare che il caso di Elena, come già anticipato, è molto diverso da quello di Dj Fabo e Federico perché a differenza di questi ultimi, Elena non era tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale.
Ne consegue che non rientrando in quelle ipotesi tassativamente previste dalla Corte costituzionale, non poteva accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia e l’averla accompagnata in Svizzera determina l’integrazione di una condotta (ancora) penalmente rilevante nel nostro ordinamento.
Le indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Milano e tese ad accertare se Marco Cappato abbia integrato il reato di aiuto o assistenza al suicidio per aver accompagnato Elena in Svizzera, dove poi ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito, non sono ancora concluse.
Paola
Chi è Paola
Paola, donna 89enne di Bologna, come Romano era affetta da una grave forma di Parkinson che le impediva qualsiasi possibilità di movimento e rendeva quasi impossibile anche la comunicazione verbale.
Paola, come Elena, Romano e Massimiliano, non era tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (intesi come: presidi, farmaci o macchinari sanitari con la funzione di rallentare il progredire della malattia e quindi l’evento morte): e cioè uno dei quattro requisiti tassativi individuati dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale nell’ambito del procedimento che vedeva Marco Cappato imputato per l’aiuto fornito a DJ Fabo.
Paola dipendeva dall’assistenza fornita da terze persone per poter espletare tutte le attività e le funzioni di vita quotidiana.
Perché la Svizzera
Paola non era tenuta in vita da presidi sanitari, ma sopravviveva grazie all’assistenza fornita da terze persone. Tuttavia, solo negli ultimi mesi abbiamo assistito, grazie ad alcune Commissioni mediche multidisciplinari – come nel caso di “Gloria e Anna”, a pareri positivi di sussistenza dei requisiti di cui alla sentenza n. 242/2019 anche nel caso in cui il richiedente sia effettivamente mantenuto in vita dall’assistenza continua di terze persone o sia sottoposto a terapie chemioterapiche.
Quindi, visto il progressivo peggioramento delle sue condizioni, l’aumento delle sofferenze ormai intollerabili e la prospettiva di perdere anche ogni facoltà residua di poter comunicare, Paola si rivolgeva a Marco Cappato per essere accompagnata in Svizzera.
Nel febbraio 2023, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, entrambe attiviste iscritte all’organizzazione Soccorso Civile, hanno accompagnato Paola in Svizzera dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito l’8 febbraio.
L’autodenuncia
Il 9 febbraio 2023, presso il Comando dei Carabinieri di Bologna, Felicetta Maltese, Virginia Fiume e Marco Cappato si sono autodenunciati, esponendo i fatti relativi all’aiuto fornito a Paola.
Le prime per aver materialmente accompagnato Paola in Svizzera; Cappato, invece, in qualità di legale rappresentante dell’associazione Soccorso Civile che ha organizzato e finanziato il viaggio verso la Svizzera.
La richiesta di archiviazione
Pochi giorni dopo l’autodenuncia, il 13 febbraio, il Procuratore della Repubblica di Bologna, il PM Giuseppe Amato, chiedeva l’archiviazione delle indagini.
Il pubblico ministero, richiamando anche il processo Trentini, riteneva che la signora Paola era in realtà tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, facendovi rientrare anche i “trattamenti farmacologici la cui riduzione potrebbe determinare un peggioramento delle condizioni e portare poi alla morte”.
L’udienza davanti al GIP
Il 29 marzo 2023 si è svolta l’udienza davanti al GIP di Bologna per decidere sulla richiesta di archiviazione proposta dalla Procura della Repubblica.
Gli avvocati Filomena Gallo, Francesca Re, Francesco Di Paola e Rocco Berardo, per il collegio legale di studio e difesa (a cui partecipano anche Marilisa D’Amico, Benedetta Liberali, Irene Pellizzone, Iole Benetello, Stefano Bissaro e Massimo Clara), che assistono gli indagati Marco Cappato, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, hanno insistito per l’accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica e in subordine richiesto di rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Consulta per un suo nuovo intervento relativamente al requisito del trattamento di sostegno vitale.
Ad oggi il Tribunale di Bologna non ha ancora deciso sulla richiesta di archiviazione.
Romano
Chi è Romano
Romano un signore di 82 anni, di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo, affetto da una grave malattia neurodegenerativa: una forma di Parkinsonismo atipico, che dal 2020 gli impediva di svolgere in autonomia anche le più semplici attività di vita quotidiana e lo costringeva a letto, tra forti dolori muscolari, in una condizione irreversibile.
