<b>29 Ottobre 2003</b> – La Santa Sede ribadisce il suo "no" più netto alla clonazione umana. Un "no" che include, naturalmente, anche quella di embrioni per la ricerca. La posizione della Chiesa è stata illustrata al Palazzo di Vetro dall'osservatore permanente presso l'Onu, monsignor Celestino Migliore.
Il vescovo, intervenendo al VI Comitato della 58ª Assemblea generale, ha ricordato che la «clonazione comporta gravissimi pericoli per la dignità umana e deve, pertanto, essere sottomessa ad accordi internazionali che regolino tutti gli aspetti della questione». In particolare il rappresentante diplomatico vaticano ha chiesto che venga proibita la clonazione di embrioni destinati alla ricerca scientifica. Se questa pratica contravviene la legge naturale, a maggior ragione ciò avviene nel caso di ovuli fecondati al solo scopo di fornire "materiale" ai laboratori scientifici. «Un embrione clonato che non è destinato all'impianto nel grembo materno – ha argomentato monsignor Migliore – ed è creato al solo scopo di ricavarne cellule staminali e altri tessuti, è condannato ad una premeditata distruzione».
Il vescovo ha anche ricordato che «la missione fondamentale delle Nazioni Unite è quella di difendere i diritti umani». Quindi «se l'Onu metterà al bando la clonazione riproduttiva, senza vietare quella finalizzata alla ricerca, questo fatto implicherebbe per la prima volta la legittimazione di un fatto straordinario: la creazione di esseri umani con l'espresso scopo di distruggerli». E questa, ha concluso l'osservatore permanente della Santa Sede, comporterebbe un vulnus nel principio dell'universalità dei diritti dell'uomo.
Diritti che devono essere garantiti anche ai bambini. In un altro intervento, sempre nell'ambito dell'Assemblea generale dell'Onu, monsignor Migliore ha ricordato che «ancora oggi innumerevoli bambini sono esposti a danni e abusi che compromettono la loro crescita e sviluppo». «Undici milioni di piccoli muoiono ogni giorno prima di aver compiuto 5 anni» a causa di malattie, guerre, fame, aids. Eppure basterebbe poco per arginare questa piaga. Il primo rimedio, ha concluso il vescovo, è la promozione della famiglia con adeguate politiche e leggi dello Stato. Perché «proteggere la famiglia significa proteggere i bambini».
<i>di Mimmo Muolo </i>