Lunedì 9 novembre 2010 abbiamo notificato al comune di Rimini il ricorso al Registro comunale dei testamenti biologici.
Nel ricorso chiediamo l’annullamento di due punti specifici:
A) L’obbligo di inserire nella busta contenente il testamente solamente il modulo proposto dalla amministrazione;
B) Il modulo precompilato imposto dalla amministrazione.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L’EMILIA ROMAGNA
Sede di Bologna
Ricorso
Proposto da: Associazione Luca Coscioni, con sede in Roma alla via Torre Argentina, 76 (c.f. 97283890586),in persona del suo rappresentante Sig. Ivan Innocenti, residente in Rimini alla via Mosca 60/A (c.f. NNCVNI66L25H294B), giusto delega notarile del Presidente pro tempore Sig. Marco Cappato, redatta presso il Notaio Dott. Paolo Lovisetti di Milano in data 03.11.2010 ed allegata al presente ricorso (All. 5); UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti,con sede in Roma alla via Ostiense, 89(P.I. 03430250286, c.f. 92051440284), in persona del suo legale rappresentante Sig. Carcano Raffaele (c.f. CRCRFL66H04E801I); Sig. Arrigo Bonnes residente in Rimini alla via Trento, 63 (c.f. BNNRRG43H10L424); Sig.ra Celati Meris Rosella, residente in Rimini alla via Sacramora 73/B (c.f. CLTMSR52C69H294S), rappresentati e difesi, come da mandato in calce al presente ricorso dall’Avv. Massimo Manduchi del Foro di Rimini ed elettivamente domiciliati presso e nello studio dell’Avv. Santiago Arguello, sito in Bologna alla via S. Stefano, 43.
Contro
COMUNE DI RIMINI nella persona del suo Sindaco pro tempore
Per l’annullamento
– della delibera di Giunta Comunale n. 261 del 27.07.2010 pubblicata in data 28.07.2010, avente ad oggetto: Testamento Biologico. Approvazione del modello e del disciplinare per la tenuta del registro dei Testamenti Biologici e istituzione del registro (All. 1);
– del modello di Testamento Biologico allegato alla delibera stessa (All 2);
– del disciplinare per la tenuta del registro dei Testamenti Biologici (All. 3);
– di ogni altro atto antecedente, conseguente, preordinato e comunque connesso.
FATTO
In data 21.01.2010 il Consiglio Comunale di Rimini con delibera N. 8 (All. 4), approvava la Mozione inerente il “Testamento Biologico”, presentata dal consigliere comunale Sig. Fabio Pazzaglia in data 02.04.2009.
Detta mozione veniva approvata a maggioranza del Consiglio Comunale e disponeva di impegnare Sindaco e Giunta Comunale: “1 – a predisporre un modulo che raccolga le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti di natura medica, nel quale ogni cittadino interessato possa esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari sia in caso di malattia o lesione celebrale irreversibile o invalidante sia in caso di malattia che costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione;
2 – ad istituire un registro telematico che raccolga le dichiarazioni e a definirne il regolamento d’accesso;
3 – a trasmettere periodicamente le dichiarazioni raccolte ai Soggetti Istituzionali
delegati per legge alla pubblicizzazione, nelle more dell’entrata in vigore di una normativa nazionale che regolamenti la materia….”
Successivamente in data 27.07.2010, con delibera di Giunta Comunale N. 261 veniva disposto: “di approvare:
- il modello di presentazione del Testamento Biologico nel quale il dichiarante potrà esprimere le proprie dichiarazioni (allegato A);
- il modello di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà a cura del dichiarante testamentario (allegato B);
- il modello di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà a cura del fiduciario, del supplente del fiduciario e del testimone (allegato C);
1) di istituire un registro cartaceo dei Testamenti Biologici, per la raccolta e conservazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario;
2) di stabilire che il registro istituito al punto precedente sarà funzionante e operativo dal 15 settembre 2010 e che da tale data potranno essere depositati i testamenti biologici di cui al punto 1;
3) di approvare il disciplinare per la tenuta del registro dei Testamenti Biologici (allegato D);
4) di approvare l’opuscolo informativo/vademecum (allegato E);
5) di individuare:
– nell’Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.) il servizio addetto alla prima accoglienza, ovvero a fornire ogni utile informazione ai cittadini ai fini dell’iscrizione nel registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario;
– nel Settore Demografico, il servizio preposto alla raccolta e conservazione delle dichiarazioni medesime e della tenuta e gestione del registro dei Testamenti Biologici; …”.
