ABORTO FARMACOLOGICO AL SANT’ANNA DI TORINO/RADICALI: “IL MINISTERO DELLA SALUTE NON HA FATTO ALTRO CHE APPLICARE LA LEGGE 1

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PALMA E MELLANO: “L’UNICA POLEMICA UTILE E’ QUELLA CONTRO LE REGIONI CHE NON HANNO ANCORA FATTO NULLA”

Alla notizia che il ministero della Salute ha autorizzato l’ospedale Sant’Anna di Torino alla sperimentazione della pillola abortiva RU486, i consiglieri regionali radicali Carmelo Palma e Bruno Mellano hanno dichiarato:

“Il 6 novembre 2000 documentammo in una interpellanza rivolta all’Assessore regionale alla Sanità che non esistevano ostacoli tecnico-giuridici all’introduzione in Italia dell’aborto farmacologico e alla possibilità, per le aziende sanitarie pubbliche, di attivare sperimentazioni di questo tipo anche a legislazione vigente. L’allora Assessore D’Ambrosio (AN, antiabortista) nella sua risposta ammise subito che “l’unica normativa di riferimento è la legge nazionale 194/78 che non impedisce né impone il ricorso generalizzato all’aborto farmacologico”. Ricordiamo che l’art. 15 di tale legge prevede che “le regioni, d’intesa con le università e gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario … sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”.
E’ quindi per chiedere la pura e semplice attuazione della legge 194 che il Dr. Silvio Viale (presidente Associazione Radicale Adelaide Aglietta di Torino) presentò, il 29 gennaio 2001, all’Azienda OIRM-S.Anna in cui lavora la richiesta di attivazione dell’aborto farmacologico, trovando l’adesione di decine di suoi colleghi ginecologi, la costante e fattiva attenzione dei dirigenti dell’azienda e il positivo riscontro del Comitato etico regionale, preposto all’autorizzazione tecnica di questo genere di sperimentazioni. Dopo tre anni e un giro vorticoso di carte e di ispettori fra Torino e Roma, il Ministero della Salute non ha potuto che riscontrare quanto avevano già rilevato, in meno tempo, l’Assessore D’Ambrosio e il Comitato etico regionale: nulla impedisce alle donne italiane di poter accedere a una tecnica abortiva sicuramente meno invasiva e meno costosa.
Ci saranno, come è ovvio, polemiche: ma non penso che neppure i più fieri “antiabortisti” possano richiedere all’Assessore Regionale alla Sanità di violare una legge o ad un Ministro tutt’altro che insensibile alle “sirene vaticane” di boicottarne l’applicazione. L’unica polemica che ci interessa- a questo punto- è quella contro tutte le altre Regioni italiane (in particolare quelle amministrate da maggioranze teoricamente più “favorevoli”), che avendo ora, grazie a questo parere del Ministero, la piena rassicurazione sulla legittimità di questa pratica, non hanno più alibi per attendere oltre.”