Una lezione di modernità ci è stata impartita ieri da due signori inglesi: Stephen Minger e Emily Jackson. Il primo è il direttore del laboratorio di biologia delle cellule staminali del King’s College di Londra. La seconda è un membro dell’Hfea, l’autorità della Gran Bretagna per la fertilità e l’embriologia. Invitati dall’associazione Luca Coscioni, Minger e Jackson ieri erano a Roma per parlare di come è stato affrontato nel loro paese un problema che legava ricerca scientifica, etica e interesse pubblico. Prima di tutto bisogna ricordare che, al contrario di quello che avviene in Italia, in Gran Bretagna si possono creare linee di cellule staminali embrionali per la ricerca. Qualsiasi ricercatore che voglia utilizzare embrioni umani a scopo di ricerca, tuttavia, deve ottenere il permesso dell’Hfea. Nel novembre del 2006 due gruppi di scienziati inglesi (tra cui quello di Minger) hanno presentato richiesta all`Hfea per creare linee di cellule staminali embrionali utilizzando ovociti animali. Gli ovociti umani sono difficili da reperire e Minger, che si occupa in particolare di malattie neurogenerative, ha pensato di ovviare a questo problema con la tecnica spiegata ieri ad un pubblico attento di cui facevano parte anche il ministro Emma Bonino, il presidente della commissione sanità del Senato, Ignazio Marino, molti parlamentari e alcuni membri del Comitato Nazionale di bioetica: l’ovocita animale viene svuotato del nucleo (ovvero del suo patrimonio genetico) al cui posto viene inserita il nucleo di una cellula somatica umana.
In questo modo, l’identità genetica dell’embrione sarà completamente umana. Da questo embrione, che si chiama ibrido citoplasmatico, vengono prelevate le cellule staminali. L’idea ha implicazioni sociali ed etiche evidenti. E ha suscitato dubbi anche tra i membri dell’Hfea. Ma come hanno risolto l’impasse i britannici? Ascoltando i cittadini. Per tre mesi, dal 26 aprile al 26 luglio del 2007, ci sono state consultazioni pubbliche. «Volevamo scoprire cosa ne pensavano i cittadini – ha spiegato Emily Jackson – ma anche informare le persone di quello che la scienza stava per fare e perché». Si è steso un documento in cui si spiegava qual era il centro della questione e che è stato alla base del lavoro di consultazione avvenuto con quattro diverse modalità: usando la Rete (si poteva leggere il documento e rispondere via internet a domande sul tema), i focus group: sono state scelte 100 persone rappresentative della società britannica e sono state fatte incontrare con gli scienziati. Poi organizzando meeting rivolti a un pubblico di non esperti e, infine, ricorrendo a un sondaggio tra 2000 cittadini inglesi. In conclusione, la maggior parte dei consultati si è detta favorevole alle ricerche in cui si prevede la creazione di embrioni ibridi, a patto che ci siano buone ragioni per intraprenderle e siano condotte all’interno di regole rigide. E 1`Hfea ha dato parere favorevole. Non si sa se la ricerca di Minger avrà buon esito. Ma a contare è il metodo: trasparenza e informazione. Per chiudere, un paradosso: le staminali derivate dall’embrione ibrido potrebbero arrivare in Italia: la Gran Bretagna prevede che le linee di staminali prodotte finiscano in apposite banche e siano date gratuitamente agli scienziati che ne facciano richiesta.