Massimo Fagioli
Il narcisismo non fa sopravvivere il neonato; la memoria-fantasia conduce al rapporto interumano
Le librerie Feltrinelli hanno esposto, alla vista di tutti, l’ottavo libro dalla copertina rossa uguale agli altri; ma il piccolo logo, a destra in basso, è di una nuova casa editrice: L’asino d’oro. È dall’inizio del 2009 che la stampa e la radio e le televisioni hanno mostrato molto interesse per ciò che avevo scritto e detto, per cinquanta anni, in una ricerca continua sulla realtà della mente umana. Ed il 19 marzo la casa editrice ha distribuito il volume nuovo: il titolo è Fantasia di sparizione. RaiNews24 ha creato una bella trasmissione di realtà-verità. Poi, ad "Omnibus", sono stato messo a confronto con Rocco Buttiglione. Marco Pannella propone sempre le idee che scrissi cinquanta, quaranta, trenta, venti, dieci, tre, due, un anno fa. Lo ascolto ammirato e mi chiedo perché, dopo tanti anni di silenzio, si ode una voce che riesce ad essere nuova dopo aver gridato il diritto alla libertà per tutti gli esseri umani, per anni ed anni con una costanza straordinaria. E nel presente nuovo, forse come le ali di un’aquila risorta, si sono posate quelle due parole che echeggiarono quaranta anni fa, nel 1971, nelle stanze dove si aggiravano colti e sapienti: fantasia di sparizione. Ed alcuni colleghi ripeterono le due parole e le misero accanto ad una prassi di rivolta al gruppo che si autonomina psicoanalista freudiano. Non fecero però il nesso causale tra la teoria nuova e la speranza di potersi ribellare all’oppressione che l’impotenza a conoscere faceva, accecandoci sulla possibilità di scoprire quella vitalità che rende forte la spina dorsale che non si piega. Non videro che soltanto un pensiero nuovo poteva essere il fondamento di una realtà diversa nel rapporto interumano. E, dopo la ridicola reazione della società freudiana che li espulse dal training come fosse il tribunale dell’Inquisizione, si dispersero perché non avevano le idee che davano una identità nuova alla psichiatria. Le parole conosciute si erano trasformate e conoscenza non era più soltanto observatio et ratio, ovvero percepire la cosa e pensare, ma sentire gli affetti del proprio simile e non soltanto vederne il corpo ed il suo funzionamento. Si era aperta la possibilità di superare la mostruosa scissione tra una psichiatria che era soltanto neurologia ovvero medicina dell’organo cervello e psicoanalisi, che vidi sempre come strano fantasma che diceva di aver scoperto l’inconscio, dopo aver affermato che l’Es non si può conoscere. Restava la catarsi e l’abreazione di "traumi" dimenticati che, riportati al ricordo cosciente, sarebbero svaniti perdendo la loro virulenza che faceva nevrosi. Ma il ricordo liberatorio parlava soltanto di coscienza nella sua dinamica di ricordare e dimenticare, dinamica indispensabile per separarsi da una cosa e da una casa, da un rapporto per poi, nel tempo, ritrovarlo perché lo si riconosce perla percezione cosciente.
Dissi, nel lontano 1976, che il fondamento teorico della psicoanalisi freudiana era scritto da un imbecille. Poi denunciai più volte l’assenza di conoscenza che rivelava i vuoti mentali dell’autore. Ci furono reazioni cattive, insulti, calunnie da parte di alcuni che, paradossalmente pensai, avevano intuito la verità dalla scoperta della pulsione umana, e l’idea che diceva che il pensiero nasce dalla realtà biologica. E ancora e di più che c’è una differenza tra animale ed uomo perché l’essere umano ha, oltre il funzionamento neurologico che fa il ricordo cosciente, la memoria non cosciente dell’esperienza vissuta. La nascita dell’essere umano fa un’identità che è inettitudine del corpo; per più di un anno e più anni deve essere in rapporto con un altro essere umano, altrimenti muore dopo essere nato ed aver realizzato la sua identità umana. Il narcisismo della solitudine che contiene l’umano del pensiero, che non è parola articolata è, insieme alla parola vita, per quel poco tempo che è necessario, forse, alla capacità di immaginare di "sapere"; o "sentire" la conoscenza che è speranza-certezza che esiste un altro essere umano. Ovvero, per la logica che il neonato non ha, è necessario pensare che, per il bambino nato, esiste soltanto il rapporto interumano. E compare, neurologicamente, il riflesso alla suzione che lo fa vivere per più di un anno. Poi in modo sempre più indipendente, mastica i cibi, cammina, parla. E, forse, è lecito pensare alle parole, natura umana. Anche Marx disse "L’uomo è, per sua natura, essere sociale", anche se non si può dire, certamente, che abbia pensato alla nascita umana diversa da quella animale.
