È solo questione di tempo, ma già ci sono i primi sintomi. Prova ne sia il riflesso condizionato scattato in molti critici letterari portoghesi, che di fronte all'unica indiscrezione sul nuovo romanzo di José Saramago, O homem duplicado (in Italia uscirà a primavera), l'hanno subito etichettato come «romanzo sulla clonazione». Costringendo il riservato scrittore a spiegare che si tratta, in realtà, della storia di un uomo che scopre un suo sosia guardando un film. Come a dire che, da Plauto a Pinocchio, il problema dell'identità e dell'autenticità della vita è precedente alla questione bioetica della clonazione. Chi invece si è spinto oltre ogni limite, è lo scrittore James Beauseigneur, di cui sta uscendo in questi giorni, in America (disponibile su amazon.com), una nuova edizione della trilogia incentrata sulla clonazione di Gesù Cristo. Basato, peraltro, su alcuni dati scientifici di una spedizione americana che nel 1978 aveva studiato la Sacra sindone.
La clonazione è destinata ormai a diventare la nuova dimensione onirica del genere umano. A sfondo narcisistico, ideologico, biologico che sia, varrà il nuovo adagio «dimmi chi cloneresti e ti dirò chi sei!». Non a caso Mtv sta mandando in onda, da un paio di mesi, la nuova trasmissione Clone high, riproduzione in cartoon per adolescenti di un manipoli di personaggi storici famosi: Cleopatra, Giovanna d'Arco, Kennedy e Ghandi. D'altronde, sul versante zoologico, l'uomo si spinge molto più in là, trasformando il sogno in realtà. La Russia ha annunciato che sarà presto in grado di clonare nientemeno che un mammut, al confronto del quale la Sindone è fresca come una polaroid. Scherzi a parte, la clonazione a scopo faunistico potrebbe allettare non poco gli ambientalisti, per combattere l'estinzione di molte specie. Nelle settimane scorse il governo indiano ha chiesto ufficialmente a quello iraniano il "prestito" di due degli ultimi cinquanta esemplari di ghepardi dell'Asia per clonarli e ripopolare un area da cui sono scomparsi un secolo fa.
Ma il campo in cui la parola – e lo spauracchio – clonazione è più inflazionata che mai, è quello dell'architettura, dove viene usato (a sproposito) con grande enfasi e impatto sulla psiche collettiva.
In America, l'incubo terrorismo ha portato la proposta d'effetto di clonare la Statua della libertà, per riprodurla in caso di distruzione. Che poi significherebbe scannerizzarla perfettamente e ricostruirla tale e quale (do you remember i Buddha in Afghanistan?). E in Italia – cronaca di questi giorni – infuria la polemica sulla proposta della Regione Calabria di clonare i Bronzi di Riace per promuoverli all'estero. Ma ancora non si pone la questione cruciale della Torre di Pisa, che aprirà scenari sul vero lato oscuro della clonazione: l'eugenetica. Bisogna clonarla dritta o replicarla storta? Probabile che alla fine la convenienza turistica rispetterà la biodiversità architettonica, e la pendenza sarà salva.
Che poi, "pendenza", "inclinazione", altro non sono che possibili traduzioni del termine latino chiave del De rerum natura, l'opera che è alla base di qualsiasi teoria meccanicistica e materialistica (come la genetica). Fondamentalmente per Lucrezio la varietà degli esser viventi e delle cose, costruite sull'assemblaggio di atomi, era garantita dal clinamen, l'inclinazione, il caso, che non può essere in alcun modo replicato, pardon, clonato.