A seguito dell’approvazione di detta delibera di Giunta Comunale, dal 15.09.2010 veniva istituito, presso gli uffici comunali preposti, il servizio di raccolta e conservazione dei Testamenti Biologici.
Avverso detta delibera di Giunta Comunale, nonché del modello di presentazione del Testamento Biologico che ne costituisce parte integrante e dei modelli di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, anch’essi facenti parte integrante della delibera di Giunta Comunale, nonché del disciplinare per la tenuta del registro dei Testamenti biologici; l’Associazione Luca Coscioni, in persona del suo legale rappresentante, giusto delega notarile allegata, Sig. Ivan Innocenti; l’UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, in persona del suo legale rappresentante Sig. Carcano Raffaele; il Sig. Arrigo Bonnes; la Sig. Celati Meris Rosella, propongono ricorso per i seguenti motivi in
DIRITTO
1) Violazione di legge per violazione Artt. 2, 13 e 32 Cost.; violazione Art. 3 L. 241/90; violazione Art. 35 del Codice di Deontologia Medica del 2006; violazione della Convenzione sui Diritti dell’Uomo (Oviedo 4 aprile 1997) ratificata in Italia con la L. 145/2001; violazione Art. 3 Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell’Uomo (Nizza 4 dicembre 2000).
Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e manifesta contraddittorietà ed illogicità dell’atto amministrativo.
La delibera di Giunta Comunale comprensiva degli allegati moduli risulta palesemente illegittima in quanto viola i fondamentali principi costituzionali che garantiscono i diritti inviolabili dell’uomo.
In particolare risulta violato quel principio costituzionale che sancisce l’inviolabilità della libertà personale (Art. 13 Cost.), nonché quel principio fondamentale relativo alla tutela della salute ma soprattutto, al divieto di imporre determinati trattamenti sanitari a tutela dei limiti imposti dal rispetto della persona umana (Art. 32 Cost.).
Ad oggi può ritenersi principio univoco, in ambito giurisprudenziale, che il diritto dell’individuo a decidere della salvaguardia della sua integrità psico-fisica sia diritto primario e assoluto, espressione di quella libertà personale inviolabile, consacrata all’art. 13 Cost., riconosciuta e garantita come diritto inviolabile dell’uomo all’art. 2 Cost.
Dette norme costituzionali, lette in rapporto di profonda correlazione tra loro, assumono un duplice significato: non solo la salute, intesa come benessere psico-fisico dell’individuo, diviene un predicato imprescindibile della persona, immediatamente tutelabile; ma viene assicurata la pienezza del diritto alla salute pure nella sua dimensione negativa, come diritto a non essere sottoposti a trattamenti contrari alla propria volontà.
Ciò anche in osservanza delle significative norme di carattere sovranazionale quali la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina (Oviedo 4 aprile 1997), ratificata in Italia con la L. 145/2001 che sancisce l’impossibilità di procedere a interventi terapeutici in assenza del consenso dell’interessato, ovvero la Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell’Uomo (Nizza 4 dicembre 2000), che all’art. 3 sancisce in ambito medico-biologico il doveroso rispetto del consenso libero e informato della persona interessata.
Il rispetto dovuto in ogni caso alla dignità della persona umana si manifesta anche nel rispetto della inviolabilità della sfera fisica dell’individuo in relazione a trattamenti terapeutici di qualsiasi tipo.
Nel caso di specie il modello di presentazione del Testamento Biologico, approvato con delibera di Giunta, risulta palesemente in violazione di detti principi normativi fondamentali; lo stesso, infatti, non permette al soggetto beneficiario (testatore) di disporre liberamente le proprie volontà in tema di trattamento sanitario.
