di Mina Welby, Maria Antonietta Farina Coscioni
Caro Direttore, sono trascorsi quasi due anni dalla scomparsa di Luca Coscioni ed è passato da pochi giorni (20 dicembre) l’anniversario della morte di Piergiorgio Welby. Luca e Piero hanno speso i loro ultimi anni nel tentativo di suscitare, anche tramite l’associazione che porta il nome di Luca ed a fianco dei Radicali Italiani, una riflessione ed un civile dibattito sulle scelte di fine vita. Le decisioni di medici coraggiosi come il dottor Riccio ed alcune sentenze innovative di questi ultimi mesi – in particolare quella della Cassazione che riconosce ad Eluana Englaro il diritto di morire, dopo 15 anni di agonia – sono anche il frutto della loro battaglia, che sentiamo il dovere di portare avanti per superare la situazione di empasse legislativa su questi temi. P erfino la legge sul testamento biologico – simile a quelle esistenti nella grande maggioranza dei paesi occidentali – è bloccata in Parlamento. Eppure essa avrebbe tre risultati positivi: consentire a chiunque di dichiarare in anticipo quali trattamenti medici accettare e quali rifiutare in caso di malattie gravissime o incurabili; ridurre l’accanimento terapeutico; dare anche ai medici un quadro di certezza del diritto entro cui muoversi. Di eutanasia, nel nostro Paese, è addirittura vietato parlare. Eppure, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando Welby si è rivolto a lui, ha auspicato un confronto approfondito su questo tema, "perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento". Ma è la politica dei politici-politicanti che alza nuovi muri di silenzio e di omertà. Non vogliono che si sappia, si pensi, si parli, si ragioni. Neppure una semplice indagine conoscitiva sull’eutanasia clandestina, hanno voluto. Tutti uniti: da destra a Rifondazione, hanno detto no, ignorando le dimensioni del fenomeno, per poter meglio negarlo. È questo che hanno rimproverato a Luca Coscioni e Piergiorgio Welby: l’aver fatto della loro malattia, del loro dolore, della loro sofferenza, questione politica. Non si perdona loro di essere stati leader politici, di aver saputo dare letteralmente corpo a questioni che riguardano la vita e la morte. E’ la voglia di capire e di capirsi che vogliono impedire, e che li terrorizza. Non vogliono che i temi che Luca e Piergiorgio hanno incarnato siano iscritti – com’è giusto – nell’agenda politica; così, invece di cercare strumenti per "governare", preferiscono che resti l’arbitrio, affidato alla loro buona (o cattiva) coscienza. Tramite il Suo giornale, che ha dimostrato di comprendere l’importanza di questi temi, esprimiamo l’augurio che nel 2008 i parlamentari italiani, al di là della loro collocazione partitica e delle loro credenze religiose, vorranno riflettere sul messaggio di Luca e di Piero, colmando finalmente questo drammatico ritardo della nostra legislazione.