Marco Cappato ha iniziato uno sciopero della fame di protesta per la lentezza con cui il governo procede nel rinnovo del Comitato nazionale di bioetica. Quello scaduto a giugno, secondo i radicali, sarebbe “una specie di emanazione della Conferenza episcopale”, e questo giudizio totalmente infondato fa capire che cosa si aspettino da quello nuovo. In realtà il comitato, finora, si è attenuto a una linea di grande prudenza, promuovendo dibattiti e cercando soluzioni condivise, nella convinzione che il rischio di diventare una sorta di strumento dello “stato etico” è sempre incombente. In ogni caso. anche se si troverà una soluzione per la scelta del presidente, tuttora conteso tra le diverse anime dell’Unione, è difficile (per fortuna) che il comitato bioetico diventi un “fer de lance” dell’offensiva laicista.
E’ già dubbio che lo stato debba ingerirsi in materie così connesse alla coscienza personale in modo prescrittivo, se poi questo compito dovesse essere assunto come proprio da una parte politica, diventerebbe del tutto intollerabile. D’altra parte i temi della vita determinano divisioni profonde all’interno dell’Unione, e anche dell’Ulivo, che infatti quando hanno tentato di affrontarli in riunioni collegiali hanno quasi sempre fallito. L’indecisione sulla nomina del nuovo comitato non è l’effetto della disattenzione, ma il segno di una difficoltà reale e rispettabile, che le intemerate radicali riescono solo a sottolineare in modo imbarazzante e un po’ sguaiato, non certo a risolvere.