Cini, il «vendicatore» di Galileo: criticai pure il Pci

ROMA – L’ombra di Galileo attendeva da quattro secoli il professor Marcello Cini che la vendicasse. Almeno, il professor Cini ne sembra convinto. «Sin dai tempi di Cartesio si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l’Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico de La Sapienza sarebbe considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo…».
Il professor Cini non è solo l’artefice della lettera aperta dello scorso 14 novembre, che ha innescato l’incidente più serio con il Vaticano da tempo immemorabile. E’ uno dei grandi vecchi (84 anni, quattro più del suo avversario Ratzinger) della cultura italiana. Fin da quando, oltre mezzo secolo fa, Edoardo Amaldi, Enrico Persico e Giorgio Salvini – vale a dire, la Fisica – lo chiamarono a insegnare proprio alla Sapienza. «Cattivo maestro » si definisce (riprendendo un’invettiva di Giorgio Bocca) nel titolo della propria autobiografia intellettuale, pubblicata nel 2001 da Bollati Boringhieri. Ma si capisce bene che scherza e, in fondo, si stima. «Non posso fare a meno di domandarmi se non mi sono troppo spesso identificato con Charlie Brown quando confessa: odio la gente, ma amo l’umanità!», ha scritto di sé. Di Ratzinger, invece: «Ci vuole un bel coraggio a nascondere sotto lo zerbino le crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell’Inquisizione… ».