Dopo aver maturato la scelta di voler porre fine alle sue sofferenze ed essersi reso conto dell’impossibilità di procedere in Italia, ha chiesto aiuto a Marco Cappato per raggiungere la Svizzera ed evitare conseguenze legali per i suoi familiari.
Perché la Svizzera
Romano, come Elena, non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (intesi come: presidi, farmaci o macchinari sanitari con la funzione di rallentare il progredire della malattia e quindi l’evento morte) e cioè uno dei quattro requisiti individuati dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale nell’ambito del procedimento che vedeva Marco Cappato imputato per l’aiuto fornito a Dj Fabo.
Romano aveva però dipendeva da una assoluta e completa assistenza da parte di terzi.
Romano è morto il 25 novembre 2022, in Svizzera perché nel nostro Paese non esiste ancora una legge in materia di fine vita e la fonte di riferimento, la sentenza “Cappato”, prevede che possa accedere al suicidio medicalmente assistito solo chi sia anche tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ma Romano, le cui condizioni di salute peggioravano velocemente, non voleva e poteva più attendere i lunghi tempi per le verifiche del SSN.
Solo negli ultimi mesi abbiamo assistito, grazie ad alcune Commissioni mediche multidisciplinari – come nel caso di “Gloria”, a pareri positivi di sussistenza dei requisiti di cui alla sentenza n. 242/2019 anche nel caso in cui il richiedente sia effettivamente mantenuto in vita dall’assistenza continua di terze persone o sia sottoposto a terapie chemioterapiche.
L’autodenuncia
Il 26 novembre 2022 Marco Cappato si è autodenunciato esponendo i fatti relativi all’aiuto fornito a Romano presso il Comando dei Carabinieri di Milano per l’aiuto fornito a Romano nel raggiungere la clinica svizzera dove ha avuto accesso alla morte medicalmente assistita.
Ad oggi è ancora in attesa dell’esito delle indagini preliminari condotte dalla Procura della Repubblica.
Massimiliano
Chi è Massimiliano
Massimiliano, toscano 44enne, era affetto da sclerosi multipla che lo aveva quasi completamente paralizzato e reso faticoso parlare.
Negli ultimi anni di vita il dolore era diventato insopportabile e l’impossibilità di muoversi e di compiere qualsiasi attività in modo autonomo faceva sentire Massimiliano in gabbia, senza alcuna prospettiva.
Così ha contattato Marco Cappato, per ricevere il suo aiuto a raggiungere la Svizzera dove porre fine alle sofferenze ormai diventate insopportabili e senza alcuna possibilità di regressione, vista l’irreversibilità della sua patologia.
Perché la Svizzera
Massimiliano non dipendeva ancora da trattamenti di sostegno vitale intesi in senso restrittivo o meccanico o classico (come: presidi, farmaci o macchinari sanitari con la funzione di rallentare il progredire della malattia e quindi l’evento morte) come previsto dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale nell’ambito del procedimento che vedeva Marco Cappato imputato per l’aiuto fornito a Dj Fabo.
Massimiliano era affetto da patologia irreversibile fonte di sofferenza per lui intollerabile, era pienamente capace di autodeterminarsi.
Massimiliano dipendeva da una assoluta e completa assistenza da parte di terzi.
Ma il veloce progredire della malattia, le sofferenze sempre più insopportabili e i dolori sempre più acuti, lo aveva fatto arrivare alla conclusione di non voler attendere oltre.
Massimiliano, infatti, non voleva e non poteva attendere di essere tenuto in vita da un presidio sanitario così come non voleva e non poteva attendere le verifiche da parte del SSN.
Nel dicembre 2022 è stato quindi accompagnato in Svizzera da Felicetta Maltese e Chiara Lalli, entrambe iscritte all’organizzazione Soccorso Civile.
Massimiliano è morto lontano da casa sua l’8 dicembre 2022.
L’autodenuncia
Il 9 dicembre 2022, presso la Stazione dei Carabinieri di Santa Maria Novella a Firenze, Felicetta Maltese e Chiara Lalli insieme a Marco Cappato si sono autodenunciati, esponendo i fatti relativi all’aiuto fornito a Massimiliano e consistito nell’averlo accompagnato presso la clinica Svizzera dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito e nell’aver provveduto con il pagamento dell’auto attrezzata per trasporto disabili al trasporto.
Ad oggi sono ancora in attesa dell’esito delle indagini preliminari condotte dalla Procura della Repubblica che deve accertare se le loro condotte integrino gli estremi del reato di aiuto o assistenza al suicidio (art. 580 c.p.).
— Ultimo aggiornamento pagina: 1° settembre 2023 —