Pillola dei 5 giorni dopo: quando l’Italia tergiversa

la Voce Repubblicana

Mentre da due anni in Europa e in gran parte dei mondo civile la cosiddetta ‘pillola dei 5 giorni dopo’ viene regolarmente prescritta ed utilizzata dalle donne, l’Italia continua a tergiversare. Solo il 15 giugno 2011 arriva il parere (consultivo, chiesto dal Governo) del Consiglio Superiore di Sanità: si conferma ciò che è ovvio al mondo, e cioè che la pillola a base di ulipistral acetato non è abortiva ed è compatibile con la legge 194. Con un ‘ma’ che non esiste in nessun’altra parte del mondo: si parla cioè della necessità di un test ematico che escluda una gravidanza pregressa. Una limitazione certamente frutto di pressioni politiche, non mediche (e vedremo perché), tese a condizionare il parere dell’Agenzia Italiana del Farmaco, che, come noto, ha l’ultima parola sulla immissione in commercio dei farmaci. Il test infatti non solo non serve a nulla, ma rischia per i tempi di attesa necessari – di vanificare l’effetto della pillola. Quello che poteva apparire come uno strumento di garanzia è in realtà un escamotage per far fallire la funzione contraccettiva. Mentre il ministro Ferruccio Fazio non entra giustamente nel merito del lavoro del ginecologo e rilascia una dichiarazione generica ("Si tratta di una pillola non abortiva, che tuttavia potrebbe creare problemi al- feto e quindi è necessario accertare che la donna non sia incinta. Vi sarà un aggiornamento del bugiardino da parte dell’Aifa e poi il farmaco andrà in farmacia"), tra gli artefici della battaglia contro la contraccezione d’emergenza e i diritti delle donne i soliti noti: Elio Sgreccia, Eugenia Roccella (secondo il detto "non c’è miglior clericale di un ex radicale") ed insospettabili come il presidente dei ginecologi italiani della Sigo, Nicola Surico, che forse timoroso di disturbare le alte gerarchie vaticane, preferisce tacere, evidentemente ignaro dell’opinione invece chiarissima dei suoi iscritti e dei ginecologi italiani in generale.

E forse anche della letteratura scientifica e di ciò che avviene in Europa. L’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna, da sempre attento a questi temi, se ne accorge, commissiona ad una agenzia specializzata (Datanalysis) un sondaggio tra 300 ginecologi italiani di strutture pubbliche (Asl e Ospedali), over 40 e distribuiti in modo omogeneo sul territorio e ne rende noti i risultati. Risultati che, incredibilmente, Corriere della Sera, Sole 240re, Repubblica, Stampa, Giornale e le televisioni nazionali pubbliche e private tacciono compiaciuti, nonostante i numerosi lanci di agenzia e la velocissima diffusione della notizia sui blog.
E si tratta di risultati sorprendenti. Quasi 9 ginecologi su 10 si dicono nettamente contrario alla prescrizione del test, che non può ritenersi obbligatorio per tutte le donne che richiedono la contraccezione d’emergenza, ma solo quando una valutazione clinica lo rendesse necessario.
Inoltre la restrizione imposta, secondo quanto dichiara il 50% dei ginecologi, non sarebbe comunque in grado di escludere una gravidanza, specie se molto precoce, e di rispondere quindi a tempi compatibili con la tempestività d’uso della contraccezione d’emergenza. Determinata, sempre secondo i ginecologi, anche la posizione della donna riguardo al test: solo il 15,7% ritiene che lo accetterebbe senza obiezioni, mentre il 32% pensa che le donne potrebbero rinunciare a questa opportunità. "Questo farmaco – dichiara Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa all’Università di Pavia e Past Presidente dell’International Society for the Study of Women’s Sexual Health (ISSWSH) – non deve essere considerato come contraccezione di emergenza per donne ‘distratte’ o superficiali, ma come soluzione per donne che hanno avuto problemi seri o vissuto eventi ad alto rischio. Penso, ad esempio, a casi in cui una donna possa sentirsi in diritto di tutelarsi da una gravidanza a rischio o indesiderata, garantendosi una protezione più sicura rispetto alla pillola del giorno dopo attualmente in commercio e ultimo efficace baluardo prima di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, l’esperienza più dolorosa sotto tutti gli aspetti, fisici, psichici e morali. Pertanto continua la prof. Nappi – penso di potere esprimere a nome della comunità scientifica italiana l’imbarazzo a fronte delle posizioni assunte dagli organismi regolatori mondiali, delle società scientifiche internazionali specializzate nella contraccezione d’emergenza, nel caso in cui venisse applicata una restrizione d’accesso generalizzata alla contraccezione d’emergenza.

Guardando al resto del mondo e al fatto che la scienza non è diversa da Paese a Paese, se l’Italia vuole restare in un palcoscenico internazionale deve allinearsi a quanto deciso e compiuto anche dai paesi più conservatori che hanno visto in questo nuovo farmaco comunque una occasione educazionale per la salute della donna e una forma di contraccezione più sicura". "La ‘pillola dei 5 giorni dopo’ – afferma Emilio Arisi, Presidente della SMIC (Società Medico Italiana della Contraccezione) – non va assolutamente confusa con la pillola abortiva RU486. Da un punto di vista farmacologico, il principio attivo utilizzato appartiene alla categoria degli anti-progestinici, ossia quelle molecole che contrastano l’effetto del progesterone, indispensabile per creare le condizioni adatte alla fecondazione dell’ovulo e all’annidamento. Tuttavia il quantitativo di principio attivo in essa contenuto è talmente ridotto da essere inefficace per una azione abortiva. E’ invece’in grado di prevenire una gravidanza indesiderata ritardando l’ovulazione di 5 giorni, con una percentuale di successo del 98%. La ‘pillola dei 5 giorni dopo’ può essere prescritta dal ginecologo, come da qualsiasi altro medico che abbia accertato l’assenza di gravidanza in atto". "Il nostro Osservatorio – conclude presidente di O.N.Da, Francesca Merzagora – si affianca a quanto espresso dal mondo clinico, ritenendo che l’Italia rappresenterebbe, in caso di restrizioni, un’eccezione assoluta tra i Paesi europei in cui il prodotto è commercializzato. L’esecuzione di un test ematico ritarderebbe, infatti, l’accesso all’ultima possibilità per evitare un’interruzione volontaria di una gravidanza indesiderata. Per questo sarebbe molto importante raggiungere le donne italiane con una informazione capillare e chiara sugli strumenti oggi a loro disposizione".

A titolo puramente informativo la pillola è oggi già acquistabile – senza alcuna limitazione – in Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria ed anche negli Stati Uniti.

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