«Per ottenere le cellule immature e indifferenziate – spiega Elena Cattaneo, docente di Farmacologia all’Università di Milano e direttrice del laboratorio per la ricerca sulle cellule staminali – era necessario rompere la membrane della blastocisti, la struttura che si forma nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale, bloccandone lo sviluppo». La tecnica messa a punto da Lanza consiste invece nel rimuovere dalla blastocisti una cellula alla volta, in maniera simile a quella con la quale, nella fecondazione artificiale, vengono prelevate le cellule per effettuare la diagnosi genetica pre-impianto.
Una volta prelevate le cellule sono state poi coltivate in laboratorio e fatte moltiplicare fino a ottenere linee cellulari. «Senza dubbio è un passo importante nel campo delle staminali – continua Cattaneo – perché si è riusciti a dimostrare che si possono prelevare staminali preservando l’embrione. In questo senso si apre una nuova “via politica”. Occorre però capire quale tipo di evoluzione avranno le blastocisti impiegate nell’esperimento. In altre parole, se e come arriveranno a gravidanza». L’incognita è già motivo di discussione. «11 metodo di Lanza – dice Roberto Colombo, direttore del laboratorio di Biologia molecolare e genetica umana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – non supera le obiezioni etiche sollevate dalla ricerca su queste cellule. La biopsia di un embrione umano, che in Italia è vietata dalla legge 40, comporta sempre un serio rischio per la salute e la sopravvivenza dell’embrione stesso».
Per Carlo Alberto Redi, direttore del laboratorio di Biologia dello sviluppo dell’Università di Pavia,la tecnica di Lanza apre importanti opportunità sia nel campo della medicina rigenerativa, sia in quello del vaglio di nuovi farmaci «Disporre di linee cellulari embrionali permetterà di accelerare di molto i processi di sperimentazione delle molecole, perché si trasferiranno il menoma umano e le malattie in provetta». Il risultato del gruppo di Lanza, ha continuato Redi, rientra tra le proposte che il comitato di bioetica aveva offerto al presidente degli Stati Uniti. George W.Bush per ottenere staminali salvando l’embrione.
L’altra proposta era venuta dal bioeticista William Hurlbut dell’Università di Stanford, che proponeva di ottenere embrioni privi del gene Cdx2 che permette loro di impiantarsi. Proposta ampiamente criticata per il fatto che si creava un embrione difettoso. «Se la tecnica funziona – conclude Claudio Bordignon, direttore scientifico dell’Istituto San Raffaele di Milano – la scienza ha superato l’aspetto tecnico ed etico nel campo delle staminali embrionali. La partita si giocherà sulle percentuali, cioè sulle possibilità che la blastocisti diventi un embrione».