Riporta, infatti, detto modulo, semplicemente una formula standard di dichiarazione approvata dalla P.A. e che recita come segue: “ Nel pieno delle mie facoltà mentali ed in totale libertà di scelta dispongo quanto segue: nel caso che io non possa più formare o manifestare la mia volontà, su di me non devono essere prese misure di prolungamento della vita, se secondo scienza e coscienza medica viene verificato che qualsiasi misura di sostegno vitale sarebbe senza prospettiva di miglioramento e prolungherebbe soltanto la mia agonia. L’accompagnamento e il trattamento medico, così come l’assistenza scrupolosa devono essere in questi casi rivolti ad alleviare disturbi, come per es. dolori, agitazione, ansia, difficoltà respiratorie o nausea, anche se non sia da escludersi che la necessaria terapia del dolore possa abbreviare la vita”.
Detta formula standard che non lascia spazio alla libera determinazione, risulta in palese violazione di legge, nonché rileva un eccesso di potere da parte della P.A. per manifesta ingiustizia del provvedimento adottato, in relazione alle norme fondamentali del nostro ordinamento ed a quelle sovranazionali di riferimento.
Assoluto rispetto va riconosciuto alla libera volontà del soggetto di non protrarre con modalità artificiali una condizione di esistenza che naturalmente avrebbe già avuto fine e che lo stesso ha ritenuto e ritiene di accettare sino a che una perdurante coscienza psichica sia per lui componente essenziale del suo concetto di salute psico-fisica.
Il diritto di ciascuno di disporre della propria salute e della propria integrità psico-fisica, ricomprende il diritto di rifiutare le cure mediche, lasciando che la malattia, in assenza di interventi sanitari, segua il suo corso sino alle estreme conseguenze; e ciò a prescindere da una non meglio precisata “scienza e coscienza medica”,così come riportato nell’illegittima formula standard redatta dalla P.A. e che inevitabilmente è tesa a rimettere nelle mani del medico qualunque decisione in merito.
Una siffatta discrezionalità di scelta, lasciata in capo al medico, risulta essere, viepiù, in violazione di quanto disposto dall’articolo 35 del Codice di Deontologia Medica del 2006, il quale afferma che "in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona"; detto principio non fa altro che dettare parametri di condotta per la categoria professionale, in linea con la produzione normativa di rango superiore.
La formula standard, proposta nella delibera impugnata, può determinare conseguenze aberranti e contrastanti col principio costituzionale di eguaglianza.
Basti considerare che il paziente, di propria volontà, può manifestare dissenso ad una trasfusione ematica, ad un prelievo di derma, ad una terapia antibiotica, ad una dialisi ed il medico deve attenersi alla volontà così espressa in difetto di consenso; viceversa, per il paziente divenuto incapace di intendere e volere, il quale abbia preventivamene espresso identico dissenso mediante Testamento Biologico, tale manifestazione di volontà risulterebbe, invece, inefficace e non vincolante per il medico.
In tal modo, la scelta terapeutica verrebbe trasferita al di fuori dell’alveo di competenza del paziente, dal momento che, a decidere della tutela della sua salute e della sua vita, sarebbe chiamato appunto il sanitario, gravato di improprie, oltre che di gravissime responsabilità.
In tal modo, la scelta terapeutica verrebbe trasferita al di fuori dell’alveo di competenza del paziente, dal momento che, a decidere della tutela della sua salute e della sua vita, sarebbe chiamato appunto il sanitario, gravato di improprie, oltre che di gravissime responsabilità.
Per giurisprudenza costante: “In presenza di una determinazione autentica e genuina dell’interessato nel senso del rifiuto della cura, il medico non può che fermarsi, ancorché l’omissione dell’intervento terapeutico possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dell’infermo e, persino, la sua morte" (Cass. Pen. Sez. I del 29.05.2002); e ancora: “In tema di attività medico-sanitaria, il diritto alla autodeterminazione terapeutica del paziente non incontra un limite allorché da esso consegua il sacrificio del bene della vita” (Cass. Civ. Sez. I del 16.10.2007 n. 21748).
La disciplina dettata dalla delibera di Giunta Comunale impugnata, tende a sopprimere il principio del consenso libero ed informato in materia sanitaria, scontrandosi frontalmente con le previsioni costituzionali (e, ancor prima, di civiltà) contenute negli artt. 13 e 32 Cost., rendendo superflua la redazione di alcun Testamento Biologico, degradato a mero atto di “orientamento” e perciò non vincolante per l’opera del medico.
