Maria Antonietta Farina Coscioni commenta così la vicenda di Chantal Due notizie, dalla Francia la morte di Chantal Sebire, dal Belgio quella dello scrittore Hugo Claus, ripropongono le questioni della diritto a una vita e a una morte dignitosa. Bernard Kouchner, il fondatore di "Medici senza frontiere", ha inutilmente chiesto che si "aprisse una porta che consentisse a Chantal, da anni ammalata di un raro tumore che le ha reso la vita un calvario, di andarsene con dignità e con l’amore dei suoi familiari, perché le si evitasse un suicidio nascosto".
Quello che è stato risparmiato a Hugo Claus, perché il Belgio con il Lussemburgo e l’Olanda, è uno dei paesi europei dove a una persona viene riconosciuto il diritto di andarsene con dignità. Noi crediamo che sia un atto di misericordia e di amore comprendere e – quando viene esplicitamente richiesto – consentire l’interruzione di inutili sofferenze. Da una parte, c’è l’ipocrisia tetragona di chi preferisce che il fenomeno resti clandestino, ingovernato e ingovernabile, lasciando tutt’al più che a pietosi medici e infermieri e alle loro coscienze il compito di praticare l’eutanasia; dall’altra c’è chi, come noi, si batte perché ci sia una legge che regolamenti il fenomeno, e non come ora, un arbitrio di fatto.
Tutti i sondaggi demoscopici certificano che la maggioranza dell’opinione pubblica è sulle nostre posizioni, e che ancora una volta è il mondo della politica a non saper e voler comprendere quello che invece è chiaro ed evidente a tutti. Non per un caso si sono opposti anche a una commissione d’inchiesta che monitorasse la situazione e verificasse lo stato dei fatti. Quanti sono, in Italia, i casi come quelli di Chantal Sebire? E perché deve esser loro negata la possibilità di cui ha beneficiato Hugo Class? Ci siamo battuti e continueremo a batterci, in Parlamento e fuori perché queste inutili sofferenze, a chi lo chiede, siano risparmiate.