Arresti e violenze al Gay Pride che Mosca non vuole

Nella capitale russa gioco a nascondino con la polizia alla manifestazione, vietata, dell’orgoglio omosessuale. Poi l’intervento delle forze speciali: 83 i fermati 

Più kitch Eurovision del gay pride, che a Mosca non si declina nel solito evento allegro e colorato, drag queen e boa dì struzzo inclusi, ma in arresti. Quasi un centinaio. Nella capitale russa quella per l’orgoglio omosessuale è soprattutto una manifestazione per i diritti civili. Non autorizzata, ma convocata comunque ieri di proposito nel giorno della finale di Eurovision, ha così centrato comunque l’obiettivo di attirare l’attenzione delle centinaia di giornalisti in città per il festival del trash musicale.

Il bilancio è di 83 fermati, inclusi l’organizzatore della parata Nikolai Alekseev e almeno due stranieri, l’attivista dei diritti gay britannico Peter Tatchell e lo statunitense Andy Thayer. Fermata anche Irina Fiet, la pasionaria che assieme alla compagna il 12 maggio aveva tentato senza successo di registrare il primo matrimonio lesbico in Russia. Strategie. Il gay pride in salsa slava (perché coinvolti anche attivisti della Bielorussia) era stato annunciato per le 13 locali nella piazza centrale di Mosca intitolata a Pushkin. Un po’ prima si è tenuto invece altrove, nella meno centrale Collina dei passeri (Vorobiovi gori) a ridosso della famosa università moscovita Lomonosov, nel tentativo degli organizzatori di evitare i vari esponenti delle destre intenzionati a fermarli a suon di botte. Non appena hanno intonato cori e slogan dell’orgoglio gay («non c`è libertà per i gay in Russia», ha detto Tatchel portato via dagli agenti) le forze della polizia e delle teste di cuoio, i tristemente noti "Omon", sono intervenuti fermando qui 51 persone. Intanto in piazza Pushkinskaia, l’arena più centrale dov’era atteso "ufficialmente" il gay pride, centinaia di agenti e uomini delle forze speciali erano impegnati a impedire ogni possibilità d’assembramento, bloccando le vie d’accesso ai giardini al centro della piazza, e disperdendo i presenti anche a spintoni. Qui, oltre agli attivisti omosessuali che di fatto non hanno mai iniziato a sfilare, si sono presentati puntuali all’una gli ultraortodossi, che avevano promesso di fermare in ogni modo questa «riunione di sodomiti» (in otto, subito fermati). Presenti a decine i nazionalisti, lasciati abbastanza indisturbati dalle forze dell’ordine. I fermi qui sono stati alla fine 32. L’omosessualità non è più un reato in Russia dal 1993 e solo dal 1999 non viene considerata una malattia mentale, ma l’omofobia è ancora piuttosto diffusa. Lo stesso sindaco di Mosca, luci Luzhkov, negando il permesso al gay pride, ha definito le parate omosessuali «opera di Satana» e «armi di distruzione di massa». Gli organizzatori della parata, negata anche negli ultimi tre anni, sostengono però che il diritto a marce pacifiche e la libertà di associazione sono garantiti dalla costituzione russa e dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo. Oggi poi è la giornata internazionale della lotta all’omofobia. Sulla vicenda è intervenuto Marco Cappato (radicali) chiedendo al premier Silvio Berlusconi, ieri a Mosca per una visita ufficiale, di «cogliere l’occasione per spendere una parola per una volta sui diritti umani, civili e politici dei cittadini russi». A guardare dentro casa, invece, è stato il senatore radicale Marco Perduca che ieri a Roma in piazza San Giovanni in Laterano ha sottolineato come anche l’italia «nega le piazze agli omosessuali. La destra conservatrice e reazionaria -ha aggiunto- prende ordini dal Vaticano e non bisogna meravigliarsi che piazza San Giovanni non sia stata concessa per il secondo anno consecutivo al Gaypride».