Se tre suicidi al giorno vi sembran pochi

A un anno e mezzo dall’inizio della legislatura, in un quadro politico così turbolento da rendere possibile anche un ritorno anticipato alle urne, nessuna delle principali questioni eticamente sensibili – unioni di fatto, testamento biologico, eutanasia, revisione della legge 40 – sembra prossima a trovare una soluzione legislativa. Questa situazione di empasse totale si deve soprattutto ai veti della Chiesa e alla obbedienza della maggioranza delle forze politiche, per convinzione ma più spesso per opportunismo, alle sue direttive. Ma in parte essa è dovuta a errori di comportamento delle forze laiche che si battono per quelle leggi, errori come quelli commessi in materia di unioni di fatto (l’insistenza nel voler presentare un ddl del governo, per di più reso pasticciatissimo dall’improbo tentativo di mettere insieme i punti di vista dei ministri Pollastrini e Bindi). Un discorso simile si può fare sulla eutanasia. In questo caso converrebbe mettere in fila alcuni dati di fatto e poi pensare alla soluzione legislativa realisticamente perseguibile. Primo: da 5 o 6 anni innumerevoli sondaggi mostrano come sia netto e crescente, soprattutto dopo la drammatica vicenda di Pier Giorgio Welby, il consenso della maggioranza degli italiani (anche dei cattolici) sulla eutanasia, almeno nel caso dei malati terminali nel pieno delle loro capacità intellettuali. Secondo: hanno suscitato notevole impressione i dati Istat sui suicidi di malati terminali, che io stesso ho "scoperto" e reso noti circa un anno fa: circa 1.000 l’anno (3 al giorno), oltre ai tanti che non sono ufficialmente rilevati dalle forze dell’ordine e trasmessi all’Istat. Terzo: malgrado tutto ciò, parlare di eutanasia significa ancora violare un tabù: una violazione che appare più grave se ci si muove con proposte di legge che abbracciano anche altri temi, come il testamento biologico, e che recano solo le firme di parlamentari della Rosa nel pugno, forte- mente critici con l’ingerenza della Chiesa su questi temi. Converrebbe dunque, con grande pragmatismo, lasciare che seguano il proprio iter parlamentare le norme più complesse sul testamento biologico e sulla eutanasia – naturalmente continuando a impegnarsi per la loro approvazione e concentrarsi subito su un tema circoscritto ma scottante: la possibilità del suicidio assistito per i malati terminali. Come avvenuto in passato per la abolizione delle norme sull’adulterio o sul "delitto d’onore" (e non si trattava di temi marginali), basterebbe agire direttamente sul codice penale, proponendo la modifica dell’articolo 480, che punisce l’aiuto al suicidio con la reclusione da 5 a 12 anni. Si tratterebbe di aggiungere due articoli che da un lato dichiarino «non punibile» il medico che aiuta attivamente a morire il malato terminale, dall’altro stabiliscano una serie di controlli e di garanzie per accertare che il richiedente sia pie- namente compor sui e che non vi siano condizionamenti, al fine di evitare possibili usi impropri della norma. Il relativo ddl dovrebbe essere firmato da parlamentari che rappresentino il più ampio e trasversale arco di forze politiche, compresi alcuni dei 40 già iscritti alla Associazione Luca Coscioni, e dovrebbe essere sostenuto con grande determinazione, perché non si può ignorare, su un tema così importante, la volontà della grande maggioranza degli italiani. Per sostenere questa riforma del codice penale andrebbero ricordati senza posa e con durezza i mille suicidi l’anno, le interminabili sofferenze di Welby e di Nuvoli e quelle di Eluana Englaro, che da 15 anni attende di poter morire: si tratta di una realtà intollerabile, che un paese civile non può lasciare immutata. I cattolici, convinti che la vita è un dono di Dio e solo Dio può decidere come e quando riprenderla, offrano pure le proprie sofferenze per conquistarsi il regno dei cieli: noi li rispettiamo. Ma non pretendano di costringere i non credenti alla inaccettabile alternativa tra le prolungate e inutili sofferenze del malato terminale e l’orrore del suicidio: rispettino il loro dramma e la loro volontà.