In sostanza, in alcuni drammatici frangenti della vita, a decidere del corpo non sarebbe più il paziente, in forza del consolidato principio del consenso informato, dato che la vita umana, seppure dichiarata diritto inviolabile, sarebbe tuttavia indisponibile (da parte del padrone del corpo) fino alla morte accertata nei modi di legge.
Il presupposto della “inviolabilità” della vita evidentemente, per la P.A., all’atto della redazione dell’impugnato modulo prestampato, risiede in una concezione teocratica di essa, di cui l’uomo, per definizione, non può disporre, non essendone titolare.
Con l’approvazione di siffatta disciplina da parte della P.A., in pratica, si giunge ad una regressiva concezione dell’autodeterminazione individuale e viepiù ad una palese violazione dei principi consolidati per giurisprudenza costante: “… il compito dell’ordinamento è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta nelle situazioni di debolezza e di sofferenza; e c’è, prima ancora, il dovere di verificare che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale. Ma allorché il rifiuto abbia tali connotati non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come principio di ordine pubblico. Né il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, giacché tale rifiuto esprime piuttosto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale” (Cass. Civ. Sez. I del 16.10.2007 n. 21748).
Si passerebbe dal diritto sul mio corpo (habeas corpus, il corpo è intoccabile da parte dell’autorità, secondo un’accettata, oltre che laica, consolidata concezione liberale), al dovere pubblicistico imposto dalla P.A. (tuttavia contrastante col precetto costituzionale di cui all’art. 32 comma 2), di mantenere il corpo in vita fino alla morte accertata nei modi di legge, in forza di un’impropria alleanza tra fondamentalismi religiosi e terapeutici.
La rilevanza e il rispetto doverosamente riconosciuti al diritto di autodeterminazione del soggetto in tema di salute e benessere psico-fisico, quale ineliminabile espressione di libertà, impone da parte di chiunque il rispetto di quelle specifiche volontà, eventualmente contrarie alla cura, che la persona abbia consapevolmente espresso in epoca pregressa.
Soccorre il profilo privatistico dell’art. 32 Cost., che affermando con forza la libertà della persona con riguardo anche alla gestione della propria salute psico-fisica, non può che farsi garante del diritto del soggetto, unità inscindibile di corpo e mente, a rifiutare consapevolmente cure che non ritenga in sintonia con quelle convinzioni etiche, religiose, spirituali, cui si è sempre uniformato.
Il conflitto tra due beni – entrambi costituzionalmente tutelati – della salute e della libertà di coscienza, non può essere risolto sic et sempliciter a favore del primo; ogni individuo ha diritto di scegliere tra salvezza del corpo e salvezza dell’anima.
In maniera del tutto arbitraria ed immotivata, dunque, la Giunta Comunale di Rimini dispone di redigere un modello di raccolta del Testamento Biologico che non lascia alcuna possibilità dispositiva al soggetto beneficiario e, dunque, contravviene a quel principio stesso di “testamento” rappresentato dalla libera disposizione delle proprie volontà.
L’atto amministrativo, nella parte in cui prevede un modulo prestampato per la dichiarazione, risulta palesemente viziato da elementi di illegittimità, oltre che di violazione di legge, riconducibili alla ingiustizia manifesta.
Detto atto amministrativo, infatti, impone un esagerato sacrificio della sfera privatistica, tale da superare qualsivoglia raggiungimento di un pubblico interesse; nel caso di specie l’azione della P.A. appare nel suo complesso contraddittoria e soprattutto và al di là dei fini assegnati all’atto stesso dalla legge.
Scopo dell’istituzione del servizio della raccolta dei Testamenti Biologici è quello di individuare il delicato confine tra profilo privatistico e pubblicistico dell’art. 32 Cost., ovvero tra diritto del singolo all’autodeterminazione in tema di disposizione del proprio corpo e della propria salute, e diritto-dovere della collettività di intervenire a tutela della salute umana (là dove salute non è necessariamente sinonimo di vita).
