Si sfarina subito il partito di Ruini

di Ugo Magri
Dopo la mozione sulle staminali sotto accusa i deputati che avevano fatto parte dell’intergruppo bipartisan e per la scelta a favore della ricerca.
Scienza e Vita «scomunica» la Binetti e «Avvenire» accusa: ambigui i cattolici dell’Unione

I fulmini di Camillo Ruini si sono abbattuti sulla maggioranza, per via della mozione votata mercoledì a Palazzo Madama. Al presidente della Conferenza episcopale italiana non è piaciuto affatto il testo, che permette di verificare le potenzialità della ricerca sugli embrioni congelati non impiantabili. Per i laici del centrosinistra quello spiraglio, tutto declinato al futuro, era la condizione minima di un compromesso in seno all’Unione. Per la Chiesa italiana è stato invece uno strappo gravissimo che spinge l’«Avvenire» (quotidiano dei vescovi) a parlare di decisione «chiaramente insoddisfacente, ambigua, moralmente inaccettabile».

Le artiglierie ecclesiastiche sono entrate tutte quante in azione: dall’agenzia Sir, all’Associazione Scienza e Vita. Nel mirino soprattutto quei parlamentari cattolici dell’Unione, sul cui aiuto il cardinale Ruini contava per bocciare qualunque apertura alla ricerca in materia di embrioni. Tra questi, in prima fila Paola Binetti, senatrice della Margherita, che fino a pochi mesi fa di Scienza e vita era presidente: ha votato sì alla mozione, e la nuova dirigenza (il genetista Bruno Dallapiccola, la bioeticista Maria Luisa Di Pietro) l’ha sconfessata parlando di «grave tradimento» della Legge 40 sulla fecondazione assistita.

Tuona l’«Avvenire»: il comportamento dei cattolici di sinistra «solleva un sincero quanto inquietante interrogativo sulla tenuta di quella trasversalità, circa le questioni etiche, che pure in passato era stata sperimentata, e che all’inizio di questa legislatura veniva garantita…». Il trasversalismo di marca episcopale sembra affondato dal voto sulla mozione. Il centrodestra s’è tuffato a pesce nella vicenda, cercando di allargare il solco tra i vescovi e l’Unione. In qualche caso (Angelo Sanza) richiamandosi alla posizione intransigente assunta in America da George Bush contro la ricerca sugli embrioni.

In altri casi, con un linguaggio che a Franco Monaco (Dl) è parso «poco cristiano». Il più virulento è stato l’attacco di Carlo Giovanardi (Udc) alla Binetti: «Ha tenuto un comportamento da Guinnes dei primati, sezione voltagabbana». Non ha scherzato neppure Alfredo Mantovano (An): «Per i sedicenti cattolici del centrosinistra la saldezza dell’Unione è più importante della salvezza dell’embrione». E Francesco D’Onofrio (Udc): «Sono andati in scena i Pilato della vita». Accuse un tantino sguaiate. Al punto che perfino Gianfranco Rotondi, segretario Dc, ha sentito il bisogno di prendere le distanze: «Mi dissocio dalla cagnara super-cattolica rivolta più a piacere alle gerarchie che a scuotere le coscienze».

Quelle della Binetti, ma anche di Emanuela Baio e Luigi Bobba, sono serene: «Non c’è stato alcun passo indietro», spiegano, «anzi la mozione fissa una posizione indiscutibile dell’Italia», che consiste nel «no alla distruzione degli embrioni, no alla ricerca sulle cellule staminali embrionali anche crioconservate, risorse finanziarie da destinare esclusivamente alla ricerca sulle staminali adulte». E’ vero: la ricerca sugli embrioni non impiantabili, una volta individuati quali sono, viene teoricamente ammessa. Ma per i cattolici della maggioranza (in particolare, le Acli) trattasi di eccezione. Da Fabio Mussi, ministro della Ricerca, si aspettano che al Consiglio europeo di lunedì faccia valere la regola.

Sostenendo in sede Ue la ricerca finalizzata alle cellule staminali adulte, senza dar retta a Marco Cappato, presidente dell’Associazione radicale Luca Coscioni. Il quale Cappato è invece convinto che Mussi «ora potrà negoziare una posizione il più simile possibile a quella del Parlamento europeo, aperta al finanziamento della ricerca anche sugli embrioni sovrannumerari, altrimenti destinati alla spazzatura». Singolarmente, ma non troppo, il giudizio dei Radicali coincide con quello dei vescovi.

Emma Bonino: «La mozione è stata un primo passo di apertura verso la libertà della ricerca», proprio quanto teme Ruini. Altri, come il capogruppo Ds al Senato Anna Finocchiaro, insistono invece sulla capacità della mozione di conciliare culture diverse. Con il segretario Ds, Piero Fassino, che va politicamente al sodo: «S’è trattato di un voto importante. Dimostra come sia possibile costruire nel centrosinistra una sintesi anche su temi eticamente sensibili».