Testamento biologico Legge in contrasto con scienza e diritti

Davide Mazzon

La relazione professionale che il medico intraprende con il cittadino è fondata su 4 pilastri fondamentali, ben esplicitati nel Codice di deontologia medica (Cdm) del 2006: l’informazione al paziente e il suo consenso consapevole rappresentano il fondamento di ogni azione sanitaria; il dovere medico di intervenire trova un limite invalicabile nella possibilità da parte del paziente cosciente di rifiutare qualsiasi tipo di cura (es. dal trapianto di cuore alla semplice iniezione intramuscolare); il medico ha il dovere di tenere nella massima considerazione le dichiarazioni circa il piano di cure eventualmente espresse dal paziente prima della perdita della capacità di esprimere le proprie volontà; il medico ha il dovere di ancorare il proprio intervento al grado più alto di evidenze scientifiche disponibili.
Il ddl sul Testamento biologico già votato in Senato e in discussione alla Camera presenta numerosi contenuti in contrasto questi principi. Ad esempio, l’art. 3 comma 4 afferma che il paziente può esprimere dichiarazioni anticipate (Da) solo su trattamenti sproporzionati, cioè quei trattamenti che già il medico non è tenuto ad adottare sulla base del proprio Cdm. Non è solo una norma inutile, ma è anche antideontologica dal momento che il Cdm afferma che il medico deve rispettare il rifiuto di qualsiasi trattamento da parte del paziente, anche cioè quelli che il medico ritenesse proporzionati. E questo in accordo con l’art. 32 della Costituzione, che afferma la volontarietà dei trattamenti sanitari.
L’art. 3 comma 6 afferma poi con assoluta antiscientificità che la Nutrizione artificiale non è trattamento medico ma “sostegno vitale destinato ad alleviare la sofferenza”: immaginiamo quale sollievo può provare un morente nell’essere ingozzato per legge? E’ poi infondato il riferimento alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 12/2006 da cui si fa derivare la obbligatorietà della Na per i disabili, che è il contrario di ciò che la Convenzione stessa afferma. Infatti, l’unica volta che nella Convenzione sui diritti delle persone con disabilità si parla di “cibo e liquidi” è all’art. 25, e solo per dire che “Gli Stati prevengono il rifiuto discriminatorio di assistenza sanitaria o di cibo e liquidi alle persone disabili”, aggiungendo che ogni trattamento deve essere applicato "sulla base di un consenso libero e informato". La comunità scientifica internazionale all’unanimità e con essa quella italiana concordano sul fatto che Nutrizione e Idratazioni artificiali sono trattamenti sanitari medico-infermieristici. Pertanto, solo il consenso informato del paziente conferisce ad essi piena legittimità e il paziente stesso può rifiutarne l’applicazione.
Altra assurdità all’art. 4 comma 6: le Da non si applicano in urgenza/emergenza, proprio cioè quando la persona è maggiormente vulnerabile e maggiormente ne andrebbe tutelata l’autonomia, nel caso in cui egli abbia voluto esprimere le Da. Infine all’art.7 il paradosso finale: le Da non sono vincolanti per il medico… e quindi, avendo lo stesso valore di una semplice opinione, perché esprimerle? La legge in discussione alla camera va in sostanza nella direzione opposta a ciò che chiamiamo “alleanza terapeutica” fra medico e cittadino.

Davide Mazzon
Direttore Anestesia e rianimazione
e Dipartimento chirurgico ospedale Belluno
vice-coordinatore Commissione bioetica
Società italiana di anestesia