Le cellule, infatti, che hanno la capacità di riprodursi consentendo, fra l’altro, la cura di patologie del sangue come leucemia, talassemia e anemia, potranno in Italia essere raccolte e conservate soltanto «per uso autologo» (per la cura di se stessi) o per malattie già in atto di consanguinei e sempre che le banche di raccolta vengano istituite in strutture pubbliche.
La conservazione del sangue da cordone, inoltre, sarà possibile solo ove si renda necessario e previa presentazione di motivata documentazione clinico-sanitaria.
Divieto assoluto, invece, di creare banche presso strutture private (anche accreditate) e di effettuare qualsiasi forma di pubblicità. A prevedere il divieto, con queste limitate aperture, è un’ordinanza del 13 aprile 2006 del ministero della salute pubblicata nella Gazzetta Ufficiale di martedì 9 maggio. Il provvedimento è stato ieri immediatamente criticato dalle associazioni dei consumatori, in particolare dall’Aduc, per la quale la minima possibilità introdotta dalla legge pone comunque grossi limiti agli utilizzi diversi da quello autologo e alla cura di patologie non considerate guaribili sul momento (ma che magari possano esserlo in futuro). Inoltre, ha sottolineato l’associazione, la donazione e raccolta nelle strutture pubbliche è attualmente possibile soltanto in alcune regioni: questo continuerebbe a incentivare il ricorso alle strutture private presenti all’estero. L’autorizzazione all’importazione ed esportazione di cellule staminali da cordone per uso sia autologo sia allogenico, prevede poi il provvedimento, sarà rilasciata di volta in volta dal ministero della salute. L’ordinanza, che ha validità limitata nel tempo, avrà vigore per un anno. Il neodeputato Donatella Poretti (Rosa nel pugno) ne ha comunque già annunciato l’abrogazione a opera del nuovo governo, con l’obiettivo di «aprire la strada anche alle banche private accreditate e per consentire che l’Italia si adegui alla normativa di numerosi paesi europei».