L’anno che si è appena chiuso ha portato almeno due significative novità in campo bioetico. La prima, politico-istituzionale, riguarda l’assunto "la bioetica non porta voti": ebbene, questo assunto non vale più. Nonostante alcuni importanti episodi (Welby, Englaro, ecc.), l’assunto appariva indiscutibile, mentre ora ci si accorge che la bioetica pesa, sposta parlamentari ed è una delle carte buone per creare o per scompigliare le alleanze politiche.
Nell’agosto scorso, per neutralizzare il nascente Fli, il governo ha varato l’Agenda Bioetica; a dicembre i contrasti bioetici hanno avuto un ruolo per ostacolare la formazione del Terzo Polo: i vescovi cattolici han fatto la loro parte con interventi che appaiono più come pesanti ingerenze che come richiami spirituali. L’altra grande novità riguarda il piano culturale e sta in un netto spostamento del flusso e del tipo di riflessione pubblica sul tema bioetico del momento: il fine-vita.
La televisione ha reso palese il cambiamento su tre importanti fatti accaduti quasi contemporaneamente.
Primo, l’intervento di Beppino Englaro e di Mina Welby alla fortunata trasmissione di Fazio e Saviano Vieni via con me (15 novembre), in cui hanno ribadito la moralità della sospensione dei trattamenti medici non voluti. Subito i cattolici hanno lamentato l’assenza di contraddittorio e, in nome della par condicio, richiesto (senza successo) la replica dei malati che non rinunciano a sospendere le cure.
Secondo, le parole del presidente della Repubblica, Napoletano, sul suicidio di Monicelli (95 anni e malato terminale) giudicato come "estremo scatto di volontà che bisogna rispettare".
Terzo, grazie alla brillante iniziativa dell’Associazione Coscioni, la diffusione su Rai3 di un cortometraggio molto sobrio, diretto e pulito a sostegno della libertà di scelta anche per l’eutanasia.
I cattolici, che prima hanno richiesto la par condicio a loro favore, ora si sono precipitati dalla Commissione di vigilanza Rai, protestando per l’assenza di censura preventiva e di sanzioni! Dal punto di vista culturale i fatti segnalano un salto paradigmatico decisivo: mentre in passato i nuovi modelli erano proposti come "disvalore necessario" (si pensi al divorzio), ora le nuove scelte di fine vita sono presentate come progresso morale e civile: non più un "male minore" ma un diritto.
E di fronte al nuovo vento culturale i cattolici sembrano sguarniti di argomenti solidi, e devono invocare la censura o denunciare complotti contro di loro. Già è successo con le libertà civili e sindacali, ma chissà se tra qualche anno (o decennio), non diranno che la libertà di scelta biologica è un portato del cattolicesimo?
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