Küng: un cristiano – e un grande teologo – a favore dell’eutanasia

basilica di San Pietro

Hans Küng, morto a 93 anni il 6 aprile scorso, è stato uno dei “giganti” della  teologia contemporanea e senz’altro il teologo cattolico più letto nel mondo. Al grande pubblico è noto soprattutto per le sue posizioni polemiche nei confronti delle gerarchie ufficiali e per la critica della infallibilità papale. Aspetti, questi ultimi, su cui si è concentrata l’attenzione mediatica di questi giorni, la quale, complice la pandemia, è stata purtroppo inferiore all’importanza storica e culturale di questa figura.

Premesse queste informazioni di base, in questa sede voglio ricordare un fatto di rilievo che in questi giorni viene spesso omesso o appena accennato, ossia che egli è stato il più noto studioso cattolico a favore dell’eutanasia.

Infatti, sin dallo scritto del 1995, intitolato Della dignità del morire, Küng difende il concetto secondo cui l’individuo non ha solo il diritto a una vita dignitosa, ma anche a una “morte degna dell’uomo” (menschenwürdiges Sterben). Concetto che si concretizza nella tesi secondo cui alla persona spetta un diritto, in certi casi di grave malattia e sofferenza, di congedarsi dalla vita.

Da ciò l’ “apertura” alla possibilità dell’eutanasia attiva volontaria. Infatti, il teologo svizzero è fermamente persuaso che l’immagine dell’uomo decisore funzioni non solo in rapporto all’inizio vita, ma anche in rapporto al fine vita. Tant’è che in uno dei suoi passi più significativi scrive:

Oggi anche i teologi e i vescovi conservatori comprendono – stando almeno alla loro mutata posizione in merito agli anticoncezionali – che siamo in un tempo di veloci mutamenti di valori e di norme: mutamenti che non dipendono dalla cattiveria degli uomini, ma che sono prodotti dai repentini mutamenti della società, della scienza, della tecnologia e della medicina. Non è certo volontà del demonio se oggi è possibile avere un controllo sempre maggiore dei processi vitali, controllo che sta sotto la responsabilità dell’uomo. Ma dà da pensare il fatto che tanti teologi morali, che oggi hanno ancora problemi ad ammettere l’eutanasia attiva, hanno avuto a suo tempo difficoltà simili con la regolamentazione attiva, “artificiale”, delle nascite; essi la intendevano come un “no” alla sovranità di Dio sulla vita e, come tale, la rifiutavano, finché non hanno dovuto ammettere che già l’inizio della vita umana è stato posto da Dio in mano alla responsabilità dell’uomo.

In altri termini, insiste il teologo, non sarebbe logico assumere che anche la fine della vita umana sia stata posta da Dio stesso sotto la responsabilità dell’uomo? Il Signore non vuole che gli attribuiamo una responsabilità che dobbiamo portare solo noi stessi. Infatti, con la libertà Dio ha dato all’uomo anche il diritto a una totale autodeterminazione (vollen Selbsbetimmung) la quale non significa affatto arbitrio, bensì libertà di coscienza.

Küng ricorda come la posizione cattolica tradizionale sia invece incentrata sul noto argomento secondo cui la vita umana è creazione e dono di Dio «e perciò resta per principio sottratta alla facoltà umana di disporre liberamente». In realtà – ribatte questo teologo controcorrente – gli argomenti classici della teologia possiedono una scarsa forza persuasiva e oggigiorno ad essi si dovrebbe piuttosto contrapporre una fondazione teologica della libertà responsabile dell’uomo : «Mi si dice che la vita umana è “dono dell’amore di Dio”, e perciò l’uomo non può disporre. Ma è vero anche quest’altro aspetto: la vita è per volontà di Dio anche compito dell’uomo e perciò è rimessa alla nostra propria decisione responsabile (e a nessun altra) in un’autonomia che si fonda sulla teonomia».

Contestualmente, Küng difende l’idea di un Dio inteso come «un Dio della misericordia (Gott der Barmherzigkeit)» e non come «un despota crudele (grausamer Despot) che vuole vedere l’uomo il più a lungo possibile nell’inferno dei suoi dolori o del puro stato di impotenza». Inoltre, allo scopo di rendere meno attaccabile una visione positiva della morte volontaria  eutanasica – assimilata a un “congedo dignitoso” – il teologo ricorre alla Scrittura, affermando che non solo la Bibbia non conosce alcuna intangibilità assoluta della vita (Keine absolute Unantasbarkeit des Lebens) ma in essa non si può trovare un solo argomento  contro la morte volontaria.

Da ciò l’autorevole conclusione, ribadita anche in Morire felici? (2014) secondo cui un cristianesimo autentico non dovrebbe essere contro, bensì coerentemente a favore, della morte autodeterminata e dell’eutanasia.

Conclusione, questa, che non può non confortare tutti quei cattolici (che anche in Italia, stando alle statistiche, sono la maggioranza) i quali, senza temere di prendere le distanze dalle posizioni ufficiali, mostrano analoghe aperture nei confronti della morte medicalmente assistita e della legalizzazione dell’eutanasia.