Censura Onu sull’omofobia: un passo indietro

Laura Squillaci

«Un passo indietro» peri diritti di gay e lesbiche. Non ha condiviso il "no" della Camera alla legge sull’omofobia l’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Navi Pillay.

Per l’esponente dell’Onu l’Italia, affossando la proposta Concia che avrebbe introdotto un’aggravante di reato ad hoc, non ha tenuto conto delle discriminazioni che subiscono gli omosessuali. «E necessaria ovunque la piena protezione», ha detto Pillay, «l’omosessualità e gli omosessuali vengono criminalizzati in alcuni Paesi ma non possiamo ignorare che i gruppi minoritari e tra loro gli omosessuali sono soggetti non solo a violenza, ma a discriminazioni in diversi aspetti della loro vita». In realtà poco prima del richiamo dell’Onu giungeva la notizia che già oggi dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri un disegno di legge anti-omofobia del ministro Mara Carfagna. Il testo dei provvedimento fa esplicito riferimento al Trattato di Lisbona e prevede, come già anticipato dalla titolare delle Pari opportunità subito dopo la bocciatura della proposta-Concia, «un aumento fino a un terzo delle pene per chi avrà commesso un delitto per finalità inerenti alla discriminazione legata al sesso, alla disabilità, all’orientamento sessuale e al transessualismo». Anche il Pd non ha perso tempo depositando alla Camera, già in mattinata, una proposta di legge in materia firmata dalla presidenza del gruppo. Composto da un solo articolo, il testo introduce espliciti riferimenti agli orientamenti sessuali e chiede di aggiungere il comma n-quater all’articolo 6i del Codice penale prevedendo tra le aggravanti comuni di reato «l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia intesi come odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi». A tener banco tra le file del Pd intanto è l’affaire Paola Binetti che martedì ha votato con il centro-destra contro il documento targato Concia. Per Dario Franceschini «il voto espresso daBinetti deve far riflettere sulla sua stessa permanenza nel Pd» perché «su questi temi non ci può essere libertà di coscienza». Sulla stessa linea anche la relatrice del testo Paola Concia(«O resto io o la Binetti») e il presidente dei deputati Antonello Soro che senza mezzi termini ha dichiarato: «Dovrebbe andar via». Binetti difende il suo voto perché «il disegno di legge aveva punti nebulosi» e proprio dopo la dura reazione di Franceschini ha dichiarato che alla primarie voterà Bersani. Netta la risposta del diretto interessato, in attesa delle primarie: «Chi vota per me – ha detto Bersani – sa che questo significherebbe accettare le regole. Nell’organismo statutario sarei chiaro: indicherei quali sono le materie su cui ci può essere libertà di coscienza e tutte le altre su cui vige la disciplina di partito». E su questo tema, ha aggiunto, non ci può essere libertà di coscienza.