Domani si riunisce l’ufficio di presidenza della commissione Igiene e Sanità del Senato per decidere come proseguirà l’iter del dibattito sul testamento biologico. Lo ha annunciato il presidente della commissione Ignazio Marino, nel corso del dibattito sul tema, in occasione della presentazione del libro «Il dolore e la politica», a cura di Andrea Boraschi e Luigi Manconi. Sul tavolo della commissione presieduta dall’esponente del Pd sarà il testo unificato redatto da Fiorenza Bassoli, che ha il compito di cercare il massimo di convergenza. Marino si è detto convinto che i punti di contrasto saranno tutti superati. «Rimane una problema che divide: la sospensione della nutrizione – ha sostenuto -. Speriamo di trovare una soluzione per dare una legge al Paese». Il senatore chirurgo ha ribadito la sua contrarietà all’eutanasia, sottolineando la netta diversità di una legge che la consentisse dal provvedimento sul testamento biologico. A cui non è neppure assimilabile la vicenda di Pier Giorgio Welby. Per il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, tuttavia, sia nel caso del copresidente della Associazione Coscioni, che nella rivendicazione dell’«autodeterminazione» e della «dignità» del paziente attraverso il testamento biologico, c’è «una profonda istanza morale».
Paola Binetti ha chiesto che sia dato al dibattito in commissione «lo spazio adeguato affinché sia sciolto ogni dubbio e non vi sia nessun rischio che si apra la strada ad ogni forma di eutanasia, anche in forme semplicemente sfumate o surrettizie. Si deve evitare anche il rischio dell’impatto psicologico per un paziente, che si trova in un momento particolare di solitudine e spesso di abbandono». La esponente teodem ha, comunque, messo in evidenza le acquisizioni comuni del dibattito finora svolto al Senato: la riflessione sui tema della morte oggi troppo spesso rimossa, l’accordo sulla promozione delle cure palliative intese nella concezione più ampia del termine. A riguardo del consenso informato, la esponente del Pd ha insistito sulla «necessità di una educazione del paziente per dare qualità alla sua scelta, e mettergli veramente a disposizione tutte le acquisizioni della scienza medica». Sempre a proposito delle «precauzioni» da adottare ha ricordato il caso dell’oncologa Sylvie Menard, che era favorevole all’eutanasia e ha cambiato anche il suo testamento biologico dopo essersi ammalata lei stessa.
In contrasto con una concezione meramente prescrittiva delle dichiarazioni anticipate di volontà, la Binetti ha insistito sulla necessità che il paziente possa far riferimento ad una persona di cui si fida pienamente, la quale nel confronto con il medico interpreti adeguatamente le sue volontà. La senatrice del Pd ha ricordato che la sua proposta di legge è formulata sul parere espresso in merito dal Comitato nazionale per la Bioetica, escludendo che alimentazione e idratazione possano essere rifiutate. Tale posizione a riguardo della idratazione adesso è ampiamente condivisa perché essa è il veicolo per la somministrazione delle terapie palliative. Resta, però, il contrasto sull’alimentazione. Sandra Monacelli dell’Udc, ricordando che il suo gruppo è l’unico a non aver presentato un ddl in merito, perché una legge può essere «dannosa», ha sottolineato che «le decisioni prese ora per allora» sono prive dell’informazione sulla situazione reale, quindi «né consapevoli, né libere, né responsabili».
L’esponente Udc ha riferito che in un’inchiesta svolta negli Stati Uniti è risultato che solo in poco più della metà dei casi vi era coincidenza tra la risposte del paziente e del fiduciario. I medici inoltre, secondo la Monacelli, «non possono essere messi nella condizione di essere esecutori acritici di volontà che sono state espresse astrattamente». «E’ fondamentale che il testamento biologico diventi legge», ha sostenuto invece Vincenzo Vita, assessore alle politiche culturali della provincia di Roma, concludendo il dibattito, perché, a suo dire, «è un diritto di cittadinanza».