Morire dignitosamente con (non per) la psilocibina

“Il governo Canadese rilascerà entro la seconda settimana di agosto le linee guida per la mascherine per i bambini che tornano a scuola in mezzo alla nuova pandemia di coronavirus”, lo ha annunciato Theresa Tam, la direttrice dell’agenzia per la salute pubblica. Regole chiare e spiegate semplicemente come uno si aspetterebbe che agisse chi amministra. “Le raccomandazioni subiranno evoluzioni man mano che le evidenze scientifiche cambieranno” , ha fatto sapere il Governo “dovremo inoltre vedere come reagire quando capiremo meglio le modalità di trasmissione in diverse fasce di età e, quindi, cosa succede nelle scuole. Potremmo dover adattare questa raccomandazione col passare del tempo.” Dopo la comunicazione ufficiale non è partita la gara a rincorrere prove, che non ci sono, o a intervistare schiere di virologi per avere un “parere” – possibilmente difforme – da quello delle autorità. Ci si prepara ad andare avanti.

Questo sarebbe il modo di governare. Governare un fenomeno come un paese. Adulti che si pongono un problema, o a cui viene posto, che reagiscono in scienza, coscienza e soprattutto conoscenza nell’interesse collettivo. L’obiettivo, per non dire l’obbligo, sarebbe quello di andare incontro a esigenze concrete con risposte che offrano soluzioni sulla base della migliore offerta scientifica disponibile e praticabile. Il Canada è noto anche per avere approcci pragmatici, e di successo, su altri problemi ritenuti divisivi altrove, dal “fine vita” all’immigrazione passando per la cannabis e le questioni etniche o LGBTQI viene spesso citato come un modello di regolamentazione.

Ed è proprio sulla base del progresso scientifico che dall’inizio di agosto quattro canadesi che combattono un cancro incurabile utilizzano una terapia con psilocibina nel trattamento della loro sofferenza di fine vita – vita che dal 2016 può esser terminata con una decisione personale. La possibilità di accedere ai principi attivi dei “funghi” è stata concessa del Ministro della Salute, Patty Hajdu, che li ha esentati dal Canadian Drugs and Substances Act per poter ottenere la terapia psichedelica divenuta illegale in quel paese nel 1974 in occasione della ratifica della Convenzione ONU sulle droghe del 1971. 

La decisione arriva dopo oltre 100 giorni di attesa a una richiesta avanzata da TheraPsil, una coalizione senza fini di lucro fondata nel 2019 da operatori sanitari, pazienti e persone favorevoli a questo tipo di terapie e che promuove l’accesso legale alla psilocibina per motivi compassionevoli. Aperta la porta a questo aiuto alla gestione della salute mentale di chi sa che dovrà morire presto, si prevede che saranno molti a fare richiesta d’esenzione dalla proibizione per “uso compassionevole”. Vedremo come il Governo canadese deciderà, di certo il precedente è stato fissato.

Ancora una volta siamo di fronte a decisioni relative alla salute delle persone che cozzano con il regime proibizionista sulle sostanze stupefacenti. La scienza, e il buon senso, suggeriscono che (intanto) per motivi medici imporre ostacoli, limiti e divieti all’accesso medico a certe piante, loro derivati o sostanze sintetizzate chimicamente è un controsenso, il diritto dovrebbe iniziare a denunciare che è anche una violazione di un diritto umano, quello a godere dei benefici della ricerca scientifica e sue applicazioni