BOLOGNA. Un bambino venuto dal freddo sconfigge il tumore al seno della mamma. Che dopo esser guarita dalla malattia, ora è incinta di tre mesi. Una gravidanza possibile grazie agli ovociti congelati tre anni fa, subito dopo aver saputo del tumore al seno. Prima di sottoporsi all’ inevitabile chemioterapia, Alberta non ha voluto rinunciare alla speranza non soltanto di guarire dal tumore, ma anche – e soprattutto – di diventare madre. Quella stessa speranza che le ha permesso di fare la chemio con tutto un altro spirito.
Come ha dichiarato la stessa Alberta all’Ansa: “Vorrei comunicare a tutte le donne colpite dal cancro al seno come me, che davvero non bisogna arrendersi mai, perché può esserci sempre un futuro, come io stessa sto vivendo e sperimentando”. Alberta non è sola nella sua scelta. A Genova “altre tre donne entro i 39 anni” hanno gettato le basi per una scelta analoga. “Sono tre pazienti malate di tumore, che hanno fatto la scelta sia della crioconservazione, con gli ovociti congelati, sia della messa a riposo delle ovaie” spiega Lucia Del Mastro, oncologa, ricercatrice dell’Ist di Genova, da dov’è partita la ricerca per un’ altra tecnica che tutela la fertilità nelle malate di tumore: la cosiddetta “messa a riposo delle ovaie” tramite un farmaco.
“Le tre pazienti in cura all’Ist hanno scelto entrambe le tecniche. Per poter avere due alternative nel diventare madri,una volta debellato il tumore al seno. La signora di Bologna, invece, prima donna in Italia, ha optato per la crioconservazione degli ovociti”. Scelta che le ha fatto vivere in modo diverso e “positivo” persino un’ esperienza devastante come la malattia prima e la chemioterapia dopo.
“Mia madre aveva letto su Internet un articolo della dottoressa Eleonora Porcu sulla tecnica di crioconservazione degli ovuli. Così me ne ha parlato. E ho deciso di rivolgermi al Centro di fecondazione di Bologna” ha raccontato Alberta. Spiegando: “La scelta di congelare i miei ovuli ha rappresentato un modo diverso di affrontare la malattia che mi ha colpita. Diventava un percorso che aveva un obiettivo finale, quello di arrivare alla maternità. Per me è stata una scommessa da vincere”.
Com`è accaduto. Una volta guarita dal tumore al seno, ad Alberta sono stati reimpiantati i suoi ovociti
congelati. E da tre mesi è incinta. Anche se non è stato facile. Ne prima, nè durante.
“E’ stata sottoposta a una mastectomia allargata e a una chemio molto forte per un tumore al seno aggressivo. Precedentemente aveva crioconservato i suoi ovuli. Visto il tipo di cancro da cui era affetta, sensibile agli estrogeni – ha raccontato Elena Porcu, del Sant`Orsola d Malpighi di Bologna, illustrando il caso ai colleghi, a Palermo, durante il congresso della Società italiana di ginecologia e ostetricia – abbiamo utilizzato una tecnica particolare di stimolazione ovarica con un nuovo farmaco, il letrozolo, che consente il trattamento ormonale dellapaziente senza che gli stessi ormoni vadano ad alimentare il tumore. Recuperando e congelando 16 ovociti”.
A luglio, al Sant’ Orsola è stato fatto il passo successivo: la fecondazione assistita. E fra sei mesi, Alberta
dovrebbe diventare mamma. La prima che abbia avuto un tumore al seno,il più diffuso tra le donne.
Tre anni fa, un’ altra donna con un tumore alle ovaie era diventata madre con la stessa tecnica degli ovociti congelati. Una tecnica che certamente può consentire una maternità altrimenti impossibile, dopo un bombardamento com’ è quello della chemioterapia. Ma che non può essere utilizzata da tutte le donne, come spiegano anche i medici oncologi.
Che da pochi mesi stanno utilizzando anche la “messa a riposo delle ovaie, tramite un farmaco iniettato ogni quattro settimane”. Una tecnica assolutamente innovativa messa a segno dall’Ist di Genova, che ha “coordinato il lavoro di altri 16 istituti di eccellenza nella ricerca”.
Certo è che Alberta con quel suo bambino arrivato dal freddo non soltanto è riuscita a sconfiggere la malattia, ma ha potuto anche "vedere" un futuro nei momenti più bui e dolorosi del tumore al seno. Che in Italia, purtroppo, ha ancora numeri devastanti. Tra le 15 mila e le 26 mila donne ne sono colpite ogni anno.
© 2011 Associazione Luca Coscioni. Tutti i diritti riservati