Legge sul biotestamento addio? Nessuno lo dice apertamente ma la sensazione che il disegno di legge sul fine vita sia ormai definitivamente arenato nelle secche parlamentari, è forte. A parlare più chiaro di tutti è stata la deputata dell’Udc, scuola Opus Dei, Paola Binetti, per la quale il rinvio della discussione a giugno senza indicazione di una data precisa – deciso dalla Camera, assomiglia tanto "all’eutanasia della legge". L’effetto Milano, insomma colpisce – e per ora affonda – anche il provvedimento sul biotestamento, già caricato da migliaia di emendamenti, molti dei quali della stessa maggioranza. E pensare che il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, sostenitrice convinta della legge come il suo ministro Maurizio Sacconi, era convinta che questa volta si sarebbe tagliato il traguardo. Ma la maggioranza traballa, c’è chi entra e chi esce dall’Aula, chi non si fa trovare, i Responsabili che fluttuano; il rischio, dunque, era di andare sotto. E questa volta il colpo sarebbe stato duro e irricevibile per quei settori della gerarchia ecclesiastica e del mondo cattolico che sostengono il governo. Tanto più che il ballottaggio per Milano, sia pure con flebili speranze, è ancora aperto, le tensioni con Comunione e liberazione palpabili, così ci mancava solo di finire in minoranza su qualche emendamento in materia di "Dichiarazioni anticipate di trattamento": "sarebbe stata una catastrofe", aveva commentato il relatore del provvedimento Domenico Di Viriglio. Tuttavia fra le promesse mancate del premier si conta ora anche questo mezzo naufragio sul fine vita. Lo pensano alla Cei, dove si rendono conto che se il voto del secondo turno delle amministrative dovesse confermare la prima tornata, le sicurezze numeriche in Parlamento diventeranno una chimera, tanto più su materie non per forza vincolanti per il governo e invece perfette per operare distinguo e prese di distanza. "Sarà molto difficile che si arrivi all’approvazione di una legge" dicono dagli uffici della conferenza episcopale. Il disagio cattolico è forte e ancora una volta si punta il dito contro la campagna elettorale di Berlusconi che ha creato un clima nel quale è impossibile che maggioranza e opposizioni convergano su qualche tema comune. Marco Tarquinio, direttore del giornale dei vescovi Avvenire, aveva spiegato criticamente alla Radio Vaticana che il giudizio sul voto non poteva prescindere dal referendum indetto dal Cavaliere su se stesso. E pensare che dal Vaticano non era mai partito un colpo definitivo contro il premier in questi mesi perché, in fondo, si sperava di portare a casa almeno una legge su testamento biologico che ribaltasse la sentenza dei giudici sul caso Englaro. All’indomani della morte di Eluana, il 9 febbraio del 2009, il centrodestra e buona parte della Chiesa insorsero contro la magistratura. Il governo, quindi, s’impegnò ad approvare in tempi rapidissimi una legge che facesse giustizia.
Nulla di tutto questo è avvenuto. Anzi. La legge fortemente restrittiva sulle volontà del paziente pensata dal Pdl, è diventata un immenso pasticcio che non piace nemmeno a molti nel centrodestra. Poi, quando è saltata anche la "cricca" dei grandi eventi affidati alla Protezione civile e finanziati senza risparmio – di cui la Santa Sede godeva ampiamente – tutta una strategia di alleanza e di reciproco sostengo fra governo e Vaticano è andata in pezzi. Il biotestamento era l’ultima roccaforte, e ora la sua sorte appare segnata.