Invece di favorire il consenso informato e il suo allargamento al testamento biologico (il documento in cui si scrivono le proprie volontà sul fine vita per ovviare alla sopravvenuta incapacità), la nuova legge regola l’ alleanza terapeutica, il patto tra il medico e il paziente, dove il consenso del paziente serve per aumentare l’efficacia della terapia, tanto che non vale per l’idratazione e nutrizione artificiali.
Sul piano giuridico, è molto facile che la nuova legge verrà presto smantellata dalla Corte Costituzionale, a meno di una netta riforma di tale istituto. Molti sarebbero i ricorsi, dato che sul piano sociale sul tema c’è una contrapposizione netta anche tra gli stessi cattolici.
Sul piano politico, però, la nuova legge segnerebbe un punto per Berlusconi che, oltre a incassare il plauso vaticano, mostrerebbe di avere la forza di vara re una legge atta a porre le basi per accelerare una più ampia riforma della giustizia che limiti le Corti e dia più poteri alla politica, anche per proteggere la nuova legge. Ma forse è meglio non allargarsi troppo.
Che cosa capiterà sul piano culturale ossia sugli atteggiamenti diffusi? La legge 40/2004 sulla fecondazione assistita ha indotto un cambiamento dell’ethos: prima se ne parlava con interesse come allargamento delle opportunità riproduttive, poi sul tema è sceso il silenzio, diventando una "cosa sporca" da praticare all’estero. Sarà così anche con la legge sul fine-vita? Non credo. Mentre la fecondazione assistita riguarda una minoranza, il fine-vita tocca tutti. Come un sorso d’acqua è ottimo quando si ha sete, ma troppo bere diventa una tortura, così le terapie sono buone quando ristabiliscono la vita biografica buona ossia ricca di contenuti positivi, ma diventano nocive quando portano a una vita solo biologica priva di biografia (caso Eluana) o a una vita biografica con solo contenuti negativi (caso Welby).
Chi deve decidere quando una terapia da buona diventa cattiva? Per la nuova legge, il medico, che avrebbe una speciale competenza sulla vita. Per me, è giusto che decida l’interessato, perché la vita è sua ed è lui che sa quando è bene andare al capolinea. Spero che i cittadini rivendichino il diritto di decidere, e trovino medici e infermieri pronti ad accogliere la giusta richiesta.