Funerali al San Raffaele di Milano per Mario Cal. Rito religioso. Gli italiani guardano la tv e non capiscono. Non si era detto che i suicidi non hanno diritto al funerale in chiesa? Non è stato sempre proclamato che togliersi la vita è un atto gravissimo, una ribellione contro dio, una prepotenza inaccettabile nei confronti di quel bene "indisponibile" che è l’esistenza umana? Gli italiani guardano la tv, leggono i giornali e apprendono che il rito si è svolto – com’è giusto, anzi giustissimo – senza alcuna parola di biasimo nei confronti della disperazione di Mario Cal, che si è sentito in un vicolo cieco e, pressato dall’angoscia per colpe non sue, ha deciso di farla finita.
Gli italiani spengono la tv, buttano via i giornali, ma non sono del tutto smemorati. In un angolo della loro memoria riaffiora il gelido comunicato voluto dal cardinal vicario di Roma Camillo Ruini: "In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dei casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325). Non vengono meno però le preghiere della Chiesa per l’eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti". Dunque anche per i suicidi esiste la prima e la seconda classe.
Perché la scappatoia dell’obnubilamento improvviso, del raptus – la cosiddetta mancanza di "piena avvertenza e deliberato consenso" che giustifica secondo la gerarchia ecclesiastica la concessione del rito religioso – a rigor di logica non può valere per chi, come Cal, ha lucidamente preparato il gesto estremo, si è informati della potenza dell’arma, ha scritto lettere equilibratissime per spiegare il perché. Anche per l’avvocato Libero Corso Bovio, suicida nel suo studio il 7 luglio 2007, le autorità ecclesiastiche non hanno avuto problemi a far celebrare esequie solenni a Milano. Obnubilamento presunto d’ufficio. Anche Bovio aveva pianificato il suo gesto.
A rigore persino Welby avrebbe potuto essere dichiarato "obnubilato", perché logorato da una straziante e inesorabile malattia. Ma ha avuto il torto di non agire di nascosto, di non rimettersi alla clemenza dell’istituzione ecclesiastica, che ha punito la sua madre religiosissima con il rifiuto delle esequie in chiesa. (Il parroco, sia detto, era pronto a celebrarle, fu fermato d’autorità dal cardinale Ruini). Il peccato di Welby è stato di rivendicare il diritto di interrompere alla luce del sole il "potere delle macchine" che mantengono in vita un corpo condannato a morte dalla natura. Lo stesso peccato di Beppino Englaro, ch ha ricordato il desiderio di Eluana di non sopravvivere vegetando solamente in virtù di artifici tecnici
e ha rivendicato anche lui pubblicamente il diritto di fermare trattamenti che prolungano una vita incosciente. Guai a esercitare in trasparenza una scelta drammatica. I monsignori non perdonano. Avesse agito nel buio di una stanzetta d’ospedale con la nascosta, affettuosa complicità di un medico e di un’infermiera, magari suora, non si sarebbero levate in parlamento tra i berluscones le lugubri grida di "assassini" e un premier indegno non si sarebbe precipitato ad abbracciare l’autorità ecclesiastica per imporre una legge sulle cosiddette "Dichiarazioni anticipate di trattamento", che nega a ogni cittadino di decidere se sopravvivere o no intubato a oltranza.
Gli italiano guardano la tv, appallottolano i giornali, sembrano distratti, ma ricordano. E hanno deciso da tempo che la pratica dei due pesi e delle due misure a loro non piace. L’Avvenire fu inondato di lettere di protesta, quando fu negato il rito religioso a Welby. Antonio Guidi, primo disabile diventato ministro nel governo Berlusconi del 1994, dichiarò: "Questa Chiesa, da cattolico, non mi convince, mi preoccupa e mi permetto di dire… mi irrita". Questa Chiesa, i cui parroci non credono ai trattamenti di prima e seconda classe ma assai spesso predicano invece il Gesù della misericordia, sa già che gli italiani, a grande maggioranza, vogliono decidere da sé di fronte al bivio tra la vita e la morte. E perciò bocceranno in referendum una legge vergognosa varata da una maggioranza che non li rappresenta.
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