PROCREAZIONE ASSISTITA, LA MAGGIORANZA LITIGA E IL DISEGNO DI LEGGE SI FERMA IN SENATO (L'Unità)

<b>4 Ottobre 2003</b> – Del disegno di legge sulla procreazione medicalmente assistita, tanto caro, nel testo della Camera, agli integralisti di tutte gli schieramenti, si riparlerà nell'aula del Senato soltanto dopo la metà di novembre, a finanziaria votata. È stata così sconfitta la fretta di quanti avevano insistito perché il provvedimento, blindato nell'articolato di Montecitorio, fosse approvato prima della sessione di bilancio e pure sconfitti quanti pensavano di poter forzare il principio che esclude la possibilità di discutere e votare un provvedimento che comporti misure di spesa, durante l'esame della finanziaria. Della prima scuola di pensiero è stato leader il capogruppo dell'Udc, Francesco D'Onofrio, il quale aveva addirittura annunciato l'Aventino del suo gruppo su tutti i ddl all'esame di Palazzo Madama, se prima se non si fosse votata la procreazione. Della seconda, l'ineffabile capogruppo di Forza Italia, Renato Schifani, che aveva annunziato un'iniziativa per aprire una finestra nel calendario dell'assemblea per il voto, appunto, sul ddl sulla fecondazione, anche durante la sessione di bilancio.
Il freno a questa fretta, è venuto dalle perplessità che sono cominciate ad insorgere in altri settore dello stesso schieramento di centrodestra. Perplessità che, a metà della settimana, erano parse concretizzarsi nella presentazione di un emendamento, il cui testo si dovrebbe ad Alessandra Mussolini, ma che sarebbe stato il frutto di un incontro Fini-Buttiglione, poi smentito.
Il testo dell'emendamento aveva cominciato a circolare a Palazzo Madama, ma veniva subito osteggiato proprio dai partiti – Udc e An – che ne avrebbero dovuto essere i promotori. La proposta di modifica, che riguardava la possibilità della donna di revocare il permesso di impianto dell'embrione, nel caso di particolari malattie o malformazione, non si concretizzava, tutt'al più si poteva pensare ad un ordine del giorno. Niente modifiche, tuonano i Pedrizzi, i D'Onofrio, il centrista Borea, anche le più ragionevoli, per impedire che il testo torni alla Camera, con un allungamento dei tempi che la destra non può tollerare.
«Meglio una legge imperfetta che nessuna legge», purchè si approvi presto, ha affermato ieri il capogruppo di An il commissione Sanità, Paolo Danieli, rispondendo alla sua collega di partito Mussolini, la quale aveva invitato le donne italiane ad andare all'estero «se passa questa brutta legge». Qualche mal di pancia però si è continuato ad avvertire nella maggioranza. Arriva dalla leghista Rossana Boldi, che ha seguito l'iter del provvedimento in commissione Sanità. Si augura che le parole (smentite?) di Fini che parlava di aspetti «aberranti» del testo, «aprano la strada ad una riflessione seria del merito» per le parti che pure lei considera «aberranti» e per cancellare le quali ha pure presentato emendamenti.
Di fronte a questo nuova situazione, i Ds hanno ritirato la pregiudiziale di non passaggio agli articoli. «Abbiamo apprezzato – ha spiegato Stefano Passigli – la disponibilità di alcuni esponenti della maggioranza a discutere liberamente, secondo coscienza».
Si è aperto, per l'esponente diessino, «uno spiraglio significativo ad un nuovo confronto sul testo». Da qui il ritiro della pregiudiziale, con l'augurio che la Casa delle libertà lasci libertà di voto ai suoi senatori in modo da «consentire così la ricerca di intese su alcune ragionevoli modifiche».

<i>Nedo Canetti</i>