Nei Paesi Bassi è stato pubblicato il Rapporto 2021 delle Commissioni regionali per il controllo dell’Eutanasia

eutanasia in olanda

Introduzione

Nel 2021, le Commissioni Regionali di Eutanasia (l’RTE) hanno ricevuto 7.666 segnalazioni di eutanasia. Soltanto in 7 casi (0,09%), il giudizio della RTE ha visto il medico non aver soddisfatto i requisiti di accuratezza stabiliti dalla legge del 2002, che disciplina il controllo dell’interruzione della vita su richiesta e del suicidio assistito. La RTE ha inoltrato i giudizi alla Commissione Disciplinare dell’Ordine dei Medici e al Pubblico Ministero, che ne ha archiviati 5 di questi. Per maggiori dettagli dei giudizi si veda in seguito. La conclusione più importante è quindi che anche quest’anno l’applicazione dell’eutanasia nei Paesi Bassi è stato molto accurato e prudente.

Dopo un attento esame da parte delle Commissioni, le segnalazioni non hanno sollevato dubbi o interrogativi. Una parte limitata delle relazioni è stata pubblicata sul sito web della RTE. La valutazione delle segnalazioni che riguardano, in particolar mondo, i pazienti anziani in fase avanzata di una malattia terminale, richiede il maggior impegno della RTE.

Anche il dibattito sociale e politico sull’eutanasia è continuato nel 2021. Due, i principali argomenti:

  • l’eutanasia per anziani relativamente sani che soffrono della stanchezza di vivere. Nel 2020, una proposta di legge in tal senso è stata presentata alla Camera dei deputati. Recentemente il Consiglio di Stato, su richiesta della Camera, ha analizzato la proposta e ha sconsigliato la sua discussione se non dopo una riformulazione secondo le indicazioni del Consiglio.
  • l’eutanasia di minori tra 1 e 11 anni seguendo l’esempio del Belgio. È previsto che entro 2022 il Ministro della Sanità e il Benessere emetterà una regolamentazione, dopo l’approvazione del Parlamento.

La RTE non interferisce in questo dibattito. Nell’ultimo anno è stata prestata invece molta attenzione all’aggiornamento del Codice Eutanasia del 2018. Questo processo sarà completato nel 2022. Il Codice dell’Eutanasia indica chiaramente gli standard di valutazione generali utilizzati dalla RTE, che sono stati desuti dai giudizi riguardo le segnalazioni. Il Codice crea chiarezza sull’applicazione dei criteri di accuratezza ed è quindi di grande importanza per il medico
esecutivo.

Il codice non è l’unico standard per il medico che applica l’eutanasia. Ad esempio, nel 2021 è stata pubblicata la nuova linea guida KNMG / KNMP (Ordini olandesi dei medici/farmacisti) per l’applicazione dell’eutanasia e del suicidio assistito. Le due pubblicazioni sono state tradotte in italiano.

Il numero di casi segnalati di eutanasia nel 2021 (7.666) è aumentato del 10,5% rispetto all’anno precedente. Significa anche un incremento in rapporto con i decessi (170.839) cioè 4,5% (nel 2020 4,1%). Non è dimostrato che la pandemia Covid ha influenzato detto numero. Sono segnalati solo 2 casi mentre 4 casi in concomitanza con altre malattie gravi. La valutazione della Legge, che sarà completata nel 2022 e pubblicata all’inizio del 2023, fornirà maggiore chiarezza su questo aspetto.


Alcune statistiche

Seguono alcuni dettagli sui casi di eutanasia:

