Sessantamila gli italiani colpiti, due milioni e mezzo i malati nel mondo. Stanziati tre milioni di euro per finanziare le indagini
Al congresso europeo specialisti pro e contro l’ipotesi dell’italiano Zamboni sulla causa scatenante della malattia che ha acceso molte
speranze tra i pazienti. La nuova teoria sarà valutata con sperimentazioni negli Usa e in Canada. E in Italia a partire da metà novembre
GOTEBORG – Un sasso nello stagno. È l’espressione usata per la nuova cura del professor Paolo Zamboni al congresso del Comitato europeo per la ricerca e la terapia della sclerosi multipla (Ectrims 2010) della scorsa settimana a Goteborg, Svezia. In questa malattia (60 mila gli italiani colpiti, 2,5 milioni nel mondo), nonostante i decenni di ricerche, non si va oltre la ricostruzione del meccanismo di auto-aggressione al cervello che rende la vita un supplizio degno di un genio del male. La vittima, preferite ragazze e bambine, all’improvviso diventa quasi cieca o perde l’uso di una mano o cammina male o subisce tutto questo e altri danni neurologici insieme.
Poi, in un po’ di giorni, ritorna normale. O quasi: terminata l’aggressione, i centri nervosi riprendono a funzionare, ma rimangono deficit lievi. Si aggravano attacco dopo attacco, nella cui attesa prosegue la vita del malato, senza alcuna possibilità di prevedere quando e dove colpiranno. Come il sistema immunitario colpisca le strutture nervose è stato chiarito quanto basta dal consentire la messa a punto di farmaci che frenano l’aggressione. Ma cosa scatena l’aggressione del sistema immunitario contro il cervello?
La ricerca è impantanata. Virus, mutazioni genetiche, intossicazioni da vari elementi chimici, lo stress e tanti altri fattori sono indagati da anni senza però cumulare le prove per dire: ecco il fattore scatenante della sclerosi multipla, quello contro cui elaborare la cura risolutiva, quella che guarisce. Un cura con rischi che valga la pena correre per i malati.
Questo fattore, e la cura, ora sono indicati da Paolo Zamboni (vedi intervista a fianco, ndr). Sono piccole malformazioni delle vene che portano via il sangue dal cervello, restringimenti (stenosi) che, dilatati con un intervento di angioplastica (vedi disegno in questa pagina) eliminano il ristagno di sangue. Questo il fattore che innesca l’autoaggressione immunitaria. Zamboni lo sostiene con le sue ricerche in cui ha trovato questo problema venoso in tutti i malati e in nessun soggetto sano. E per i miglioramenti ottenuti in tutti i malati operati di angioplastica.
Ma il confronto con le numerose ricerche ispirate dalla nuova teoria venosa nella seduta plenaria del recente Ectrims 2010 ha introdotto forti dubbi. Problemi di circolazione venosa sono stati riscontrati in percentuali variabili, sia nei malati che nei sani, il che fa pensare che la stenosi può essere innocua. La discussione che ne è seguita è stata appassionata e difficile per gli stessi partecipanti. Da una parte Zamboni, angiologo, che smontava i risultati dei test venosi delle altre ricerche con la capacità di chi maneggia il suo pane quotidiano. Dall’altra i neurologi che, ben conoscendo la capricciosità della sclerosi multipla, rimanevano perplessi di fronte a miglioramenti valutati in così poco tempo dopo la cura.
Ma entro un anno tutto si chiarirà. A Goteborg si apprende che in Stati Uniti, Canada, Italia (Aism, regioni emilia Romagna e Toscana) ed altri paesi sono iniziate ricerche, finanziate per complessivi 3 milioni di euro, che stabiliranno se le anomalie venose sono un fattore scatenante la malattia, alcune col metodo che Zamboni sostiene essere l’unico che le sa individuare. La Regione Emilia Romagna (da metà novembre) invece, dando per scontato la validità della teoria di Zamboni come chiedono i malati, praticherà l’angioplastica, ma solo ai pazienti che hanno anche il problema venoso per valutarne gli effetti. Se ha ragione Zamboni si sarà risparmiato molto tempo. Se no, i malati subiranno l’intervento di angioplastica e i suoi rischi inutilmente.