Il cosiddetto animalismo, termine improprio con cui si vuole intendere, in generale, una concezione del rapporto tra l’essere umano e le altre specie, non è un’ideologia ma una presa di coscienza politica o, per meglio dire, una forma di consapevolezza che travalica le fittizie categorie di destra e sinistra per affermarsi, invece, come modalità di un nuovo e pi maturo approccio esistenziale.
Ed è sulla base di questa visione che anche i finiani dovrebbero aderire alla manifestazione nazionale che si svolge oggi, sabato 25 settembre, a Roma, con partenza alle 15 da piazza della Repubblica. Organizzata dall’ampio e articolato fronte animalista, vuole non solo dire no alla vivisezione ma, soprattutto, affermare un diverso modo di concepire la ricerca scientifica. Un appuntamento che richiede una scelta politica netta, promosso all’indomani della decisione da parte del Parlamento europeo di approvare, in seconda lettura, una nuova direttiva (86/609) sulla sperimentazione animale che segna un’inversione di marcia rispetto al passato, prevedendo la possibilità di ricorrere, anche se in deroga, a gatti e cani randagi, di utilizzare specie in via d’estinzione e/o catturate in natura (compresi i primati e in particolare le grandi scimmie), di sopprimere le cavie per inalazione di anidride carbonica, di effettuare esperimenti altamente dolorosi senza anestesia. Una direttiva approvata nel più assoluto misconoscimento di quanto dimostrato dalle principali riviste scientifiche mondiali, come Nature, che definiscono la pratica della vivisezione cattiva scienza e che non tiene minimamente conto del programma quinquennale di tossicologia molecolare lanciato dalle maggiori agenzie di controllo Usa sulla base delle indicazioni del Nrc (protocollo d’intesa firmato al congresso annuale dell’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze).
La vivisezione, come ormai è riconosciuto da un numero sempre più elevato di studiosi, non è scienza ma solo un inganno crudele, è il cavallo di Troia tramite il quale farmaci inefficaci e pericolosi vengono immessi sul mercato e agenti nocivi sono introdotti nell’ambiente, nei nostri alimenti, nella nostra vita quotidiana, con certificazioni di efficacia e innocuità (o di non provata nocività) inaffidabili e prive di valore scientifico. Poggia su un errore metodologico quale il considerare che i risultati ottenuti su una specie animale siano validi per un’altra specie, compresa quella umana. Le differenze biologiche tra le specie non rendono mai i risultati univoci producendo, per quanto riguarda la tossicità di nuovi composti chimici, gravi ripercussioni sugli umani. E a tutti noto, ad esempio, il caso drammatico della talidomide, farmaco che, dato alle donne in gravidanza, provoca la nascita di migliaia di bambini focomelici, senza gambe o braccia.
VIVISEZIONE, STRAGE DEGLI INNOCENTI:
ANIMALISTI IN PIAZZA OGGI ALLE 15 MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO LA DIRETTIVA EUROPEA BRUXELLES HA APPROVATO UNA NUOVA NORMATIVA CHE AMPLIA LA POSSIBILITÀ DI SPERIMENTAZIONE SPECIE ANIMALE COME VALIDI ANCHE SU QUELLA UMANA. I COMPROMESSI HANNO IMPEDITO ALL’ EUROPA DI APPROVARE UNA NORMATIVA IN LINEA CON I TEMPI
Prendiamo esempio da San Marino che preferisce i metodi scientifici senza cavie per i test di tossicità e gli studi clinici ed epidemiologici per la ricerca sulle malattie umane.
La vivisezione era stata brillantemente superata: risultava sicuro per varie specie di primati e di topi, conigli, cani, gatti, maiali e armadilli, tra i quali solo rari individui avevano mostrato reazioni avverse. E vogliamo ricordare gli effetti nocivi, con esiti mortali, sugli umani, ma non su altre specie, di medicinali come il Flosint, lo Zelmid, il Nomifensine, l’Amrinone, il Fialuridine, il Clioquinol, l’Eraldin, l’Opren, lo Zomax, l’Isoprotenerol, il Suprofen e numerosi altri che, per ovvi motivi, non stiamo qui ad elencare. Non tutti sanno, perché vige un omertoso silenzio, che in undici anni, solo in Italia, sono stati ritirati per inidoneità, o perché pericolosi, oltre venticinquemila prodotti farmaceutici la cui validità era stata garantita dalla sperimentazione animale.
