“Successo italiano nei trapianti di midollo osseo”

Gloria Ciabattoni
Una nuova tecnica cambierà il  futuro dei trapianti di midollo  osseo, scongiurando la malattia del   trapianto contro l’ospite (GvHD) e le  infezioni, spesso mortali, che subentrano.   Ne parliamo con il professor Massimo  Fabrizio Martelli , direttore  della clinica ematologica dell’Università di  Perugia.   

Professore, lei è reduce da un importante risultato . «Si, nei giorni scorsi a New Orleans, all’American society of hematology,  massima assise mondiale sulle malattie del sangue, la ricerca della mia équipe sul  trapianto di midollo osseo è stata giudicata   tra i tra  diecimila. La ricerca ha avuto quindi  l’onore della Seduta Plenaria ed è stata  discussa alla presenza di oltre diecimila  persone».  Di cosa si tratta?  «Il trapianto di midollo osseo, o di cellule  staminali emopoietiche, è l’unica terapia  che può far guarire quei pazienti con  leucemie acute ad alto rischio di recidiva.  Con la terapia convenzionale,avrebbero   una sopravvivenza non superiore al 10 per   cento. In mancanza di donatori  compatibili, si può ricorrere a familiari   parzialmente compatibili».  In questa tecnica siete all’avanguardia «Questo trapianto è stato per la prima volta realizzato in clinica dall’Istituto  di ematologia dell’Università di Perugia in  collaborazione con il Prof. Reisner  dell’Istituto Weizmann di Israele.  Abbiamo avuto risultati in termini di  sopravvivenza libera da malattia sovrapponibili a quelli ottenuti da trapianto con donatori volontari da  Registri Internazionali». Quali le complicazioni che avete incontrato?  «Per prevenire la malattia trapianto contro l’ospite (GvHD) bisogna rimuovere dall’inoculo la stragrande maggioranza dei linfociti T, responsabili dell’aggressione immunologica al paziente. Ma la rimozione di queste cellule compromette la ricostituzione immunologica post trapianto e quindi favorisce la comparsa di gravi infezioni, letali nel 40-50 per cento dei casi».  
 
 

II professor Massimo Fabrizio Martelli  è direttore del centro di Ematologia di  Perugia, specializzato nel trapianto di  cellule staminali da donatore non  compatibile. Una tecnica messa a  punto grazie alla collaborazione  scientifica tra la sua equipe e quella del  prof. Yair Reisner del Weizmann  Institute di Rehovot. in Israele. Dal  1993 sono stati oltre 500 i inalati a  ricevere il trapianto di midollo da un  donatore familiare non compatibile.   cellule è stata   con   successo sull`uomo per la prima volta dal  nostro gruppo, su pazienti sottoposti a  trapianto di midollo da donatore familiare  parzialmente compatibile. E` un risultato  di grande significato biologico. E` stata  una grande vittoria: 26 pazienti su 28  hanno beneficiato di un attecchimento  e stabile. Di   importanti sono, da un lato la bassissima   incidenza di malattia trapianto contro  ospite (GvHD) nonostante l`elevata dose  di linfociti maturi T somministrati, e,  dall`altro, la rapida ricostituzione  immunologica contro batteri, funghi e  virus. La causa di morte più comune,  l`infezione da Cytomegalovirus, viene  molto ridotta. Ora prevediamo di  abbassare la mortalità da trapianto al di  sotto del 20 per cento già nel prossimo  protocollo».  Come avete superato questo  problema?  «Abbiamo riscontrato che, nel topo, al  momento del trapianto l`infusione di  cellule T regolatorie (Treg) consente di  infondere anche molte cellule T mature,  avendo una rapida ricostituzione  immunologica e senza provocare la  malattia del trapianto contro ospite».  Cosa sono le cellule Treg?  «Sono una di T linfociti   presenti nel sangue periferico, molto importanti nel controllo dei processi immunologici. La cosa rilevante è che dopo i risultati sui topi la peculiarità di queste cellule è stata impiegata con successo sull’uomo per la prima volta dal nostro gruppo, su pazienti sottoposti a trapianto di midollo da donatore familiare parzialmente compatibile. È un risultato di grande significato biologico. È stata una grande vittoria: 26 pazienti su 28 hanno beneficiato di un attecchimento rapido e stabile. Di gran lunga più importanti sono, da un lato la bassissima incidenza di malattia trapianto contro ospite (GvHD) nonstante l’elevata dose di linfociti maturi T somministrati , e,  dall’altro, la rapida ricostituzione  immunologica contro batteri, funghi e  virus. La causa di morte più comune,  l`infezione da Cytomegalovirus, viene  molto ridotta. Ora prevediamo di  abbassare la mortalità da trapianto al di  sotto del 20 per cento già nel prossimo  protocollo».  

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