PROCREAZIONE MALATA (Il Manifesto)

<i>La Margherita impedisce la modifica della legge. Referendum nel 2005?</i>

<b>4 Dicembre 2003</b> – Altro che lista unica. Ha perfettamente ragione Cesare Salvi a usare l'esito della seduta del senato di ieri come prova provata dell'astrattezza del progetto che va per la maggiore nel centrosinistra: quale unità si pensa di millantare se Ds e Margerita non sono d'accordo, come si dice, neanche sui fondamentali tipo la laicità dello stato?
E' accaduto questo al senato, che nella prima tappa della volata finale per l'approvazione definitiva della legge sulla procreazione assistita, il centrosinistra ha perso una buona occasione per emendarla e rinviarla alla camera. La buona occasione erano due emendamenti al primo articolo, che intendevano rendere possibile il ricorso alla procreazione assistita alle coppie a rischio di trasmissione di malattie genetiche. Presentati da due senatori ds, Tonini e Mascioni, e da alcuni senatori dell'ala liberal di Forza Italia, tra i quali Antonio Del Pennino (repubblicano, eletto con Fi ma poi traslocato nel gruppo misto), i due emendamenti non sono passati (126 sì, 124 no, 8 astenuti, e al senato le astensioni valgono come voti contrari), grazie alle defezioni della Margherita. Come denuncia lo stesso capogruppo diessino Gavino Angius: «Se tutto il centrosinistra avesse sostenuto unito gli emendamenti migliorativi che avevamo presentato, la Casa delle libertà sarebbe andata in minoranza per due volte». Risultato, il primo articolo della legge è passato senza colpo ferire, e il resto seguirà salvo imprevisti a partire da domani. Se ai cattolici del centrosinistra non sta bene rendere praticabile la procreazione assistita per evitare malattie genetiche, come avviene in tutte le legislazioni europee, figurarsi se daranno l'assenso agli emendamenti che tentano di modificare gli altri punti di maggiore scandalo della legge, come il divieto di ricorrere alla fecondazione, l'accesso barrato a gay e single, l'obbligo di produrre non più di tre embrioni per volta, il divieto di sperimentazione sugli embrioni e la loro adottabilità.

Se il gioco parlamentare pare chiuso, nonostante l'appello trasversale di quindici senatrici di tutti i gruppi per modificare la legge, non è detto che col gioco parlamentare si chiuda anche la partita. Si fa strada infatti sempre più l'ipotesi, già annunciata dai radicali e dall'associazione Luca Coscioni, di ricorrere al referendum per liberarsi della legge non appena verrà approvata. Lo stesso Del Pennino, dopo la bocciatura del suo emendamento, concretizza quesito e tempi di un referendum «epocale, che segnerà la vita politica del paese come quelli sul divorzio e sull'aborto»: un quesito «al ritaglio», abrogativo non di tutta la legge ma dei suoi divieti più inaccettabili, da indire per la primavera del 2005.

E prima del referendum, pratiche di disobbedienza da parte di medici e ginecologi, che rifiutandosi di applicare le parti della legge più dannose per la salute della donna o del feto potrebbero provocare l'apertura di procedimenti giudiziari e con ciò la possibilità di sollevare questioni di costituzionalità davanti alla corte costituzionale. Sostiene infatti un documento firmato da medici, ginecologi e scienziati, che la legge presenta svariati aspetti di incostituzionalità, ad esempio laddove prevede l'obbligo di trapianto dell'ovulo fecondato anche nel caso di un ripensamento da parte della donna.

Sull'incostituzionalità della legge si erano espressi peraltro, nel corso del suo lungo iter in questa e nella precedente legislatura, non pochi parlamentari della sinistra e liberal. Più forti sono state finora l'insipienza, la volgarità, la revanche antifemminile dei suoi sostenitori. Come l'onorevole Pedrizzi, della neo-antifascista An, che non cessa di scagliarsi contro deputate e senatrici contrarie al testo accusandole di «indebita usurpazione della rappresentanza delle donne italiane». Per il resto, continua la litania consueta dei cattolici di centrodestra e di centrosinistra: «meglio questa legge che il far west». E di far west, non c'è che dire, il parlamento italiano se ne intende.