Le biobanche ( pubbliche ) del cordone? Un’ eccellenza

Cordone ombelicaleLe cellule staminali cordonali che nelle scorse settimane sono volate da Sydney all’Italia, per permettere di curare un piccolo di 14 mesi al Policlinico San Matteo di Pavia affetto da una grave forma di immunodeficienza, sono un esempio di come la raccolta dei cordoni ombelicali alla nascita sia un’attività cruciale per salvare la vita di molte persone.

Infatti i trapianti di cellule staminali emopoietiche (che fanno le cellule del sangue) tratte dal cordone ombelicale sono coordinati in una rete che abbraccia tutto il mondo. Un’attività in cui il sistema italiano (fatto di oltre 300 punti nascita che raccolgono i cordoni ombelicali per destinarli alle 18 «banche» pubbliche che conservano le sacche di sangue ricco di cellule staminali, simili a quelle del midollo osseo) ha raggiunto livelli di eccellenza. «E che nel 2009 ha visto uno sforzo straordinario per potenziare le attività di raccolta – spiega Giuliano Grazzini, direttore del Centro nazionale sangue – che ha dato frutti.Sono state infatti ben 16.207 le unità di sangue cordonale che sono state raccolte per uso solidaristico, di cui 4.376 sono state bancate».

Anche se all’osservatore comune può apparire una proporzione deludente, si tratta di un dato del tutto il linea con gli standard internazionali, sottolinea Grazzini: «Dappertutto il tasso di conservazione delle unità di sangue cordonale raccolto è di circa il 25-30%. In Italia siamo al 28%. La spiegazione è che vengono conservate solo quelle sacche che garantiscono un’assoluta qualità ai fini del trapianto cui sono destinate».

Si tratta infatti di terapie salvavita sempre più richieste: «Sono in crescita le indicazioni al trapianto – osserva Paolo Rebulla, direttore della Milano Cord Blood Bank -, se ne eseguono sempre di più e sono migliorate anche le comunicazioni tra i registri internazionali per far incontrare i dati dei cordoni conservati con quelli dei malati che hanno bisogno del trapianto». Di questa preziosa risorsa biologica c’è dunque sempre più necessità. «Ma devono essere conservate solo le sacche di estrema qualità – continua Grazzini -, e i medici trapiantatoci sempre più ci richiedono cordoni con un alto indice di cellularità, cioè che contengono una grande quantità di cellule staminali, il vero fattore indicativo di successo nel trapianto».

Ecco quindi che sono scartati tutti quei cordoni che non raggiungono un certo volume (almeno 80 cc a Milano, ma i criteri sono in via di definizione a livello nazionale e tendono sempre più a essere rivisti verso l’alto), che non contengono un numero sufficiente di cellule staminali (un altro indice che tende a salire), che siano stati in qualche modo "inquinati", e così via. Tutti problemi che chi conserva il sangue cordonale per uso personale (autologo) non si pone: «Le migliori banche private garantiscono solo la tipizzazione Hla (cioè delle caratteristiche immunologiche), ma la conservazione è ovviamente al 100 per cento, senza sapere se il cordone sarà utilizzabile. Nel servizio sanitario pubblico i livelli essenziali di assistenza possono finanziare solo trattamenti appropriati secondo la migliore evidenza scientifica.

E infatti l’uso autologo-dedicato è previsto dal decreto del 18 novembre scorso solo per una serie ben definita di condizioni patologiche (sempre aggiornabili)». ra le circa 21 mila unità di sangue di cordone ombelicale attualmente utilizzabili (ed elencate nel Registro italiano donatori di midollo osseo, con sigla inglese Ibmdr) nel 2009 ne sono state prelevate 116 per eseguire trapianti: 28 in Italia e 88 inviate all’estero. Da dove sono giunte altre 90 sacche per pazienti italiani. «Abbiamo intrapreso un percorso di sempre maggiore coordinamento tra le banche (si parla ormai di Italian cord blood network, Itcbn) conclude Grazzini – con un notevole impegno organizzativo per garantire sempre la migliore qualità possibile per i pazienti». E obiettivo da raggiungere «è arrivare a 60mila unità di sangue cordonale disponibili. E lo scorso anno, per la prima volta, la raccolta per uso solidale ha superato quella per uso autologo. Un primo riconoscimento agli sforzi, che anche grazie ai 10 milioni di euro dedicati al rafforzamento delle attività di raccolta nelle banche pubbliche (e confermato per quest’anno), cominciano a dare frutti», conclude Grazzini.  

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