Aborto, il Tar ferma la Lombardia

di A. Sacchi

MILANO – Lombardia, dietrofront – obbligato – sull’aborto terapeutico. La Regione fissa limiti più restrittivi sull’interruzione di gravidanza? Il Tar li sospende. È successo così ieri, con il tribunale amministrativo lombardo che ha accolto la richiesta di sospensiva delle linee guida di applicazione della legge 194 presentata dalla Cgil e da un gruppo di medici. Si torna al passato. Con una vittoria per il sindacato e una doccia fredda per il presidente della Regione, Roberto Formigoni. Che, però, non si dà per vinto: «Siamo pronti a ricorrere al Consiglio di Stato. E a chiedere la sospensiva della sospensiva».

Storia di una vicenda al centro di polemiche, scontri politici, dibattiti. Ricapitolando: a gennaio la Regione Lombardia stabilisce nuove linee guida della 194. In pratica, l’aborto terapeutico non è più consentito oltre le 22 settimane e tre giorni. L’atto abbassa così di 11 giorni il limite di 24 settimane generalmente accettato dai medici. L’indicazione viene avanzata da un comitato scientifico e di fatto si adegua al codice di autoregolamentazione in vigore nella clinica milanese Mangiagalli dal 2004.

A quel punto la Cgil si rivolge al Tar della Lombardia con una richiesta di sospensiva, accolta ieri. «Questa sentenza – spiega Susanna Camusso, segretario generale della Cgil lombarda – restituisce la libertà dei medici e delle donne. È un importantissimo risultato che ripristina l’unicità della 194 su tutto il territorio nazionale».

Gelo in Regione. Il primo a reagire è l’assessore alla Sanità, Luciano Bresciani: «Apprendiamo la notizia dal sito internet del Tar. Avremmo gradito che una comunicazione di questo tipo fosse accompagnata dalle motivazioni, per evitare polemiche ideologiche su un tema così delicato». Poi l’intervento del presidente Formigoni: «Questo fatto è sorprendente nelle modalità: la notizia arriva via Internet di venerdì pomeriggio senza motivazioni. Speriamo di leggerle lune dì mattina». La contromossa è già pronta. «Le linee guida erano fissate con un decreto del direttore generale dell’assessorato. Se il problema è quello, se c’è un vizio di forma, convocheremo una giunta lunedì. Altrimenti ricorreremo al Consiglio di Stato. Voglio ricordarlo: queste decisioni erano state prese a tutela delle donne».

«Adeguarsi alla legge nazionale». Esulta l’associazione Coscioni: «Ancora una volta serve un giudice per fermare le indebite ingerenze ideologiche imposte attraverso provvedimenti normativi gerarchicamente inferiori alla legge». Il ginecologo abortista Silvio Viale commenta: «Non avevo dubbi che la Cgil avrebbe vinto: la Lombardia da tempo tende a tirare l’elastico sulla 194».