La battaglia di Luca. Verrà un giorno in cui certi vescovi si toglieranno la maschera cattiva di Marcello Pera, torneranno a sentire la religione come legame fraterno, e chiederanno scusa a Luca Coscioni, morto di un dolore atroce del quale mille voci hanno detto «Va bene così, soffra pure, vietato aprire i frigoriferi zeppi di cellule staminali destinate alla distruzione». Infatti, nel mezzo di una civiltà della ricerca che, certo, – ci avevano detto in passato – è voluta da Dio, è proibito cercare la cura del male. In attesa di quelle scuse, che certo verranno anche se tristemente sfasate nel tempo, tocca a noi cittadini di una Repubblica fondata sul divieto chiedere scusa a Luca Coscioni per il modo in cui è stato lasciato senza risposta il suo grido di aiuto, che non era per sé ma per la lotta a malattie finora incurabili, per il modo in cui è stato abbandonato e ignorato, come se Dio non lo avesse messo al mondo con il suo dolore e il suo male, e la sua e la nostra intelligenza capace di lottare contro quel male, se solo fosse permesso. Diciamo grazie alla sua dolcezza, alla sua tenacia, alla sua appassionata perorazione che è stata un inno alla vita, lui sì, presidente dei presidenti del diritto alla vita, lui nato e vivo e morente e abbandonato. Per merito di Luca Coscioni possiamo sperare di apparire meno incivili agli occhi del mondo industriale e democratico – in gran parte cristiano – che permette la ricerca, la finanzia, la vuole. Noi dobbiamo un grazie affettuoso e solidale a Maria Antonietta, compagna di Luca, che gli è sempre stata accanto con una incomprensibile serenità, vita di una vita esemplare e ostinata. Se tutta questa storia, per un miracolo, si fosse svolta in una comunità di credenti, oggi si parlerebbe di «odore di santità». Certo Luca e Maria Antonietta ci dicono che esiste una santità laica. Quando qualcuno usa la parola sprezzante "laicismo" e vi intima di esibirne i valori dite: Luca Coscioni. E abbiamo il dovere di ricordare chi, in un deserto di distrazione, ha raccolto il grido di Luca Coscioni, lo ha invitato e ospitato in una casa politica e ha fatto sedere l’ospite sofferente a capo tavola. Ognuno ha diritto a giudizi e pregiudizi sui Radicali. Ma è bene non dimenticare che sono stati i Radicali di Pannella, Bonino, Capezzone e Marco Cappato a prendersi in carico ciò che restava di una voce e di una vita. E a fare in modo che quella voce artificiale e quella vita al limite del sopportabile restassero bene al centro della scena pubblica italiana. A loro diciamo grazie a nome di coloro che potevano non sapere e hanno saputo, di coloro che potevano non capire e hanno capito, di coloro che potevano lasciar perdere e si sono impegnati in solidarietà, visione e speranza. Non c’è niente da dimenticare in questa storia. E per fortuna il cammino continua.
rassegna stampa