Ho detto di nuovo, spero con un periodare leggermente modificato perché migliorato nell’espressione verbale, i pensieri che parlano di una realtà umana che non era stata mai vista e pensata, e che ora viene definita Teoria della nascita umana. Ed, immediatamente, compare un’altra parola: intelligenza. Ed ecco che tornano le formiche che talvolta in tante insieme, talvolta in fila una dietro l’altra, non si fermano perché il polpastrello dell’indice, lasciata la penna, non riesce ad intimorirle. Voglio chiamarle per nome e, dopo cultura ed intelligenza vengono ragione, ricordi coscienti, percezioni della veglia, conoscenza, sapere… poi realtà umana, identità… Non penso nessuna parola per non confondere il rapporto della coscienza con il mondo, con il sogno in cui le formiche sono piccoli grilli parlanti, perché sembra che si siano trasformate. Ed essi rimproverano ed accusano la mente umana di averle usate soltanto per indicare le cose percepite dalla coscienza, nella veglia. Si lamentano di essere state svuotate dellaloropossibilitàdi avere un senso e dareun nome alle "cose" umane non conosciute; rimproverano ed accusano l’uomo di aver avuto l’angoscia del caos; di aver avuto la paura del buio se guardavano il pensiero del sonno che nascondeva l’animale che non era riuscito a diventare uomo razionale; di aver creduto alla pazzia distruttiva che porta alla morte, come fu per Aiace che uccideva le pecore credendo che fossero greci; anche Diomede si era suicidato.
Ma, forse, l’angoscia maggiore era la trasformazione della parola intelligenza che, cadendo nel mondo mentale senza coscienza, diventa fantasia, linguaggio delle immagini. E quando Marco Pettini scrisse che il pensiero irrazionale è più potente del pensiero razionale qualcosa, forse, tremò tra le lettere della parola identità. I revisionisti di sinistra hanno voluto distruggere la realtà di un comunismo razionale e, sull’onda del ‘68, diventarono irrazionali. Ma la fantasia al potere erano parole vuote. Non avevano scoperto il pensiero senza coscienza e riproposero le idee di Marcuse e Foucault, e non si resero conto che la prassi era quella di Cola di Rienzo e Masaniello e forse quella della presa della Bastiglia. Guardo e mi spaventa che, ora, il popolo sia contro la sinistra ed idealizzi Berlusconi. Scalfari che scrive "Meno male che c’è Fini" non riesce a consolarmi. Forse, purtroppo, non riesce neppure Feltrinelli che mi fa immaginare un ‘77-78 in cui Istinto di morte e conoscenza era tenuto sul banco vicino alla cassa, e la speranza era grande.
Ho visto ed udito il progetto politico di Rifondazione comunista e Partito dei comunisti italiani, e riemerge il ricordo di Angelino e Giorgio, i partigiani comunisti del tempo della guerra contro i nazifascisti. Ho visto anche il Partito democratico ma non l`ho udito perché non riesco a capire come i comunisti siano finiti alleati dei cattolici; ed infatti mi torna in mente il povero Welby paralizzato nel letto. Ho visto ed udito il congresso che ha fondato il Partito della libertà. Ho visto ed udito l’alleanza dei quattro, cinque, sei gruppi che si sono dati il logo Sinistra e libertà. Poi, forse è una ricreazione dell’infanzia, vedo il Partito della libertà come Octopus dalle otto braccia metalliche che stritolano e sogno che la sinistra possa essere punta da un ragno magico che darebbe ad essa una forza mille volte superiore al suo peso. Ma non ho visto né sentito Spiderman. Forse perché non parla. Ma un certo peso sullo stomaco non va via e penso che è perché ho urlato soltanto fantasia di sparizione e detto troppo piano: capacità di immaginare.