  • per Sesso: 3.837 donne (50,1%) e 3.289 uomini (49,9%).
  • per Metodo: 7.459 per eutanasia (97,3%), 189 per suicidio assistito (2,5%), 17 per combinazione dei due metodi (0,2%).
  • per Natura delle affezioni, che rappresentano 6.824 casi: 3.684 per tumore (61,1%), 501 per affezioni del sistema nervoso come Parkinson o SLA (6,5%), 349 per affezioni del cuore (4,6%), 237 per affezioni dei polmoni (1,3%), 1.053 per combinazione di più affezioni (13,2%). Riguardo la demenza, delle 215 segnalazioni (3%), 6 hanno coinvolto pazienti in uno stadio molto avanzato di demenza. Questi pazienti non erano più in grado di riconfermare la loro richiesta d’eutanasia. In questi casi la dichiarazione di volontà è stata decisiva per determinare la volontarietà. Per questi casi, secondo una recente sentenza della Corte Suprema non va considerata solo la dichiarazione di volontà ma anche il contesto intorno al malato come, per esempio, la volontà espressa dal malato di terminare la vita ai familiari o agli infermieri. Per 209 segnalazioni, la demenza ha costituito la base della sofferenza nella fase iniziale. Riguardava i pazienti in una fase di demenza, in cui avevano ancora una visione (dei sintomi) della loro malattia, come la perdita di orientamento e personalità. Sono stati considerati capaci di esprimere la loro volontà per quanto riguarda la loro richiesta di eutanasia perché potevano ancora prevedere le conseguenze della loro richiesta. Il giudizio 2021-86, pubblicato nel capitolo 2, ne è un esempio. Per 115 (1,7%) segnalazioni, la sofferenza era causata da uno o più disturbi psichiatrici. Di questi casi, il medico segnalante era 51 volte uno psichiatra, 23 volte un medico generico, 3 volte uno specialista in medicina geriatrica e 38 volte un altro medico. In 83 casi in cui l’eutanasia è stata concessa a un paziente sulla base dei suoi disturbi psichiatrici, il medico esecutivo era affiliato al Centro. Nei giudizi in cui i disturbi psichiatrici costituiscono la base della sofferenza, il medico deve mostrare grande cautela. Si osserva inoltre che è obbligatorio la consulenza di un terzo medico psichiatra. Per i casi complessi di eutanasia applicati dal Centro la richiesta è discusso infine da un comitato composto da uno psichiatra, un etico e un giurista. La prudenza è confermata dal fatto che nel 2020 il Centro ha accolto soltanto 7% delle richieste ricevute. Un accumulo di malattie legati all’età (poli patologia) – come cecità, sordità, osteoporosi (decalcificazione ossea) e le sue conseguenze, artrosi (usura delle articolazioni), problemi di equilibrio, declino cognitivo (diminuzione della conoscenza e del sapere) – può anche essere la causa di sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento. Questi disturbi, spesso degenerativi, di solito si verificano nell’età più elevata e possono formare una somma di disturbi correlati. Possono portare a sofferenze che in connessione con la storia della malattia, la biografia, la personalità, il modello di valore e la capacità di sopportazione del paziente è vissuto dal paziente permanentemente come insopportabile. Nel 2021, la RTE ha ricevuto 307 (4,6%) segnalazioni in questa categoria. Infine, al momento della registrazione delle segnalazioni, la RTE utilizza la categoria residua altre affezioni. Queste sono condizioni che non sono classificabili tra le categorie precedenti, ad esempio una sindrome del dolore cronico o una rara malattia ereditaria. Si trattava di 205 casi (3%) nel 2021.
  • per Età: da 12 a 17 anni: 1, da 18 ai 30 anni: 25 (0,4%), da 31 a 40 anni: 51 (0,7%), da 41 a 50 anni: 134 (2,5%), da 51 a 60 anni: 635 (9,4%), da 61 a 70 anni: 1.469 (19,2%), da 71 a 80 anni: 2.659 (34,7%), da 81 a 90 anni: 2.016 (26,3%), da 91 anni in poi: 586 (8,8%). di cui 30 pazienti centenari. Il più anziano tra loro aveva 105 anni.
  • per Medico segnalante: Medico curante – in genere il medico di famiglia: 6.148 (80,2%), specialista geriatrico: 265 (4%), specialista ospedaliero: 362 (4,7%), altri medici tra cui quelli appartenenti al Centro: 891 (13,3%);
  • per Luogo del decesso: o Abitazione: 5.676 (81,2%), hospice: 511 (6.7%), case di riposo: 674 (8,8%), ospedale: 134 (1,7%),  altri: 123 (1,6%). Considerando la complessità di alcuni casi sovente il medico che applica l’eutanasia consulta il Centro. Il compito del Centro è, oltre al supporto e l’informazione a medici
    curanti, l’intervento diretto nell’applicazione dell’eutanasia. Anche i medici che per ragioni ideologiche non applicano l’eutanasia oppure non vogliono intervenire quando si tratta di pazienti non (ancora) nello stato terminale o nei casi complessi (circa 20% dei medici olandesi), rimandano i loro pazienti al detto Centro. Capita anche che il paziente o la sua famiglia cercano contatto direttamente con il Centro.
  • per complessità dei casi, in 2021 il Centro è intervenuto perpazienti psichiatrici in 83 casi (77,3%) dei casi segnalati nel 2021: pazienti dementi in 99 casi (46,0%); pazienti che soffrono di un accumulo di affezioni in 105 casi  (44,7%). In totale i medici collegati al Centro sono intervenuti 1.123 volte contro 916 nel 2020 (+10,9 %). Per 32 segnalazioni è stata concessa l’eutanasia contemporaneamente a 16 coppie (duo eutanasia). Va da sé che ogni caso deve soddisfare individualmente i criteri di accuratezza richiesti dalla Legge. Inoltre, entrambi i partner devono essere visitati da un diversi consulente per garantire la valutazione indipendente della richiesta.

