Ai pazienti che mi chiedono quali siano le potenzialità e gli utilizzi delle cellule staminali rispondo paragonandole a un atleta promettente, che deve diventare un campione». A parlare è Adriano Chiò, direttore del «Centro regionale esperto per la Sla» del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e collaboratore del nuovo laboratorio di «Cell Therapy» realizzato nel Molecular Biotechnology Center di Torino.
Laboratorio di «Celi Therapy»: di che cosa si tratta professore? « A il primo laboratorio pubblico italiano attrezzato per la raccolta e la preparazione delle staminali secondo gli standard della "Good manufacturing practice". A scopo di ricerca scientifica la legge prevede l`utilizzo di staminali multipotenti ricavate dal liquido amniotico e di staminali adulte, comprese le emopoietiche adulte presenti nel sangue del cordone ombelicale. Le staminali adulte più studiate sono appunto le emopoietiche, capaci di dare origine a tutte le cellule del sangue, e le mesenchimali, generatrici di cellule appartenenti a diversi tessuti come quello osseo, cartilagineo o adiposo».
Quale tipo è più promettente dal punto di vista terapeutico? «Per ora nessuno può dirlo. Ma, se in vitro è possibile indirizzare lo sviluppo e la trasformazione di qualsiasi tipo di cellula, in vivo, quando la cellula di partenza si trova all`interno di un tessuto animale o umano, non si sa come intervenire affinché questo accada. Ci sono poi le differenze tra specie: nel caso delle malattie neurologiche il modello più studiato è il topo. Peccato che nel suo cervello i processi di rigenerazione siano molto più presenti di quanto accade nell`uomo. In generale, quindi, il modello animale fornisce buone indicazioni che vanno, di volta in volta, verificate nell`uomo». Esistono dei dati a sostegno dell` efficacia terapeutica delle staminali in campo neurologico?
«La maggior parte dei dati si basa su studi preclinici, vale a dire sugli studi fatti in vitro o su animale. Quelli sull`uomo sono pochi e non conosciuti, se non da chi è coinvolto nella sperimentazione. La riservatezza sull`iter e i risultati parziali di un trial clinico è una strategia adottata da medici, pazienti e dalle loro associazioni e consente di ridurre le pressioni di chi segue il percorso dall`esterno. Tra le malattie neurodegenerative, quella che, credo, può trarre il maggior vantaggio dall`uso terapeutico delle staminali è il Parkinson. Il motivo è semplice: è una malattia provocata da una lesione localizzata in un`area circoscritta del cervello, la substantia nigra. Alzheimer e Sclerosi laterale amiotrofica, invece, colpiscono più aree e raggiungerle diventa complicato». Che ruolo hanno le staminali nelle possibili cure della Sla?
«Nel mio gruppo lavoriamo con staminali dell`adulto, in particolare con le emopoietiche. Stiamo studiando un farmaco in grado di stimolare queste ultime a entrare nel circolo sanguigno e raggiungere il sistema nervoso: una volta lì, pensiamo possano formare un tessuto sano che sostenga quello malato». A quale fase della sperimentazione siete arrivati?
«Abbiamo pubblicato sulla rivista "Cytotheraphy" i dati che attestano la sicurezza della procedura su un piccolo numero di pazienti. Il prossimo obiettivo sarà valutare l`efficacia del protocollo sperimentale, Stiamo organizzando un trial clinico multicentrico che coinvolge neurologi ed ematologi». Tra 2001 e 2003 fu uno dei test sulla Sia ad accendere grandi dibattiti: si trattò dell`auto-trapianto di staminali su nove pazienti, tra cui Luca Coscioni, fondatore dell`omonima associazione. «In quel trial le staminali mesenchimali prelevate dal midollo osseo del paziente venivano iniettate nel suo midollo spinale. Come si è commentato su "Amyotrophic Lateral Sclerosis" è stata una sperimentazione che ha portato a risultati modesti, sia perché mancavano gli studi pre-clinici sia perché il numero di pazienti era troppo ridotto e mancavano i gruppi di controllo».
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