Il 68% dei cittadini è favorevole alla ricerca sulle cellule staminali «bambine»

Il Sole 24Ore
Marzio Bartoloni Francesca Cerati
Il Nobel Dulbecco: spetta all’etica e non alla scienza stabilire se la sperimentazione è opportuna

Gli italiani non hanno dubbi: la ricerca con le cellule staminali embrionali va fatta. Per il 68% è, infatti, «moralmente accettabile» impiegare embrioni umani per la ricerca, magari per curare malattie come Parkinson o Alzheimer. Un sì convinto che diventa ancora più forte se si contano quanti ritengono, comunque, «utile» (ben il 76%) spingere sull’acceleratore di queste ricerche al centro di un dibattito che si sta infuocando con l’avvicinarsi del referendum sulla procreazione assistita.

Il conto alla rovescia verso le urne, scandito spesso da posizioni molto critiche su queste tecniche, sembra non scalfire il giudizio degli italiani che, per il 60%, vorrebbe che le biotecnologie investissero innanzitutto nel «campo delle ricerche sulle cellule staminali di embrioni umani per sviluppare nuove terapie mediche». Queste opinioni così nette, su una delle frontiere più contrastate della scienza moderna, sono contenute nel nuovo rapporto «Biotecnologie e opinione pubblica in Italia», realizzato da Observa in collaborazione con il Comitato nazionale per le biotecnologie e presentato, ieri, a Palazzo Chigi. Un via libera, quello degli italiani, che non è comunque assoluto: e sonora,infatti, la bocciatura della donazione come mezzo per combattere la sterilità. Una tecnica, questa, giudicata, rischiosa dal 74% degli intervistati e moralmente accettabile solo per il 19 per cento.

Ma sul tema caldo dell’uso delle cellule staminali embrionali umane non si concentrano solo i sondaggi o coloro che hanno proposto i quattro referendum abrogativi della legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale, ma anche chi è chiamato in causa in qualità di esperto. lì Sole-24 Ore ha chiesto il parere del professor Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975, ed ex presidente della Commissione che era stata istituita dal ministro della Sanità Umberto Veronesi proprio col compito di fornire un orientamento in materia.

«Non spetta alla scienza dice Dulbecco stabilire se è lecito impiegare a scopo di ricerca le cellule staminali embrionali umane, ma è compito dei cittadini definirne la questione, dal momento che si tratta di un problema etico. E giusto quindi proporre sotto forma di referendum un tema che riguarda tutti e non solo gli addetti ai lavori. Entrano infatti molti fattori quando si tratta di definire che cosa è un embrione, mentre gli uomini di scienza possono fornire solo risposte parziali.Qual è allora l’apporto della ricerca scientifica? «lì compito degli scienziati, a mio avviso è piuttosto un altro — continua Dulbecco. E cioè identificare quali sono le possibilità di utilizzo di queste cellule che aprono senza dubbio una nuova frontiera della medicina. In altri termini, spetta alla ricerca stabilire con chiarezza che cosa si può ottenere, e di conseguenza curare in un futuro, da un lato con le cellule staminali adulte dall’altro con quelle embrionali. Infatti, nonostante siano numerosi in tutto il mondo gli studi sperimentali che impiegano questo tipo di cellule (per curare malattie come il Parkinson, l’Alzheimer, ma anche sclerosi e distrofie, infarti e ictus,ndr) allo stato attuale non si hanno risposte definitive, ma si parla purtroppo ancora in termini di possibilità».

Ma ci sarà abbastanza tempo per informare i cittadini con chiarezza prima del voto sui quesiti referendari? Prova a rispondere Leonardo Santi, presidente del Comitato nazionale perle biotecnologie di Palazzo Chigi: «Dipenderà dall’impegno che ci sì vorrà mettere. Non sempre avere tanto tempo a disposizione è producente, perché si rischia di diluire le informazioni. A volte può essere più efficace concentrare il messaggio».