La Procura di Milano chiede l’archiviazione per Cappato dall’accusa di aiuto al suicidio

L’anno scorso aveva accompagnato in Svizzera Elena e Romano e si era autodenunciato nel capoluogo lombardo

Marco Cappato commenta: “Confermato il valore della sentenza 242/2019 della Consulta“. Filomena Gallo ribadisce: “L’obiettivo della disobbedienza è fare chiarezza per alcuni casi”

La Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’accusa di aiuto al suicidio per Marco Cappato, sui casi delle due persone che ha accompagnato a morire col suicidio assistito in una clinica svizzera per i quali si era autodenunciato nel capoluogo lombardo.

A novembre aveva portato in Svizzera Romano, 82 anni, ex giornalista e pubblicitario, relegato in un letto da una forma grave di Parkinson, mentre la scorsa estate aveva offerto il suo aiuto per l’ultimo viaggio di Elena Altamira, 69enne veneta malata terminale di cancro.

“La richiesta di archiviazione da parte della Procura di Milano (procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e PM Luca Gaglio) nei miei confronti è una buona notizia. Resto in attesa di conoscere con i miei legali le motivazioni”, il commento di Marco Cappato tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

“La decisione della Corte costituzionale sul caso Cappato/DJ Fabo ha evidenziato dei requisiti affinché un malato possa accedere all’aiuto alla morte volontaria.

I malati che ho aiutato e per i quali mi sono autodenunciato erano incurabili, in una fase delicata delle proprie patologie che avrebbe determinato l’impossibilità di esercitare il loro volere, ovvero quello di autosomministrarsi un farmaco per dire basta alle proprie sofferenze.

Si conferma così il valore della sentenza della Consulta, nel poter dare risposta concreta ai pazienti irreversibili che chiedono aiuto medico per terminare la propria vita ponendo fine a sofferenze insopportabili, anche in assenza di una legge specifica che comunque non potrebbe andare contro i principi costituzionali. Attendiamo ora cosa deciderà il GIP”, ha poi spiegato Cappato.

“Attendiamo di conoscere le motivazioni della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura di Milano la decisione del GIP”, aggiunge l’avvocata Filomena Gallo, Segretaria Nazionale Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio di studio e difesa di Marco Cappato.

“L’obiettivo della disobbedienza di Marco Cappato è quello di fare chiarezza affinché un malato pienamente capace e cosciente delle proprie scelte nelle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale possa decidere senza rischi legali per la propria famiglia.

Tutto ciò è determinato dalla mancanza assoluta di volontà politica nel nostro Paese di emanare una buona legge che parta dalla sentenza della Corte e che riconosca a tutti i malati che ne fanno richiesta il pieno rispetto della libertà di scelta” ha concluso Gallo.

Approfondimento: Il Fine vita in Italia

In assenza di una legge nazionale e di leggi regionali, l’aiuto alla morte volontaria, il “suicidio assistito” in Italia è regolamentato dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a determinate condizioni, da verificare tramite il Servizio Sanitario Nazionale che riceverà la richiesta della persona malata e procederà con l’esame delle condizioni della persona seguendo le modalità previste dalla legge 219/2017 (la legge sul Testamento biologico) articoli 1 e 2 e delle modalità per procedere, seguito poi dal parere del comitato etico territorialmente competente.

Si può accedere a condizione di essere: pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, affetti da una patologia irreversibile fonte di intollerabili sofferenze e tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale.

➡ Chi ha ottenuto il via libera al Suicidio assistito in Italia

Federico Carboni, marchigiano, e Gloria, veneta  sono i due italiani che al momento, dopo lunghi mesi di attesa, sono riusciti a ottenere il suicidio assistito in Italia.

Altre due persone, Stefano Gheller e “Antonio”, rispettivamente sempre in Veneto e nelle Marche, hanno ottenuto il via libera dal Servizio Sanitario Nazionale in sede di servizio regionale previo parere del Comitato Etico competente della regione di appartenenza  e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente attendere, modificare le proprie intenzioni iniziali.

➡ Chi è in attesa delle verifiche del Sistema sanitario nazionale

Altri poi vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria e “Anna” in Friuli Venezia Giulia) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute.

➡ Chi è dovuto andare in Svizzera: le disobbedienze civili

Numerosi invece, perché potenzialmente discriminati dalla sentenza della Corte Costituzionale, sono i connazionali ancora costretti a emigrare in Svizzera, tra quelli  assistiti da Marco Cappato e i “disobbedienti civili” iscritti a Soccorso Civile si ricordano Elena (Veneto), Romano (Lombardia), Massimiliano (Toscana) e Paola (Emilia Romagna), le cui condizioni di “dipendenza da trattamenti classici intesi di sostegno vitale” potrebbero essere potenzialmente riconducibili ad una interpretazione restrittiva della sentenza della Consulta.

Motivo per cui dopo l’aiuto fornito da Marco Cappato, Felicetta Maltese, Chiara Lalli, Virginia Fiume, assistiti dall’Avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni, hanno esposto i fatti alle autorità competenti, affinché la magistratura chiarisca se l’aiuto fornito a queste persone malate rientra nell’area di non punibilità previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza Cappato.

I tribunali coinvolti stabiliranno, se la condizione di queste persone malate siano elementi che rientrano nell’area di non punibilità definita con sentenza 242/19 della Corte Costituzionale.

➡ Chi è stato costretto a rinunciare

Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell’alimentazione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.

➡ La nostra iniziativa nelle Regioni: la campagna Liberi Subito

Senza una legge nazionale per garantire tempi certi per la procedura di verifica e attuazione può bastare una legge regionale. Così l’Associazione Luca Coscioni sta promuovendo su tutto il territorio la proposta di legge regionale Liberi Subito.

Le regioni AbruzzoVeneto, Emilia-Romagna sono prossime alla discussione in Consiglio Regionale al termine della raccolta firme necessaria.

Oltre a queste anche Sardegna, Puglia e Marche hanno depositato la PDL, ma tramite l’iniziativa di alcuni consiglieri regionali, così da rendere non necessaria la raccolta firme.

Analoga proposta verrà depositata in Basilicata e Lazio, grazie all’azione dei ComuniPiemonte e Friuli-Venezia Giulia invece hanno visto il deposito della proposta popolare ma attendono ancora l’ammissibilità.  Nelle prossime settimane raccolte firme analoghe partiranno in Toscana e Lombardia.