Casi non conformi ai requisiti di accuratezza

Per confermare la severità della RTE nel giudicare le segnalazioni seguono sinteticamente, i giudizi su alcuni casi (su 6.938, lo 0,09%) che sono stati inviati al Pubblico Ministero. Attualmente dei 7 casi, 5 sono stati archiviati. La RTE verifica se il medico abbia seguito le direttive sulla base del Codice Eutanasia 2018, che riguardano l’interpretazione dei requisiti di accuratezza e dei chiarimenti soprattutto riguarda i casi complessi (demenza, malati psichiatrici ecc.).

Questi requisiti, stabiliti dalla Legge – articolo 2, sono:

  • deve trattarsi di una richiesta volontaria, consapevole, incondizionata e ben ponderata del paziente;
  • deve trattarsi di una sofferenza insopportabile, senza alcuna speranza di miglioramento per il paziente;
  • il medico abbia informato il paziente della situazione clinica in cui si trovava e sulle prospettive che ne derivano;
  • il medico e il paziente devono giungere alla convinzione che per la situazione in cui il paziente si trova non vi è alcun’altra soluzione;
  • deve essere consultato almeno un altro medico indipendente, non coinvolto nella cura del paziente;
  • l’eutanasia e l’assistenza al suicidio devono essere attuati in maniera scrupolosa dal punto di vista medico.

Seguono alcuni giudizi della Commissione dove ha ritenuto che il medico curante non ha operato secondo i suddetti requisiti di accuratezza.

➡ Primo caso: Giudizio 2021-142: Dubbi sull’indipendenza del medico consulente

Il consulente era paziente del medico curante. La RTE è dell’opinione che deve essere evitato qualsiasi situazione di conflitto d’interesse. Va sottolineato che solo il medico che sarà l’esecutore dell’eutanasia ed è responsabile per la procedura. Solo lui che ha il potere decisionale finale e non può appellarsi al consigli di altri medici consulenti. La mancanza dell’indipendenza non ha influito sulla corretta applicazione dell’eutanasia.

➡ Secondo caso: Giudizio 2021-92: Esecuzione dell’eutanasia da un infermiere sotto la supervisione del medico

Sulla richiesta di un medico, il giorno dell’esecuzione è stato posizionato un ago ad infusione da una infermiera specializzata . Quando il medico arrivò a casa del paziente, il medico vide che si trattava di un ago nella caviglia. Per prima cosa ha iniettato, senza problemi, una soluzione salina e un antidolorifico. Ma quando ha voluto iniettare il farmaco che induce il coma, ha notato una forte resistenza. Quella resistenza le ha impedito di somministrare il farmaco.

Non cambiando la situazione quando è stato mosso il rubinetto dell’ago non ha cambiato la situazione, il medico ha chiamato l’infermiere pensando che l’ago non fosse inserito bene. L’infermiere ha controllato l’ago e non ha costatato alcun problema. Il medico poi ha dato il farmaco all’infermiere che lo ha iniettato. Il medico ha successivamente dichiarato che la resistenza fosse causato dalla viscosità della sostanza. Dopo che il medico ha accertato la profondità del coma ha dato il farmaco letale al
infermiere per l’iniezione.

La RTE ha giudicato l’operato non conforme alla scrupolosità professionale, perché non poteva delegare all’infermiere le iniezioni dei farmaci. La RTE ha accertato che il medico ha mantenuto la regia dell’esecuzione e che il fatto non ha influito sulla procedura dell’eutanasia.

➡ Terzo caso: Giudizio 2021-76: Motivazione insufficiente dell’esistenza della sofferenza senza speranza

La segnalazione riguarda l’eutanasia di una donna con un disturbo “borderline” di personalità (le persone con questo disturbo soffrono di forti cambiamenti del loro umore, pensieri e comportamenti). Quel disturbo era accompagnato da caratteristiche antisociali (non tenendo conto dei sentimenti e dei desideri di altre persone).

