Su aborto ed eutanasia. La categoria: impossibile, la legge lo vieta
I farmacisti cattolici incrocino le braccia e si rifiutino di consegnare sia la pillola abortiva sia la "pillola del giorno dopo". È la parola d’ordine lanciata da papa Ratzinger, che esorta i farmacisti cattolici all’obiezione di coscienza. L’appello, che porterebbe ad una balcanizzazione di qualsiasi servizio sanitario (con i titolari di farmacie cattolici, ebrei, musulmani o di qualsiasi altra religione che decidono di fare come gli pare a seconda dei propri dogmi), arriva durante l’udienza concessa dal pontefice al congresso internazionale dei farmacisti cattolici. Benedetto XVI è oltremodo esplicito: «L’obiezione di coscienza è un diritto che deve essere riconosciuto anche alla professione dei farmacisti». È giusto permettere loro di «non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti, che abbiano come scopo delle scelte chiaramente immorali, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia». Immediata la precisazione di Federfarma, l’associazione che riunisce le sedicimila farmacie italiane. Per Franco Caprino, segretario nazionale, «è anacronistico» immaginare l’obiezione di coscienza dei farmacisti durante la vendita di farmaci etichettati eticamente sensibili. Comunque non è legale. E spiega: «I farmacisti hanno l’obbligo di legge, dietro prescrizione medica, a consegnare il farmaco o a procurarlo, se non disponibile, nel più breve tempo possibile». Naturalmente, sottolinea Caprino, c’è «rispetto» perle parole del pontefice, ma l’obiezione di coscienza per i farmacisti «è inattuabile in Italia come in ogni altro Paese».
Papa Ratzinger sembra però deciso a proseguire l’offensiva contro la pillola del giorno dopo e soprattutto la Ru 486, che dovrebbe tra non molto essere venduta ufficialmente in Italia. Sviluppando la sua teoria dei cosiddetti principi non negoziabili, il Papa esorta i farmacisti a farsi educatori dei pazienti, facendo loro conoscere le «implicazioni etiche dell’uso di alcune medicine». Non turba Ratzinger l’idea di un farmacista pedagogo, che entra nella sfera privata dei pazienti (e magari li interroga sul loro tasso di cattolicità) ingaggiando un dibattito dal bancone. O magari controllando in un piccolo paese quanti pazienti seguono le prescrizioni dell’autorità ecclesiastica. «Non è possibile – proclama il pontefice – anestetizzare le coscienze, ad esempio, sull’effetto delle molecole che hanno come solo scopo quello di evitare l’annidamento di un embrione (nell’utero) o di abbreviare la vita di una persona». In questo senso i farmacisti devono «invitare ciascuno ad un sussulto di umanità». Operando affinché «ogni essere sia protetto dalla concepimento fino alla morte naturale e perché i farmaci svolgano davvero il proprio ruolo terapeutico». Si schiera con il Papa, il presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani, Giacomo Leopardi: «Pienamente d’accordo il suo messaggio». Su posizione totalmente differente dalla Federfarma, Leopardi chiede che si arrivi a definire l’obiezione di coscienza e sollecita Governo e Parlamento a un «intervento legislativo che regolamenti la delicata questione in via definitiva».
Piero Uroda, presidente dei farmacisti cattolici, plaude alle parole del Papa: «Siamo intransigenti sull’obiezione di coscienza perché è una posizione a difesa della vita». La pillola del giorno dopo, sostiene, non è contraccettiva, ma abortiva. Benedetto XVI è sceso in campo sin dal primo anno del suo pontificato. E nel gennaio del 2006 1o ha dichiarato apertamente al sindaco di Roma Veltroni e agli amministratori di Regione e Provincia, bollando come «scelta contro la vita» l’introduzione di quei farmaci che «nascondono la gravità dell’aborto». Quando negli anni scorsi si sono avute in Italia le prime sperimentazioni in ospedali pubblici della Ru 486, la Cei, l’Avvenire e l’Osservatore hanno sparato a zero e a Torino il cardinale Poletto marchiò persino di «terrorismo» la pillola del giorno dopo, considerandola abortiva. In serata il portavoce vaticano, padre Lombardi, ribadisce pubblicamente: l’obiezione di coscienza è un diritto. Perché «i farmacisti, come i medici, sono chiamati esplicitamente a non collaborare a ciò che va contro la vita in modo diretto».