di Ilaria Nava
Tra i quattordici decreti legislativi per il recepimento di alttrettante direttive comunitarie, il Consiglio dei Ministri ha dato ieri sera il via libera anche a quello relativo alla norma europea 23/2004 dedicata alla «definizione di norme di qualità e di sicurezza perla donazione, l`approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cell ule umani». Un provvedimento discusso, relativo a ogni tipo di cellula o tessuto, e che riguarda anche la conservazione delle cellule del cordone ombelicale. Materiale biologico che presto potrebbe essere gestito anche da biobanche private. Potrebbe: perché la partita è ancora in corso. «Pur insistendo sul non aprire alle cliniche private convenzionate alla custodia del cordone ombelicale in questo specifico decreto, il ministro Turco ha ritirato qualunque obiezione affinché questa fattispecie venga prevista in altri provvedimenti legislativi, ha infatti dichiarato trionfante al termine della seduta Emma Bonino, responsabile delle politiche comunitarie e coproponente del decreto con la collega della Salute-. Per esempio nel disegno di legge sul cordone ombelicale in discussione al Senato o in quello sul parto in discussione alla Camera». In attesa dunque di conoscere i dettagli del provvedimento, sembra essere stato accolto nella sostanza il principio proposto dalla commissione Affari sociali della Camera, che di recente aveva invitato il governo a rivedere la sua posizione sui soggetti che possono conservare cellule e tessuti, chiedendo che fosse previsto «di includere anche le banche di tessuti private» come disposto dalla Ue. Il testo del decreto approvato ieri è passato attraverso il vaglio di alcune commissioni parlamentari che hanno emesso il loro parere (quella della Sanità di Palazzo Madama aveva puntualizzato che «sono fatte salve le disposizioni della legge 40, in particolare quelle relative all`importazione ed all`esportazione delle cellule embrionali»). La versione originaria del decreto prevedeva che l`attività su cellule e tessuti fosse riservata a soggetti pubblici: «La scelta dell`Italia di valorizzare il pubblico aveva chiarito la Turco è motivata dal fatto che solo la banca pubblica può assicurare la correttezza nella raccolta e nella assegnazione delle cellule e dei tessuti donati senza condizionamenti esercitati da capitali privati che in modo evidente o meno evidente possono condizionare la policy della banca». Di fronte alle forti pressioni di radicali e mutlinazionali del settore molto interessate al mercato italiano sinora inaccessibile, il ministro aveva ricordato «i valori etici in gioco, equità, qualità e trasparenza, che possono essere meglio assicurati da un sistema pubblico che escluda qualsiasi forma di profitto». Una marcia indietro, dunque?