In tali casi, la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di fare un passo indietro rispetto al privato, quando siano in discussione principi etici e morali del singolo individuo, che per sé soltanto valuti di lasciare corso naturale a una malattia che, solo grazie a presidi tecnici, mantiene mere funzioni organiche al suo corpo, nell’assenza di quelle ulteriori componenti anche psichiche che lo stesso ricolleghi al suo concetto di salute psico-fisica.
Disporre di Testamento Biologico, per l’interessato, non è una scelta di vita ma una scelta di salute, che in quanto tale non può essere sottratta alla libera determinazione dell’individuo.
Non si tratta di disposizioni tese a porre fine contro natura alla vita, ma si tratta di disposizioni adottate da un soggetto che non vuole più rallentare artificialmente il corso di una malattia naturalmente letale.
La autonomia della persona, espressa in un testamento di vita, esige un percorso non deviato ne, tanto meno, interrotto da pregiudizi, trepidazioni, rigorismi; esige un percorso raccomandato dalla persona stessa, quand’ancora cosciente, mediante lo strumento delle direttive anticipate, assolutamente ineludibili se orientate verso il naturale epilogo di una terminalità spesso, paradossalmente, "senza fine".
Un tale sofferto ma consapevole volere merita assoluto rispetto, al pari del volere di chi all’opposto chieda che tale rallentamento si protragga il più possibile e per questo motivo il Testamento Biologico deve avere le caratteristiche di libera disposizione del proprio volere da parte del testatore; limitandosi la P.A. ad offrire un mero servizio di raccolta, conservazione e comunicazione agli organi preposti per legge, di dette fondamentali e libere disposizioni in materia di trattamento sanitario.
2) Eccesso di potere per manifesta contraddittorietà del provvedimento con precedenti disposizioni della stessa P.A.
Come riportato in fatto, l’atto prodromico all’approvazione della delibera di Giunta Comunale che istituisce il registro dei Testamenti Biologici, è la delibera di Consiglio Comunale N. 8 del 21.01.2010.
In tale delibera l’organo consigliare dava espresso mandato al Sindaco ed alla Giunta, testualmente: “… a predisporre un modulo che raccolga le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti di natura medica, nel quale ogni cittadino interessato possa esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari sia in caso di malattia o lesione celebrale irreversibile o invalidante, sia in caso di malattia che costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione …”
Di fatto la Giunta Comunale disattende tale mandato predisponendo un modulo per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà che non lascia alcun margine alla libera determinazione del testatore, disattendendo a quel principio di “… esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari …” presente nella delibera di Consiglio Comunale.
Inoltre, detta espressa libertà di esprimere la volontà di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari, viene puntualmente disattesa dall’atto amministrativo impugnato, il quale, nella sua illegittima redazione di un modello standard prestampato, non lascia margine di scelta al testatore, neppure sulla possibilità di manifestare una volontà contraria a quella di non essere sottoposto a trattamenti sanitari e cioè: la volontà di essere sottoposto a trattamenti sanitari.
Recita infatti il testo prestampato sul modello: “ …. su di me non devono essere prese misure di prolungamento della vita, se secondo scienza e coscienza medica viene verificato che qualsiasi misura di sostegno vitale sarebbe senza prospettiva di miglioramento e prolungherebbe soltanto la mia agonia …”.
Del tutto immotivatamente ed in totale difformità e manifesta contraddittorietà con quanto disposto in delibera di Consiglio, la Giunta Comunale predispone un modello parziale che non permette neppure al testatore di disporre per il contrario rispetto alla sospensione del trattamento sanitario, denotando, se pur ve ne fosse ancor bisogno, l’illegittimo comportamento della P.A. la quale, in totale spregio e contraddittorietà con l’atto prodromico, ne disattende i presupposti.
La P.A. non ha minimamente tenuto presente il fine di interesse pubblico che l’istituzione del registro dei Testamenti Biologici rappresenta in un contesto civile; denotando un comportamento non solo illegittimo per violazione di legge, di cui sopra, ma di eccesso di potere per manifesta contraddittorietà dell’atto emanato con i principi che ne sottendono.
