Dai prossimi mesi l’ospedale di Perugia, in sintonia con la regione, sta considerando l’ipotesi di non "dispensare" più alcune tipologie di farmaci particolarmente innovativi e ad alto costo, dedicati al trattamento di malattie come il cancro o la sclerosi multipla, ai pazienti che hanno la residenza sanitaria in altre regioni.
E’ quanto ha detto in un’intervista a TO il direttore sanitario dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia Giuseppe Ambrosio , facendo chiarezza su alcune recenti polemiche che ipotizzavano che la regione avesse intenzione di negare le cure ai pazienti campani.
La vicenda ha inizio i primi giorni dell’anno, con un’interrogazione parlamentare della deputata radicale Maria Antonietta Farina Coscioni, copresidente dell’associazione Luca Coscioni, che denunciava il caso di una paziente di Salerno cui l’ospedale perugino aveva "negato la prosecuzione del trattamento chemioterapico" a causa di un dissidio finanziario tra la regione Umbria e la Campania. Nell’interrogazione, la deputata annunciava e chiedeva conto dell’imminente creazione di una "black list" di pazienti campani, cui le strutture umbre avrebbero negato le cure.
"Si tratta di due questioni separate", ha chiarito Ambrosi, che ha smentito in modo assoluto la vicenda della paziente di Salerno. "La paziente in questione era in cura da tempo. – ha detto il direttore sanitario – Si è deciso di non ricorrere alla chemioterapia perché si riteneva opportuno valutare piuttosto la radioterapia, sulla base di esigenze cliniche". Sulla presunta "black list" rivolta ai pazienti campani, Ambrosio ha fatto un sostanziale chiarimento, precisando il vero progetto dell’ospedale.
"Il trattamento e le cure necessarie continueranno ad essere garantite a tutti gratuitamente, compresa la somministrazione di farmaci in ospedale", ha detto Ambrosi. "Per quanto riguarda la ‘dispensazione’, ovvero il conferimento di farmaci per uso domestico, si sta valutando se, sulla base di quanto fatto da altre regioni come la Toscana, questo possa essere effettuato dalle farmacie delle rispettive regioni".
I farmaci in questione, ha spiegato il direttore sanitario, sono dedicati alla terapia domestica o al post-trattamento in ospedale per un numero circoscritto di malattie, come "ad esempio trattamenti coadiuvanti che seguono alcuni interventi oncologici, oppure farmaci per alcune malattie come la sclerosi multipla".
Quello in cantiere è dunque un provvedimento destinato a chi da altre regioni viene in cura nei centri specialistici del capoluogo umbro. Questi pazienti, che prima potevano prelevare i farmaci nella farmacia ospedaliera di Perugia, dovranno adesso rivolgersi alle rispettive strutture di origine.
Essendo la politica sanitaria – e la spesa, compresa quella farmaceutica – di esclusiva competenza delle regioni e dei loro bilanci, il motivo apparente di un simile provvedimento poteva essere l’insolvenza delle altre regioni nel rimborsare il costo dei farmaci dispensati ai propri cittadini. Questa circostanza è però smentita da Riccardo Brugnetta, dirigente alla programmazione economica della Sanità in Umbria: "La spesa farmaceutica della regione viene compensata attraverso i fondi nazionali che vengono erogati con cadenza annuale", spiega Brugnetta. "Non c’è pertanto un possibile problema di insolvenza da parte delle altre regioni, in quanto le spese vengono rimborsate attraverso una diversa ripartizione dei fondi nazionali annuali".
Secondo Brugnetta, l’unico motivo alla base di un provvedimento simile "potrebbe essere un problema di cassa, in quanto i soldi stanziati vengono restituiti l’anno successivo. Per cui se c’è un forte attivo di pazienti di altre regioni che si curano in Umbria, potrebbe esserci un problema finanziario per l’ingente somma da anticipare". Un problema finanziario che in questo modo verrebbe lasciato in gestione ai bilanci delle altre regioni.
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