C’era regolarmente una deregolazione psicotica (una perdita di presa sulla realtà). La donna aveva subito diversi trattamenti psichiatrici per il suo disturbo durante molti anni, tra cui ricoveri multipli in ospedali psichiatrici. Nessuno dei trattamenti aveva avuto un effetto positivo duraturo. A causa delle conseguenze del tentato suicidio e del diabete, la donna era anche in cattive condizioni fisiche.

Tre anni prima della morte, le divenne sempre più chiaro che la sua sofferenza non sarebbe diminuita e da allora ha parlato regolarmente con il medico del suo desiderio di morire. Il medico ha accettato di esaminare la richiesta di eutanasia. Il medico consulente ha consigliato di consultare uno psichiatra. Lo psichiatra ha accertato la capacità della donna di intendere e volere ma non il grado della sua sofferenza né la possibilità di soluzioni alternative. Il medico curante ha dichiarato davanti alla Commissione che ha fatto affidamento sulla conoscenza del consulente e dello psichiatra delle procedure da seguire data la complessità delle condizioni mediche della donna prendendo per buono risultando dei pareri emessi.

La Commissione ha ribadito che solo il medico curante è responsabile per l’applicazione dell’eutanasia e quindi deve accertare lui stesso se i requisiti di accuratezza siano rispettati. Conseguentemente la Commissione ha deciso che il medico ha motivato insufficientemente la mancanza di prospettive e di un’altra soluzione ragionevole.

➡ Quarto caso – Giudizio 2921 – 81: Motivazione insufficiente della capacità decisionale del malato e della volontarietà e ponderatezza

Questo segnalazione riguarda una donna con sindrome da stress post traumatico (PTSD). C’era una sofferenza mentale che si manifestava anche fisicamente in attacchi di crampi muscolari che diventavano sempre più frequenti e più forti. Nonostante il fatto che la donna abbia partecipato motivata a vari trattamenti psicoterapeutici, la sua situazione non è migliorata. I farmaci usati hanno avuto solo un effetto temporaneo. Anche la fisioterapia e il supporto sociale non avevano avuto successo. Alla fine, solo l’iniezione di Diazepam (un sedativo) è rimasta come controllo dei sintomi. Per quell’iniezione, la donna dipendeva da altri.

Visto che si trattava di una malattia psichiatrica secondo l’Eutanasie Code 2018 oltre alla consulenza del secondo medico, il medico avrebbe dovuto consultare uno psichiatra. Invece ha chiesto l’intervento di uno psicologo clinico con grande esperienza perché riteneva la persona più indicata per giudicare la condizione di salute del suo paziente.

Siccome mancava nelle relazioni chiare indicazioni del medico curante e lo psicologico sulla capacità di intendere e volere e la continuità della richiesta, la Commissione ha invitato i due medici per maggiori chiarimenti. I due medici hanno dichiarato verbalmente che non esistessero i minimo dubbi in merito. Mentre la Commissione ha giudicato che l’intervento dello psicologo era stato adeguato, la Commissione ha giudicato che il medico curante non ha motivato nella segnalazione che la donna era capace di intendere e volere e che si trattava di una richiesta volontaria e ponderata.

➡ Quinto caso – Giudizio 2021 – 81: Il medico non ha rispettato il criterio della scrupolosità dell’esecuzione.

L’esecuzione di questa eutanasia è stata resa più difficile perché il paziente non è entrato in coma dopo l’iniezione del farmaco previsto. Ciò è accaduto dopo una seconda dose del farmaco. Quando l’uomo era in coma, il medico le ha somministrato il rilassante muscolare.

Sfortunatamente, l’uomo non è morto entro il tempo stabilito secondo linee guida. Il medico si è quindi reso conto che l’ago probabilmente non era stato posizionato correttamente. Ha deciso di farlo di nuovo e aveva bisogno di un nuovo ago. Poiché non aveva quell’;ago con sé, doveva andare in un’altra stanza dell’hospice.

Il medico davanti alla Commissione ha dichiarato che effettivamente non ha rispettato il criterio della scrupolosità dell’esecuzione, ma ha agito nel migliore dei modi nelle circostanze. La Commissione è del parere che in casi di problema durante l’applicazione dell’eutanasia, il medico deve intervenire subito. Inoltre, il medico non avrebbe dovuto lasciare solo il paziente, né lasciare incustodito il rilassante muscolare. Tutto ciò ha convinto la Commissione che il medico non ha agito secondo il requisito della scrupolosità dell’esecuzione, mentre ha rispettato gli altri requisiti di accuratezza.

Fonte: Rapporto Annuale 2021 delle Commissioni Regionali di Controllo Eutanasia – Paesi Bassi