Il successo e l’adesione verso la raccolta delle firme per il nostro referendum è stato innegabile, attraverso il quale, mi preme ribadirlo, non vogliamo imporre alcuna visione ideologica né l’adesione ad un preciso protocollo in caso di malattia terminale, ma solo assicurare maggiori libertà a tutti i cittadini, convinti appunto che il poter decidere della propria vita faccia parte di quei diritti inalienabili costituzionalmente garantiti, a partire da cosa e come decidere e soprattutto quando non sia più degna di essere vissuta.
Il mobilitarsi di tanti giovani, l’aver smosso le coscienze e aver riscontrato partecipazione anche nelle periferie geografiche del nostro paese, ha lasciato sorpresi tutti; davanti a settimane di silenzio della politica e dei mass media più importanti, sicuri del nostro rapido insuccesso senza conoscere le reali dinamiche del paese e soprattutto la sensibilità di larga parte dell’opinione pubblica verso le nostre tematiche. Un’altra testimonianza dello scollamento esistente tra l’opinione pubblica e la classe dirigente, incapace ormai di incanalarne le aspettative.
Alla fine si è materializzato quello che tanti temevano, certi fino all’ultimo che sarebbe rimasto un obiettivo impossibile ed invece abbiamo costretto tutti a discutere sull’eventuale scelta degli elettori riguardo al quesito referendario. Anche se rimangono una serie di adempimenti come la Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale e il raggiungimento del quorum, fallito nel 2005. I tempi sono cambiati, i successivi referendum come quelli del 2011 hanno visto il coinvolgimento della maggioranza dell’elettorato e altre forze politiche hanno voluto oggi affidarsi a questo strumento di democrazia diretta, tanto che in queste settimane si stanno raccogliendo firme in materia di giustizia: non avrebbe senso impegnarsi per l’astensione da un lato e invitare alla mobilitazione dall’altro.
Si stanno però materializzando in maniera sempre più marcata i nostri avversari, risorti dalle ceneri dei loro roghi passati, ogni qualvolta si parla di diritti civili. Fino a qualche settimana fa il nemico pubblico numero uno era il Disegno di Legge Zan, siccome non si conosce bene che fine abbia fatto ecco arrivare le 500.000 e più firme per il referendum sull’eutanasia a giustificare la loro esistenza.
Infatti appena si parla di libertà e autodeterminazione compare una controparte che esiste solo per negare ai cittadini un qualche tipo di diritto, in nome di una visione autoritaria della vita umana. E’ facile nascondersi dietro le belle parole della difesa della vita, del diritto del malato ad essere curato e a vedere alleviate le proprie sofferenze, quando si cerca solo di imporre scelte, impedendo al cittadino di esserne lui stesso protagonista. Non viene data importanza alcuna all’altrui sofferenza, da sopportare anche senza un fine preciso, visto l’irreversibilità di tante patologie, l’importante è che il cittadino rimanga sottomesso ad un potere, ad un’ideologia, che decide per lui.
Rifiuto di essere portatore di una cultura della morte, anzi chi la difende è la mia controparte, considerando ancora la sofferenza come un irreversibile dato di fatto, una forma di espiazione verso una qualche ricompensa che non è dato toccare in questo mondo. Ribadisco solo la necessità per ogni essere umano di poter scegliere se continuare a vivere, come è giusto che sia per la propria coscienza, tanto che tutto debba essere approntato per la sua messa in pratica o essere assistiti nel caso invece la propria coscienza si orienti verso il non voler più patire sofferenze fisiche e psicologiche. Anche davanti a questa opzione si dovrebbe non solo rimanere silenti, ma predisporre quanto necessario affinché accada nella modalità più “umana” possibile.
E invece si tace solo in un caso, come se solo lo stare al mondo, indipendentemente dalle proprie condizioni e della propria dignità, fosse moralmente accettabile. No non è così per tutti, anzi non è lo è per la maggioranza, mentre noi rispettiamo la volontà altrui, considerandola certo non meno etica della nostra, senza mai pensare ad una qualche forma di propaganda o di intervento legislativo per costringere a seguire le nostre scelte, chi si oppone fa invece riferimento a presunti principi assoluti e inviolabili, da far valere per tutti, che siano d’accordo o meno. Ecco un buon inizio per un confronto più civile: il ribadire che di assoluto c’è solo la scelta di ognuno.
Marco Gentili è Co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Dalla nascita è affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia che progressivamente lo ha privato della capacità motoria e comunicativa. Laureato in Relazioni Internazionali ha un Master in Istituzioni Parlamentari Europee. Dal 2012 al 2017 è stato consigliere comunale a Tarquinia. Promotore della campagna che ha portato all’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e del nuovo Nomenclatore delle Protesi e Ausili. Ha frequentato la Scuola di Politica di Enrico Letta