Alla fiera del 5 per mille

A. Barbera, F. Sansa

5 x 1000Dalle Guardie Padane agli Schützen, 46 mila enti a caccia dl fondi pubblici
«Togliamo i fucili agli Schützen», tuonava l’11 maggio Franco Frattini per segnalare la risorgente tentazione nazionalista dei sudtirolesi. Chissà se era al corrente che lo stesso giorno l’Agenzia delle Entrate emanava la circolare degli iscritti a beneficiare del cinque per mille:

fra i 46.318 aspiranti alla crocetta sulla dichiarazione dei redditi del 2008 ci sono anche loro. L’Italia, si sa, è il Paese dei volontari. Ma la lista del cinque per mille è la fotografia di un arcipelago forse troppo vasto. Dalle associazioni note per l’impegno nella ricerca scientifica, ad altre del tutto sconosciute.

Dai gruppi di volontariato che ci ricordano tutte le facce della sofferenza, a scuole, Comuni e Regioni a caccia delle risorse che languono. «Da quando è stato introdotto in via sperimentale nel 2005, il cinque per mille ha subito diverse mutazioni», dice Stefano Zamagni, presidente dell’agenzia governativa per le onlus. «E talvolta il legislatore ha ceduto alle spinte lobbistiche di chi voleva far rientrare questa o quella categoria». Ad esempio le associazioni sportive: l’anno scorso, dopo aver constatato la presenza di gruppi sconosciuti al di fuori dei condomini, la lista è stata limitata a quelle «riconosciute dal Coni». Per incanto sono spariti più di 31 mila soggetti. Oggi, a fianco dell’Associazione per la ricerca sul cancro, sfilano anche le Guardie Padane, già additate come braccio armato di un progetto separatista. «Adesso fanno anche volontariato», spiega con tono garbato Mario Borghezio: «Pensiamo agli altri, interveniamo nei Paesi dove avvengono calamità. Nella lista ci sono anche due associazioni di volontariato padano a noi affini, gente che ha costruito ospedali in Africa». Se si amano i luoghi esotici, e all`aiuto agli umani si preferisce quello per gli animali, si potrà dare un contributo a «Tiger Experience», associazione che si dedica alla tutela dei grandi felini. Il «no profit» non dimentica nessuna battaglia, nessuna passione.

Ambientalisti e cacciatori, bande e filarmoniche, amanti di auto, moto, badmington, bocce, boccette, vela. Perfino arcieri e sbandieratori, per chi ama la tradizione, o gli appassionati del più moderno freestyle. C’è chi si affida a nomi latini, e chi sceglie espressioni meno poetiche: «Associazione basta merda in mare» di Rimini. Anche loro, se scelti, avranno qualche spicciolo dei 380 milioni messi a disposizione dallo Stato. Se non fosse per la presenza di qualche fondazione vicina alla politica (una su tutte «Italiani Europei» di Massimo D’Alema) fra i 46.138 salta all’occhio una sola assenza: quella dei partiti. Il legislatore provò a introdurre una causale nelle dichiarazioni del 1997, ma la sperimentazione andò malissimo. Ora un progetto di legge bipartisan dovrebbe rendere definitivo l’istituto del cinque per mille e fare ordine nella materia. Ma, dice Bruno Tabacci dell’Udc, «sul tema vedo il governo piuttosto distratto». E comunque, aggiunge Emanuele Forlani dell’intergruppo per la sussidiarietà, «bisognerà metter mano anche alla normativa sul terzo settore, perché dietro al concetto di pubblica utilità si può celare chiunque». Alessandro Capriccioli dell’Associazione Luca Coscioni punta invece il dito verso le norme che regolano le Onlus: «Basta uno Statuto ben fatto et voilà». Il contributo è servito.