Terry: la Corte Suprema dice “no” all’istanza presentata dai genitori per salvarla in extremis

Annalisa Terranova
Il miracolo invocato dai genitori di Terri Schiavo per salvare la vita della loro figlia quarantunenne, in stato di vita-non vita da quindici anni, è stato negato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha rifiutato di essere coinvolta nella vicenda. Una decisione di cui lo stesso presidente Bush si è detto “deluso’. I familiari e le organizzazioni religiose protagoniste della crociata per la vita di Terri stanno esercitando, in questo momento, fortissime pressioni sul governatore della Florida Jeb Bush, fratello del titolare della Casa Bianca, perché assuma la custodia della donna, sottraendola alla tutela del marito. E’ ormai una settimana che Terri Schiavo non viene più alimentata: la battaglia intorno alla sua fragilissima esistenza è diventata politica, uno show seguito secondo dopo secondo dalla Cnn, con gli attivisti «pro life» che vogliono portarle acqua e che vengono ammanettati, con i democratici che innalzano cartelli per il diritto all’eutanasia.

Ma nel caso di Terri l’eutanasia non c’entra nulla: non può chiamarsi dolce morte il lasciar morire di fame e di sete un organismo delle cui sensazioni non siamo in grado di dire nulla. Le voci che si levano dal mondo scientifico in difesa di questa brutale scelta di staccare la spina ritenuta moralmente lecita dal marito Micheal esercitano un pregiudizio terribile su un campo, la morte, su cui le certezze sono sempre più labili. Si sono anzi moltiplicati, negli ultimi anni, gli studi scientifici sulle percezioni dei pazienti che cadono per alcuni secondi in stato di morte apparente con la cessazione delle funzioni vitali, su quegli istanti tragici in cui un essere umano sembra essersene andato (il termine tecnico è pre-morte) e invece dopo riapre gli occhi e racconta un’esperienza incredibile: l’uscita da un tunnel, la luce abbagliante, i parenti già morti che lo circondano, un essere luminoso che lo tranquillizza.

Esperienze scrupolosamente catalogate ma sempre bollate come superstizioni dal verbo scientista. Il dogma religioso cristiano, che affida a Dio la decisione sull’ultimo istante, è senz’altro preferibile, almeno finché, come nel caso di Terri Schiavo, non siamo in possesso della prova della volontà individuale di ricorrere all’eutanasia. Ricapitolando dunque, questo episodio che rischia di creare un pericoloso precedente giuridico, non rientra nei casi di eutanasia: primo perché della volontà di Terri non sappiamo nulla, secondo perché non sappiamo se e quanto sta soffrendo per la mancanza di alimentazione. E’ anche vero che il suo triste caso è la conseguenza di un accanimento terapeutico (la vita artificiale sostenuta dai macchinari) continuato negli anni e probabilmente destinato a continuare a lungo se non fosse intervenuta la decisione di staccare la spina. Eppure, l’Associazione bambini cerebrolesi, ha lanciato ieri in Ita ha un accorato appello in difesa della vita di Terri: «Terri non è in coma. E solo una persona profondamente cerebrolesa, Siamo tutti contro l’accanimento terapeutico, ma non è questo il caso. Si vuole far morire di fame in maniera atroce una persona, in quanto a priori qualcuno ritiene che la vita di un disabile grave non vale la pena di essere vissuta. Neanche un animale è trattato così.

L’eutanasia non c’entra nulla. Terri deve morire perché disabile. Anche in Italia oramai molte persone parlano così. Non è accettabile: nessuna persona che si batte per i diritti umani può accettare questo principio discriminatorio». L’interrogativo posto dall’associazione non può essere eluso: chi ci assicura che i casi come Terri Schiavo non diventino in futuro sempre più numerosi, celando la volontà di una società sempre più cinica di disfarsi senza tante storie di anziani, malati terminali, persone con gravi handicap?

Ha colpito, a proposito di questa vicenda, l’affermazione dell’astrofisica italiana Margherita Hack, secondo cui tenere in vita un essere in uno stato vegetativo sarebbe una barbarie. Aggiungeva, inoltre, che non ai genitori andava chiesto un parere sul destino di Terri poiché troppo coinvolti emotivamente. Ma che cos’è un essere umano al di fuori delle relazioni affettive in cui è immerso dalla nascita? Perché asserire con tanta arrogante sicurezza che un giudice può disporne solo in base a freddi calcoli razionali? Perché escludere con tale gelida presunzione dal destino di una persona proprio i genitori,che certo molto pio di tutti noi che parliamo del caso, hanno il diritto di battersi per la vita della loro figlia? E non sarebbe meglio, anziche discutere di diritto alla ‘morte dolce’ fare intanto qualcosa per impedire la morte davvero triste e tutt’altro che serena che tanti pazienti incontrano negli ospedali, in desolate corsie, tra personale in differente che guarda solo al nomero del letto da liberare al più presto?

Si è sostenuto anche che di fatto l’eutanasia è gia praticata, anche in Italia, vagliando caso per caso, attraverso un tacito accordo tra medici e familiari. Se e vero, se accade, che siano i familiari a prendere decisioni estreme e comunque rassicurante. Video che un giudice “terzo’: che non è il Padreterno ma un perfetto sconosciuto, possa invece
intromettersi in una faccenda così privata e con una decisione irreversibile è davvero terrificante. Forse l’Occidente discute tanto di diritti perchè ha smarrito persino il rispetto di quelli fondamentali?

Le voci che si levano dal mondo scientifico fra difesa della scelta distaccare la spina esercitano un pregiudizio terribile su un campo, la morte, su cui le certezze sono sempre più labili.