Caso CAV della Mangiagalli: finanziamo i meritevoli in modo trasparente, non gli amici in cerca di raccomandazioni

Valerio Federico
Valerio Federico, segretario dell’associazione Enzo Tortora – Radicali Milano risponde alle dichiarazioni rilasciate sul Foglio di oggi da Basilio Tiso, responsabile della Direzione medica della Mangiagalli, e dalla dottoressa Paola Bonzi, direttrice del Cav della Mangiagalli

Milano, 28 dicembre 2007

  • Dichiarazione di Valerio Federico, segretario dell’Associazione Enzo Tortora

La Regione Lombardia, su iniziativa del presidente Roberto Formigoni e dell’assessore alla Famiglia Gian Carlo Abelli, il 20 dicembre ha deliberato uno stanziamento di 500mila euro a favore del Centro di Aiuto alla Vita (CAV) dell’ospedale Mangiagalli di Milano. Il Comune di Milano, grazie all’iniziativa del capogruppo di AN in consiglio comunale Carlo Fidanza, stanzierà invece "solo" 200mila euro: sempre per il CAV della Mangiagalli.

La nostra obiezione, come Radicali, è forte: perché è – o almeno dovrebbe essere – finito il tempo dei finanziamenti a pioggia dati agli "amici". I soldi al privato sociale, ormai da anni, si danno a seguito di bandi, con criteri chiari e con rendicontazioni trasparenti.

I soldi dei cittadini devono finanziare chi garantisce un servizio migliore, sulla base delle indicazioni delle istituzioni, sulla base insomma di una sana competizione. Ci sono centinaia di associazioni e organizzazioni che svolgono ottimi lavori a beneficio della cittadinanza e che non riescono ad ottenere i finanziamenti o ne ottengono in misura minima.

Quindi, egregio dottor Tiso e gentile dottoressa Bonzi, non basta fare un appello sui giornali. Che siano i cittadini a mettersi in fila per aiutare il CAV della Mangiagalli in difficoltà, non le istituzioni.

Nella stanza del CAV della Mangiagalli vengono mostrati filmati e foto che danno una visione dell’aborto ideologico-religiosa, facendo un’operazione di grave disinformazione. Non sarà il caso della Mangiagalli, ma in altri ospedali (come per esempio a Brescia) i volontari del CAV avvicinano le donne in sala d’attesa, sapendo benissimo in quali giorni sono fissati i colloqui per le interruzioni di gravidanza: questo è "terrorismo psicologico" e invasione della privacy.

E’ legittimo che i volontari del CAV mostrino o dicano quello che vogliono, ma noi preferiremmo che lo facessero fuori dagli ospedali: e se proprio devono rimanere dentro, pretendiamo che almeno non lo facciano grazie ai soldi dei cittadini.

Se è vero che il CAV aiuta anche economicamente le donne in difficoltà, fornendo per esempio pannolini gratuiti, fa di certo un buon servizio: ma non per questo può chiedere agli enti pubblici un rimborso. Che siano allora le istituzioni a promuovere un bando a questo finalizzato: il CAV potrà partecipare alla selezione, così come altre associazioni che magari svolgono a Milano lo stesso meritevole servizio per le neomamme in difficoltà economiche. Se sarà il CAV della Mangiagalli a dare le migliori garanzie, questa parte del servizio fornito potrà essere finanziata.

L’amministrazione pubblica, comunale o regionale che sia, piange sempre miseria quando ci sono da finanziare i consultori pubblici, tanto che a Milano da mesi si teme la chiusura di quello di via Castelvetro: se sono saltati fuori 700mila euro "in più" da destinare a chi aiuta le donne in difficoltà, suggeriamo che vengano al più presto erogati a queste strutture.