La via italiana alle staminali

Marco Cappato

"Riaffermiamo con forza che l’embrione non è un oggetto su cui si possano compiere esperimenti": così è scritto nell’Agenda bioetica del governo presentata da Sacconi, Fazio e Roccella, che favoleggiano di una “via italiana alle staminali”. Cioè di una ricerca scientifica amputata della sperimentazione sulle staminali embrionali. Non importa, a loro, il fatto che nemmeno la legge 40 proibirebbe quel filone di ricerca, o che la Food and Drug administration statunitense abbia autorizzato la sperimentazione sull’uomo. Né importano loro i passi avanti della ricerca sulle embrionali in tutto il mondo (l’ultima notizia di ieri arriva da Edinburgo, dove da una linea di staminali embrionali sono stati ottenuti globuli rossi). L’importante per il governo sono i proclami ideologici, accompagnati da una gestione discriminatoria dei finanziamenti alla ricerca, dai quali gli esperimenti sulle embrionali sono esclusi.
È la stessa tecnica ricattatoria applicata da Sacconi e Formigoni nei confronti delle cliniche disponibili a rispettare le sentenze della magistratura nei confronti di Eluana e Beppino Englaro. E infatti, l’Agenda bioetica se la prende con le decine di Comuni che hanno scelto di fornire un servizio ai loro cittadini che vogliono redigere il proprio testamento biologico: non importa, a loro, il fatto che quei cittadini stiano semplicemente esercitando un diritto costituzionale, come la giurisprudenza nei casi Welby e Englaro ha confermato.
Che al governo tutto ciò non importi, non può stupire, vista l’evidente strumentalità dell’operazione per rinsaldare i rapporti con il Vaticano e mettere in difficoltà Fini. Che al loro fianco si schieri l’Udc dei Volonté neanche stupisce, e nemmeno che ci sia un pezzo di Partito democratico, dai Fioroni ai D’Ubaldo, che scelgono di salutare come fatto positivo il “dialogo” proposto da Sacconi su questi temi. Se tutto ciò è (quasi) scontato, la domanda che resta da fare è: dov’è l’opposizione? E non è un quesito che sollecita l’elaborazione di posizioni ufficiali “condivise”, cioè espressione di mediazioni ottenute attraverso ambiguità lessicali. Ciò che manca, è la voce e l’azione di chi intende opporsi alla realizzazione concreta di un progetto che, per quanto propagandistico, può aggravare le già penose condizioni della ricerca e della libertà di scelta in Italia.
Gli unici a contrastare nei fatti l’Agenda bioetica sono i soggetti politici della galassia del Partito radicale, condannati all’inesistenza dalla televisione del regime di destra e di sinistra, ai quali si aggiungono voci coraggiose di Futuro e libertà, come quella del radicale Benedetto Della Vedova. L’assenza di confronto nel Pd e nella sinistra, la rinuncia persino a cercare al proprio interno compromessi seri, cioè basati su proposte e iniziative concrete, è il prodotto inevitabile di una strategia che vede i tanti capi delle opposizioni ufficiali molto attivi nel gioco della simulazione di futuribili nuove maggioranze, ma incapaci di imporre nell’agenda politica obiettivi ampiamente “condivisi” (qui ci sta bene) dai propri elettori e non solo, come nel caso della laicità.
In questo modo, le opposizioni in generale, e il Partito democratico in particolare, si autoriducono a un ruolo subalterno rispetto al governo, allontanando ulteriormente l’interesse dei cittadini rispetto agli esiti delle manovre politicistiche.
Contrapporre all’Agenda da stato (bio)etico un’Agenda laica della ricerca e della medicina sarebbe una delle strade da seguire per dare un contenuto alla tanto invocata, e per nulla praticata, strategia dell’alternativa.

 

20 agosto 2010

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