3) Incompetenza della P.A. a disporre in merito al contenuto del Testamento Biologico
Compito delegato dal Consiglio Comunale di Rimini a Sindaco e Giunta era, come detto, quello di predisporre un modello standard per la raccolta delle volontà testamentarie (e non prevederne il suo contenuto), ed un servizio di raccolta conservazione e pubblicità dei Testamenti Biologici.
La P.A. nell’atto emanato contravviene in toto a detti presupposti, entrando illegittimamente nel merito del contenuto delle disposizioni testamentarie e violando quei principi fondamentali rappresentati dalla libertà dispositiva, nonché dall’assoluta soggettività di quanto riportato nel testamento stesso.
Predisporre un modulo con un testo “blindato”, così come ha fatto l’Amministrazione di Rimini, inquina la libertà di espressione e di determinazione del testatore; a maggior ragione, qualora questi disponga su temi come la libertà di scelta delle terapie sanitarie e soprattutto sul diritto ad essere o meno curati.
L’Amministrazione Comunale è totalmente incompetente per materia, nel momento in cui decide di diritti costituzionalmente garantiti, essa non può in alcun modo entrare nel merito delle disposizioni testamentarie che prevedono il diritto di ciascun cittadino di esercitare la libertà di scelta.
Espressamente viene dato mandato alla Giunta di deliberare sulle procedure e sulla regolamentazione del servizio di raccolta e conservazione dei Testamenti Biologici, non certo disquisire e addirittura determinare nel contenuto, quanto è possibile disporre o meno per testamento.
La autonomia della persona, espressa in un testamento di vita, esige un percorso non deviato e tanto meno interrotto da pregiudizi, trepidazioni, rigorismi; un percorso raccomandato dalla persona stessa quand’ancora cosciente, mediante lo strumento delle direttive anticipate, assolutamente ineludibili se orientate verso un “naturale epilogo”.
Per questi motivi risulta viepiù viziata l’azione della P.A. per difetto di legittimità, vizio di incompetenza ed eccesso di potere, nel redigere un modulo che entra violentemente nel merito delle disposizioni personali, in un atteggiamento di totale noncuranza di diritti soggettivi costituzionalmente garantiti.
P.Q.M.
Si chiede e conclude “voglia l’Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale adito annullare in parte qua il provvedimento impugnato e tutti gli atti ad esso connessi, ivi compreso il modulo per la disposizione testamentaria ed il relativo disciplinare; in particolare si chiede l’annullamento del provvedimento amministrativo per la parte in cui individua un modulo prestampato, nonché per la parte che, a mezzo del disciplinare allegato, obbliga all’esclusivo utilizzo di detto modulo per la presentazione del Testamento Biologico, pena l’irricevibilità del Testamento stesso”.
Vinte le spese.
Rimini-Bologna, li 04.11.2010
Con osservanza
Avv. Massimo Manduchi
MANDATO
I sottoscritti: Associazione Luca Coscioni, in persona del suo legale rappresentante Sig. Ivan Innocenti, giusto delega notarile del presidente pro tempore Sig. Marco Cappato, presso Notaio Dott. Paolo Lovisetti di Milano in data 03.11.2010 allegata al presente ricorso; UAAR Unione Atei e Agnostici Razionalisti, in persona del suo Presidente pro tempore Sig. Carcano Raffaele; Sig. Arrigo Bonnes; Sig.ra Celati Meris Rosella, confermano mandato all’Avv. Massimo Manduchi del Foro di Rimini, con studio in Rimini alla via Bonsi, 41; di rappresentarci ed assisterci nel presente procedimento innanzi al T.A.R. per l’Emilia Romagna sede di Bologna, conferendo allo stesso ogni più ampio potere e facoltà di legge, ivi compreso quello di sottoscrizione del ricorso, istanze, motivi aggiunti.
Eleggiamo domicilio in Bologna, via S. Stefano 43, presso e nello studio dell’Avv. Santiago Arguello.
Ai sensi del d. lgs. N. 196/2003 gli stessi dichiarano altresì di prestare il consenso al trattamento dei dati personali al fine dello svolgimento dell’attività professionale espletata nel loro interesse.
In fede
Per Associazione Luca Coscioni
Ivan Innocenti
Per UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
Carcano Raffaele
Arrigo Bonnes
Celati Meris Rosella
Sono firme autentiche
Avv. Massimo Manduchi