Gli occhi miracolosi

Il Foglio

Miracoli della fede o miracoli della scienza? Il dilemma è aperto, forse irrisolvibile. La settimana scorsa avevo scritto sulla mutabilità, sulla disponibilità della scienza a cambiare, ad aprire prospettive sempre nuove all`uomo (e ai suoi bisogni). Passa neppure una settimana e mi arriva una conferma davvero sensazionale. Conosciamo tutti santa Lucia, la santa gelosamente venerata a Siracusa. Sembra accertata la verità storica della sua esistenza e del martirio, subìto sotto Diocleziano. Denunciata alle autorità come cristiana dal suo pretendente, dopo che si era rifiutata all`idea del matrimonio votandosi a Cristo in ringraziamento per la guarigione della madre, fu sottoposta a un arduo processo in cui si difese con coraggio. Venne però condannata a morte. Per alcune fonti fu decapitata, secondo altre fu "iugulata", cioè sgozzata. Lucia è comunemente oggetto di una speciale venerazione, dovuta a una diffusa, ma probabilmente falsa, credenza, secondo la quale la fanciulla si strappò gli occhi. Nelle immagini devozionali, la santa regge in mano un piatto con sopra due bulbi oculari. E` insomma la miracolosa protettrice della vista. Questo culto trae probabilmente origine dal suo nome, che ha la stessa radice del termine "luce".

Dante, nella "Divina Commedia", professa una particolare venerazione per questo aspetto di santa Lucia. Il miracolo attestato dalla chiesa potrebbe ora essere cancellato, diventare un residuo senza significato o valore. La stampa ci informa, con il dovuto rilievo, che in Giappone uno scienziato ha creato in laboratorio un abbozzo di occhio di topo, potenziale punto di partenza per la fabbricazione di parti di ricambio dell`organo della vista, da utilizzare per la cura di malattie degenerative come la retinite pigmentosa. Tutto bene? Applaudiremo? Invece no. Occorre cautela, i due quasi-occhi sono stati creati a partire da cellule staminali embrionali. Si capisce cosa il dettaglio possa significare, è sempre accesissimo il dibattito sulla opportunità o meno dell`utilizzo di cellule provenienti da embrioni umani.

Il Vaticano, per bocca del presidente emerito della Pontificia accademia per la vita, il cardinale Elio Sgreccia, ha immediatamente posto il veto all`esperimento: "La ricerca non deve usare cellule staminali embrionali, perché ciò comporta la distruzione dell`embrione". Comprensibile, e ovvio, il no della chiesa, ma penso che sia destinato a cadere nel vuoto. La prospettiva aperta dalla scoperta giapponese è troppo allettante perché la si possa rifiutare. Non c`è scampo, la ricerca continuerà ad andare avanti con l`impiego delle famigerate embrionali: quanto meno, al di là delle Alpi. E c`è di più, a sollecitare questa apertura. L`esperimento dimostra che dalle embrionali si possono ottenere con relativa facilità non solo cellule differenziate, ma tessuti complessi. Quei ricercatori hanno appurato che il processo avviene senza "guida" esterna. Fino a ieri, mini-organi in provetta erano già stati ottenuti, ma sempre utilizzando apposite strutture, naturali o artificiali, su cui impiantare e far moltiplicare le cellule: in America, in tre centri diversi, sono stati ottenuti per questa via un polmone di. topo, un fegato e un intestino.

Come sia accaduto il "miracolo" giapponese, gli scienziati stessi non sanno spiegarselo. Di sicuro non penseranno che si tratti di un miracolo di natura religiosa, per loro quanto si è verificato nelle provette è difficile da spiegare ma rientra nel novero degli eventi naturali. Né vale, a sostegno del divieto del cardinale Sgreccia, la contemporanea notizia che in Italia, a Milano, si sono sperimentate positivamente staminali provenienti da midollo osseo per il trattamento della paralisi sopranucleare progressiva. La scoperta è stata compiuta a Milano, quindi utilizzando staminali non embrionali. Basterà il testa a testa tra i due metodi per bloccare lo sviluppo delle ricerche giapponesi? Temo di no.

Relativismo che si aggiunge a relativismo Stephen Hawking, il noto scienziato inglese ricevuto non molto tempo fa in Vaticano da Benedetto XVI, oggi afferma che, per spiegare e capire cosa sia e come funzioni l`universo, non ci si deve necessariamente affidare a un`unica teoria, fosse pure quella del "big bang"; sarà opportuno far ricorso a più teorie, o schemi, o modelli, scegliendo l`uno o l`altro secondo le circostanze e le necessità. Hawking espone qui la cosiddetta "teoria W. Per meglio dire: non si tratta di "una" teoria, ma di un insieme di teorie diverse, ciascuna valida per darci una specifica, parziale "rappresentazione" dell`universo, un po` a "patchwork". Relativismo che si aggiunge al relativismo. Fede e filosofia sono dunque ferrivecchi inutilizzabili, da buttare via? Difficile rispondere, lo stesso Hawkins conclude che, per capire i fenomeni naturali, occorre interrogarsi non solo su come essi si producano ma anche sul "perché": "Perché c`è qualcosa invece di nulla? Perché esistiamo? Perché questo particolare insieme di leggi e non qualche altro? …"

Possiamo anche rifiutare i miracoli di santa Lucia, ma il dibattito tra fede e ragione (o scienza) è destinato a prolungarsi a lungo.

 

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