A mettere in scena la sua storia sono stati Ugo De Vita, Mina Welby (Wilhelmine Schett), che ha interpretato se stessa, e Gianfranco Funari nei panni del padre di Piergiorgio.
Hanno fatto parte della compagnia anche Barbara Bricca, Barbara Tirelli e Mattia Girelli, che sono stati accompagnati dai maestri Camillo Grasso, al violino, Eleonora Grasso, alla viola, Maurizio Gambini, al violoncello, Francesco Ballanti, alle percussioni, con la coreografia di Viviana Sardella. A Roma la rappresentazione è stata messa in scena nella Biblioteca Angelica, la più antica Biblioteca pubblica di Roma, che dipende dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali a pochi passi dal Senato.
De Vita è attore impegnato nel ‘teatro civile’, vera e propria forma di arte sociale, che pone l’uomo al centro di un dialogo e di un confronto, di uno scambio articolato e mai passivo con un pubblico partecipe. Allo spettatore non si chiede solo di "assistere", ma soprattutto di riflettere, discutere, dibattere, ricordare, ragionare.
Il teatro diventa agorà, spazio di raffronto e di discussione collettiva, punto di osservazione privilegiato per cogliere e analizzare infiniti spunti di riflessione, esplorare prospettive,
ricostruire e far rivivere memorie e storie. La pièce in un breve atto unico traccia alcuni episodi della vita di Piergiorgio. Nel 1963, questo l’incipit del lavoro, un medico gli dice: "non supererai i vent’anni": distrofia muscolare progressiva.
La morte non lo raggiunge, passano gli anni e durante un viaggio parrocchiale a Roma Mina, nativa dell’Alto Adige, incontra Piergiorgio ed è colpo di fulmine !
Si sposano e, intanto, la malattia si aggrava. Dopo un’altra crisi Welby viene tracheotomizzato, respira con l’ausilio di un ventilatore polmonare e si nutre di ‘Pulmocare’ ed altri alimenti semiliquidi, parlando con l’ausilio di un computer e di un software.
Nella pièce viene sottolineato il grandissimo Amore della coppia, sentimento che traspare ancor oggi da ogni atomo di Mina, che con forza quasi teutonica e decisamente ammirevole reinterpreta la loro storia.
Vien, poi, ricordato un episodio vissuto col padre di Piergiorgio in una mattina di metà novembre del 2002. Andando a caccia, lui e il padre (un emozionato Gianfranco Funari) risalgono un canalone spazzato dalla tramontana. Il terreno ghiacciato scricchiola ad ogni passo, il vento gelido fa lacrimare gli occhi e le mani sono rattrappite sul fucile.
Piergiorgio sta pensando a quei paesaggi fiamminghi dei quadri di Rubens… Quando un fischio di suo padre lo riporta alla realtà. Diana (la cagna) é in ferma.
Si spostano cautamente, cercando la posizione migliore… poi un frullo e due coppie di starne volano da sotto il muso del cane. Suo padre abbatte in rapida successione la coppia che aveva piegato dalla sua parte. Lui colpisce la prima e non riesce a sparare alla seconda.
"Perché non hai sparato?"
"Non ho potuto muovere il dito."
"Sarà il freddo…"
"No papà. È la distrofia."
Gli prende la mano tra le sue e gliela friziona con forza.
"Papà, sparami! Voglio morire in piedi e con il sole negli occhi… Non paralizzato in un letto."
"Piero, questo non puoi chiedermelo… Tutto ma non questo."
"Se non posso chiederlo a te a chi dovrei chiederlo?"
Lo abbraccia e dice: "Ti prometto che non morirai paralizzato in un letto".
Piergorgio prova una sensazione indefinibile, una pace, una tranquilla serenità… Non ha più paura del futuro! De Vita, infine, ben interpreta con adeguato accompagnamento sia musicale che coreografico tutta la tragedia.
Chi scrive ha vissuto sia pure a latere il dramma e non riesce facilmente a distaccarsi dai ricordi. ‘Lasciatemi morire’ è teatro emozionale e, come accennavo prima, è punto di osservazione privilegiato per cogliere e analizzare infiniti spunti di riflessione, esplorare prospettive, ricostruire e far rivivere memorie e storie.
Luogo della rappresentazione: Biblioteca Angelica
Città: Roma
Titolo: Lasciatemi morire
Testo, regia e allestimento: Ugo De Vita
Interpreti: Ugo De Vita, Mina Welby, Barbara Bricca e la partecipazione di Gianfranco Funari e con Barbara Tirelli e Mattia Girelli
Al violino Camillo Grasso
Alla viola Eleonora Grasso
Al violoncello Maujrizio Gambini
Alle percussioni Francesco Ballanti
Coreografia di Viviana Sardella