Tutte le volte che un’industria è stata portata in tribunale per risarcire i danni provocati da un suo farmaco, i dirigenti si sono sempre difesi affermando che sugli animali non si erano verificati quegli effetti collaterali. Ma, allora, se così stanno le cose, se si sa cioè che gli esseri umani non si comportano come gli animali, perché incaponirsi con questa pratica? Un numero sempre maggiore di report scientifici attestano l’inaffidabilità dei modelli animali usati per studiare le malattie umane come la sclerosi multipla, l’ictus, l’artrite reumatoide, la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer, il cancro al polmone, al cervello, all’intestino. Al contrario, molti metodi sostitutivi, come gli studi su colture cellulari, biosensori su chip al silicio, la genomica, la proteomica, le simulazioni al computer, possono fornire risposte veloci e attendibili. Viene legittimo chiedersi perché, dunque, si continui ancora con questa barbarie.
Non è difficile trovare spiegazioni plausibili. Innanzitutto perché dietro la vivisezione e la sperimentazione animale c’è un incredibile giro d’affari che va dal reperimento (spesso in modo illecito) delle specie da sottoporre alla crudeltà ai finanziamenti per la realizzazione di tabulari e le cosiddette prove , al costo gonfiato dei medicinali (altissimo è, infatti, il tornaconto economico delle industrie farmaceutiche che speculano sull’aumento del prezzo finale dei farmaci). Inoltre, alla vivisezione e alla sperimentazione animale devono la loro carriera baroni universitari con il loro staff di cortigiani nonché ricercatori spacciati per scienziati di prestigio . Ogni anno solo in Italia oltre tremila animali tra topi, ratti, gatti, cani, primati non umani, porcellini d’India, mucche, suini, cavalli, pecore, capre, piccioni, furetti, rettili, pesci, uccelli, vengono quotidianamente sacrificati per esperimenti privi di scientificità, ripetitivi, inapplicabili per la salute umana. Gli stessi test vengono, tra l’altro, estesi successivamente, con altre forme e tempi, agli umani (in genere anziani abbandonati nelle corsie ospedaliere, malati terminali, carcerati, bambini orfani, immigrati). E questo, senza alcuna garanzia normativa e, spesso, senza consenso informato. L’attuale legge in vigore, la 116 del 1992, ha rivelato l’esistenza, soltanto in Italia, di pi di cinquecento laboratori di sperimentazione animale, la gran parte dei quali addirittura sprovvisti di autorizzazione, in cui avviene di tutto con scarse o nulle possibilità di controllo.
Allevamenti, come quelli della Green Hill di Montichiari (Brescia), di cui i manifestanti di sabato vogliono la chiusura, riforniscono i laboratori di mezzo mondo di bestiole, nella fattispecie beagle, da seviziare. Qui ben duemilacinquecento cani, tra riproduttori e cuccioli, sono stipati in gabbie dentro a cinque capannoni, chiusi, senza finestre, senza spazi all’aperto, senza aria o luce naturali. Come se non bastasse, la ditta bresciana ha intenzione di espandersi con altri capannoni, portando a ben cinquemila i cani segregati. Si consideri soltanto che uno dei laboratori rifornito da Green Hill è il famigerato Huntington Life Sciences, il più grande centro di tossicologia in Europa. Filmati ripresi di nascosto all’interno nel 1996 da una giornalista di Channel 4 hanno documentato cuccioli presi a pugni sul muso, lanciati contro i muri, fatti morire nelle gabbie, sezionati a cuore battente. Un’indagine del 2008, dunque effettuata ben dodici anni dopo, ha trovato le stesse condizioni e gli stessi metodi di lavoro. Questa è la vivisezione.
Sarebbe, per esempio, errato ridurre tutto al dilemma se occorra sperimentare o no sugli animali. Lo scontro è ben altro ed è tra una vecchia, ammuffita e spesso incanaglita, cultura antropocentrica e una visione culturale ecosofica.
Il 13 ottobre 2007 un piccolissimo Stato come San Marino ha approvato la prima legge abolizionista in materia di vivisezione, intitolata Disposizioni sul divieto di sperimentazione animale nella Repubblica di San Marino . In premessa si dichiara che «la validità scientifica della sperimentazione animale è argomento controverso e sono sempre di pi gli scienziati che si oppongono a questa pratica e preferiscono i metodi scientifici senza animali per i test di tossicità e gli studi in vitro, gli studi clinici ed epidemiologici per la ricerca di base e sulle malattie umane». L’articolo 2, poi, afferma: 1) In tutto il territorio della Repubblica di San Marino è vietato l’utilizzo di animali a fini scientifici o tecnologici, 2) È inoltre vietato l’allevamento di animali diretto all’utilizzo e al commercio degli stessi a fini scientifici o tecnologici, Sarebbe bello, in conclusione, se questi criteri venissero introdotti nelle normative dei paesi europei, la nostra Italia in testa. E anche per questo non ci si può sottrarre all’appuntamento di questo pomeriggio .
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